Elezioni: due imprenditori su tre bocciano i programmi, rischio astensione. Fisco tra le priorità richieste
I programmi elettorali non convincono le piccole e medie imprese. A circa un mese dalle elezioni, due imprenditori su tre (il 64%) bocciano le proposte avanzate finora dalle forze politiche, da cui invece si attendono proposte più concrete e mirate su fisco, sostegno all’impresa e rapporto con l’Unione Europea. Una situazione di incertezza che blocca anche l’economia: il 36%, infatti, segnala di voler rimandare a dopo le elezioni la decisione se procedere o meno con gli investimenti già programmati. È quanto emerge da un’indagine condotta da Confesercenti SWG sulle attese e le intenzioni di voto dei titolari di piccole e medie imprese, che nel nostro Paese sono oltre 4 milioni. Che si avvicinano all’appuntamento elettorale con disincanto, nella convinzione che il risultato sia comunque in qualche modo già segnato: per il 65% degli imprenditori intervistati, infatti, l’esito della consultazione sarà un Parlamento diviso, cui potrà seguire solo una grande coalizione o un ritorno alle urne. Minoritaria la quota di chi ritiene, invece, che la prossima legislatura segnerà una forte discontinuità con il passato (35%).
L’insoddisfazione del tessuto imprenditoriale rischia anche di dare una spinta all’astensionismo. Ad oggi, infatti, gli imprenditori che hanno già stabilito di rinunciare al voto sono il 25%, mentre un ulteriore 20% si dice ancora indeciso. Dati migliori della media dei cittadini, ma che portano a ipotizzare livelli di partecipazione inferiori a quelli registrati in occasione delle politiche del 2013, che hanno visto esprimersi il 79% degli imprenditori.
Fisco e rapporto con la Ue tra le principali priorità
Tra le risposte che le imprese attendono dalla politica, spicca la questione fiscale. Il 56% degli intervistati, infatti, ritiene che la riduzione del peso delle imposte debba essere la priorità della prossima legislatura. Ma si cerca anche più sostegno alla piccola impresa (39%), semplificazione burocratica (30%), riduzione del costo del lavoro (28%) e un accesso al credito più semplice e meno costoso (18%). Richieste avanzate da anni dal mondo della piccola e media impresa italiana, ma fino ad ora mai soddisfatte pienamente.
Anche per Confcommercio la pressione fiscale e le clausole di salvaguardia dell’Iva dovranno essere le priorità del prossimo governo. “Sono due le priorità che governo e parlamento devono mettere in campo – ha indicato Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, a margine del convegno milanese sui trent’anni di Assintel – la prima è quella evitare che scattino le clausole di salvaguardia dell’Iva anche per il 2019; la seconda è quella di proseguire nella riduzione della pressione fiscale, per raggiungere stabilmente quel 2% di crescita che consentirebbe alle famiglie di fare di più e alle imprese di ritornare ad investire”.
Ma non solo. Alla prossima legislatura le imprese chiedono anche di pesare di più in Europa. Per sei imprenditori su dieci, infatti, il prossimo governo dovrà mettere maggiore impegno per contrattare la linea di politica economica e finanziaria con l’Unione Europea; ma solo il 26% ritiene che si debba aprire una fase di netto contrasto.