Macron: con referendum in Francia stile Brexit probabile stesso esito. Affondo contro Cameron
“Probabilmente”, se in Francia fosse stato indetto un referendum in stile Brexit, il risultato sarebbe stato lo stesso di quello del Regno Unito. Così il presidente francese Emmanuel Macron, alla domanda del giornalista della BBC Andrew Marr: “Se in Francia ci fosse stato lo stesso referendum, il risultato avrebbe potuto essere lo stesso?”
“Sì, probabilmente – ha detto Macron, aggiungendo – Sì, in un contesto simile”. Per poi precisare: “Ma in Francia abbiamo un contesto molto diverso”.
Detto questo, Macron ha ammesso che, nel caso in cui un referendum sull’adesione della Francia all’Unione europea si tenesse oggi, “non scommetterei (sul risultato)..e dovrei lavorare molto duramente per vincere”.
“Da quello che vedo, la classe media, la working class e anche i più anziani, ritengono di non aver beneficiato sia di quanto accaduto negli ultimi decenni, sia dei cambiamenti apportati dall’Unione europea”. Unione europea responsabile, a suo avviso, di essere andata troppo oltre nel promuovere la libertà senza la coesione, “il mercato unico senza regole”.
Nel Regno Unito, ha spiegato, ha così prevalso il fronte “Leave” fondamentalmente per la perdita di fiducia, da parte degli elettori britannici, verso il processo di globalizzazione.
Detto questo, Macron ha criticato l’ex premier UK David Cameron per aver indetto un referendum del genere:
“Esiste sempre un rischio” con referendum come quello che si è tenuto nel Regno Unito nel 2016, dove agli elettori si chiede di rispondere soltanto “si” o “no” in “una situazione che è molto complicata”.
Secondo Macron, piuttosto, bisognerebbe chiedere agli elettori come pensano che una situazione possa essere migliorata.
Nel commentare le trattative in corso tra il Regno Unito e Bruxelles sulla Brexit, Macron ha mostrato il pugno di ferro, ripetendo che l’accesso del settore dei servizi finanziari al mercato unico dell’Unione europea “non è fattibile”, e ha aggiunto che, invece, un accordo commerciale ‘su misura’ sarà possibile.
Lo scorso 10 gennaio il cancelliere allo Scacchiere Philip Hammond e il segretario UK per la Brexit David Davis, hanno lanciato un appello scritto sul quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, parlando della necessità che le controparti continuino a lavorare sulla Brexit, “per assicurare che una catastrofe come il crash del 2008 non si ripeta”.
I due funzionari hanno praticamente detto che sarebbe l’Unione europea ad aprire la porta a una nuova crisi finanziaria globale, nel caso in cui imponesse un accordo in stile Hard Brexit per i banchieri di Londra, sostanzialmente per la City.
Il riferimento è alla posizione manifestata da Michel Barnier, responsabile Brexit per la Commissione europea, che ha fatto capire più volte che la regolamentazione dei rapporti finanziari non farà parte dell’accordo sul commercio.
Così, nel corso di un’intervista rilasciata a dicembre, Barnier aveva detto:
“Non c’è un solo accordo commerciale che sia aperto ai servizi finanziari. Non esiste”, in netto conflitto con la posizione di Londra che, ben consapevole dell’alta incidenza che i servizi finanziari hanno sulla crescita del suo Pil, chiede che le banche e le istituzioni attive nel mondo della finanza possano, anche dopo la concretizzazione del divorzio dal blocco, continuare ad agire nell’Ue conservando il “passaporto finanziario”.
Intanto, a conferma del timore che è stato espresso giorni fa dallo stesso ministro dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, in un comunicato congiunto diramato in vista del 55esimo anniversario del Trattato dell’Eliseo che cade oggi – il trattato venne firmato il 22 gennaio del 1963 tra la Francia e la Germania dell’Ovest – il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno promesso di approfondire e rafforzare la cooperazione franco-tedesca.
“Ora che la Germania si avvia ad avere finalmente un governo con una maggioranza parlamentare, il rischio è che si accordi con la Francia per una riforma delle istituzioni europee passando sopra la nostra testa”, aveva detto Padoan nel corso di un’intervista rilasciata a La Stampa.
In particolare, aveva sottolineato il ministro, facendo riferimento al rischio che in Italia, dopo le elezioni politiche del 4 marzo prevalgano le forze antieuropee, “penso a misure che potrebbero avere conseguenze ben più pesanti del fiscal compact o del bail-in. Per esempio l’idea di imporre un tetto al possesso di titoli di Stato alle banche. Davanti a un governo incapace di promuovere uno sviluppo sostenibile e duraturo, le istituzioni europee finirebbero con l’adottare regole sempre più rigide. Un governo antieuropeo a quel punto avrebbe buon gioco a dire ‘ce ne andiamo’ e davanti a noi si aprirebbe un baratro“.