Riforma Trump: Wal-Mart annuncia aumento salario minimo. E intanto chiude negozi senza informare i dipendenti
In America, le aziende – Wal-Mart – in primis, non hanno perso tempo. Non è passato neanche un mese da quando il Congresso Usa ha dato l’ok alla riforma fiscale voluta da Donald Trump, e già diverse hanno annunciato piani per alzare i salari minimi e distribuire bonus ai dipendenti. Effetto bazooka fiscale di Trump, che prevede tra le altre cose il taglio permamente delle tasse alle aziende dal 35% al 21%.
Della misura beneficia anche Fiat-Chrysler, che nelle ultime ore ha annunciato che investirà 1 miliardo di dollari nell’impianto di Warren, in Michigan, per produrre la prossima generazione del Ram Heavy Duty.
Nella nota si legge che “investiremo più di un miliardo di dollari per modernizzare l’impianto di Warren per produrre la prossima generazione di Ram heavy Duty”. Ancora: “questo investimento si va ad aggiungere all’annuncio effettuato nel gennaio 2017”, precisa la nota, riferendosi all’annuncio con cui FCA aveva previsto un miliardo di dollari per ampliare in Michigan la linea di produzione della Jeep.
Il corposo investimento nella fabbrica di Warren si tradurrà nella creazione di 2.500 nuovi posti di lavoro. E non finisce qui, visto che l’azienda guidata da Sergio Marchionne distribuirà un bonus di 2.000 dollari a circa 60.000 dipendenti negli Stati Uniti: bonus decisamente più generosi rispetto ai 1000 dollari che sono stati promessi dalla corporate America, praticamente pari, in media, al doppio.
Nel caso di Wal-Mart, tra l’altro, i 1000 dollari rappresentano la soglia massima, visto che il bonus promesso oscilla tra $200 e $1000, e dipende da quanto tempo il dipendente lavora presso l’azienda.
Tra i vari annunci del colosso retail, quello di garantire il periodo di maternità a 10 settimane per i lavoratori full-time, e il congedo di paternità a sei settimane. Le coppie con figli adottivi beneficeranno degli stessi benefit, insieme a $5.000 per coprire i costi.
Tutto ok, dunque? Non proprio.
Non proprio perchè, almeno nel caso di Wal-Mart, a fare il giro del mondo non è stata solo la notizia relativa alla decisione di aumentare il salario minimo da $10 a $11 all’ora, ma anche quella relativa alla decisione di chiudere decine di punti vendita, esattamente 63 della catena Sam’s Club, in tutto il paese.
Non solo una stangata per chi stava già brindando all’aumento del salario minimo, ma uno shock vero e proprio, visto che alcuni di questi negozi sono stati già chiusi, e visto che le altre chiusure non avverranno tra qualche anno, o mese, ma già a partire dalla prossima settimana.
La vergogna è che ai dipendenti non è stato detto che i punti vendita presso cui prestavano servizio avrebbero chiuso i battenti, fino a quando gli stessi non si sono presentati al lavoro e hanno trovato i negozi chiusi, con tanto di porte e finestre sbarrate. Con tanto di nota affissa, che comunicava la loro chiusura. In alcuni casi, i dipendenti sono stati anche mandati via dalla polizia.
Nessun annuncio formale è stato diramato giovedì da Sam’s Club: la società ha confermato la chiusura dei negozi con un messaggio su Twitter, che ha scatenato la rabbia di diversi utenti, dipendenti e non.
Un dirigente di Wal-Mart ha successivamente affermato che decine dei 63 punti vendita verranno trasformati in centri di distribuzione e-commerce, e che di conseguenza i dipendenti avranno l’opportunità di presentare le proprie candidature.
Business Insider, la prima a cui Sam’s Club ha dato la notizia, ha riferito che non si conosce al momento l’impatto che la decisione avrà sui dipendenti.
Sta di fatto che ogni punto vendita Sam’s Club ha 175 dipendenti, il che significa che il rischio è di 11.000 licenziamenti.