Protezionismo e deregulation, doppio attacco Draghi contro Trump. Su elezioni Italia: euro è irreversibile
La critica al presidente americano Donald Trump è doppia. Nel corso della conferenza stampa successiva alla decisione sui tassi della Bce, Mario Draghi lancia un avvertimento sulle conseguenze negative del protezionismo, a seguito della decisione del presidente Usa di imporre dazi doganali del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio. Non solo. Draghi si scaglia anche contro la deregulation che lo stesso Trump è intenzionato a lanciare negli Stati Uniti, liberando il sistema finanziario dalle briglie di quelle leggi che sono state varate a seguito della crisi del 2008.
Sul fronte protezionismo il banchiere dice che, se messa in atto, una guerra commerciale danneggerebbe la ripresa dell’Eurozona. Il protezionismo è infatti proprio uno dei rischi al ribasso con cui in questo momento l’area euro deve fare i conti.
“Al di là di quelle che sono le convinzioni sul commercio…siamo convinti che le dispute dovrebbero essere discusse e risolte in un contesto multilaterale”.
Le “decisioni unilaterali – infatti- sono pericolose”.
Non manca anche una certa perplessità.
Se si arriva a “imporre dazi doganali ai propri alleati – fa notare – viene da chiedersi chi siano i nemici”.
Draghi afferma inoltre che, oltre al protezionismo, un altro rischio che minaccia l’economia globale è rappresentato dalla deregulation finanziaria.
Suo malgrado – chiarisce che non vuole rilasciare commenti sull’esito delle elezioni politiche italiane – il banchiere risponde poi a qualche domanda sull’Italia.
“L’instabilità politica, se prolungata, potrebbe mettere a rischio la fiducia e dunque la crescita”, afferma in generale.
Sul successo dei partiti euroscettici, ribadisce quella frase che ha messo in sicurezza i mercati e la stessa Eurozona più di una volta, ovvero quella che recita che “l’euro rimane irreversibile”.
Intanto i mercati cercano di digerire la vera novità di oggi, arrivata dalla Bce:
La banca centrale ha deciso infatti di cancellare dal comunicato la promessa di espandere il piano di Quantitative easing in “dimensioni e/o durata”, in caso di deterioramento dell’outlook sull’inflazione.
La cancellazione viene inizialmente interpretata come l’ulteriore prova che la Bce è più che mai pronta a staccare la spina QE ai mercati.
Successivamente Draghi spiega la rimozione, facendo notare che quella promessa era stata aggiunta al comunicato nel 2016, quando la situazione era molto diversa rispetto a quella attuale. Draghi mette in evidenza anche che la Bce ha mantenuto l’altra promessa, ovvero quella di proseguire nel piano QE fino a settembre del 2018, “o anche oltre, se necessario”.
I mercati gli credono e l’euro e i tassi dei bond dell’Eurozona, pronti a spiccare il volo, fanno dietrofront, tanto che la moneta unica scende anche sotto la soglia di $1,24, accelerando al ribasso.
D’altronde, nel suo aggiornamento trimestrale sull’outlook dell’economia dell’Eurozona, la Bce ha sì rivisto al rialzo le stime sul Pil del 2018, ma ha tagliato le previsioni sull’inflazione del 2019.