Bankitalia si allinea alla Bce: per il 2022 maxi revisione al rialzo per l’inflazione in Italia
Bankitalia ha rivisto al rialzo in modo significativo le stime sull’inflazione in Italia per il 2022: ora prevede un’accelerazione dell’inflazione misurata dall’indice dei prezzi al consumo dal +1,9% di quest’anno (rivisto al rialzo dal +1,5% stimano nelle proiezioni economiche dello scorso luglio) a +2,8%, rispetto al +1,3% previsto in precenza.
Nella nota in cui rende noto l’aggiornamento dell’outlook, Palazzo Koch motiva la maxi revisione al rialzo “principalmente” con “gli effetti del rincaro dei beni energetici, che si esaurirebbero verso la fine del prossimo anno”.
Per il 2023, il dato è atteso infatti in rallentamento all’1,5% (comunque superiore all’1,3% delle stime di luglio), mentre per il 2024 le previsioni sono di un tasso di inflazione all’1,7%.
L’inflazione core del 2021 è stata rivista anch’essa al rialzo dal +0,5% precedentemente atteso al +0,8%; quella per il 2022 è stimata in crescita dello 0,9% (dal +0,6% delle stime precedenti); quella per il 2023 è attesa ora all’1,4% dall’1,1% precedente), mentre per il 2024 l’inflazione core, al netto dei prezzi dei beni energetici e alimentari, è stimata all’1,6%.
Proprio ieri, nella conferenza stampa successiva all’annuncio dei tassi – lasciati invariati – da parte della Bce, Christine Lagarde ha reso note le nuove stime sull’inflazione dell’Eurotower che prevedono, di fatto, una forte impennata dei prezzi nel 2022.
Per il 2021 l’outlook sull’inflazione è stato alzato dal precedente aumento del 2,2% al +2,6%, mentre per il 2022 è passato da un aumento dell’1,7% a +3,2%. Una maxi revisione al rialzo.
Nel nuovo rapporto di Bankitalia si legge che, “in linea con l’ipotesi di una graduale discesa dei prezzi delle materie prime energetiche, l’inflazione scenderebbe all’1,5 per cento nel 2023 per risalire in misura contenuta l’anno dopo, all’1,7 per cento, riflettendo la graduale accelerazione dei salari e la riduzione dei margini di capacità inutilizzata”.
Bankitalia precisa che “questo scenario è fortemente dipendente dalle ipotesi sull’evoluzione della pandemia e sugli effetti delle misure di sostegno, tra cui quelle incluse nel PNRR (di Draghi). Un deterioramento del quadro epidemiologico rispetto a quello ipotizzato potrebbe determinare maggiori limitazioni alla mobilità e incidere negativamente sulla fiducia dei consumatori e delle imprese, ostacolando la ripresa dell’attività economica. Le proiezioni, inoltre, rimangono condizionate alla piena ed efficace attuazione degli interventi previsti dal PNRR. Ulteriori fattori di rischio sono connessi con l’intensità e la durata delle tensioni dal lato dell’offerta e con la possibilità di un andamento meno favorevole della crescita e del commercio mondiale. L’inflazione potrebbe risultare più elevata di quanto previsto se le quotazioni energetiche dovessero mantenersi su livelli elevati più a lungo di quanto ipotizzato e se fosse maggiore la trasmissione alla dinamica salariale del recente forte incremento dei prezzi al consumo”.