Warren Buffett: tsunami ricchezza non ha avuto un effetto domino sui meno abbienti. Si impari la lezione del XVIII secolo
Lo aveva già detto in passato: sono i miliardari come lui il problema dell’economia. Warren Buffett, il terzo uomo più ricco del pianeta secondo Forbes, con un patrimonio netto superiore agli 86 miliardi di dollari, è tornato ad affrontare la questione spinosa della forbice sempre più ampia tra i più ricchi e i più poveri.
In un articolo pubblicato sul Time Magazine, il numero uno della holding Berkshire Hathaway si è riferito espressamente alla classifica Forbes 400, che include gli americani più ricchi.
“Nel periodo compreso tra la prima rilevazione del 1982 e oggi, la ricchezza di quelle 400 persone è balzata di 29 volte – da $93 miliardi a $2,7 trilioni -, mentre milioni di cittadini che lavorano duramente sono rimasti intrappolati in un circolo vizioso economico”.
In poche parole, in questi ultimi anni “lo tsunami della ricchezza non ha avuto alcun effetto a cascata (sui meno abbienti). Tutt’altro, i benefici hanno avuto un effetto domino, semmai, sui più ricchi.
Dito puntato contro il sistema di mercato che, secondo l’oracolo di Omaha, ha “lasciato indietro senza speranza tante persone, diventando ancora più specializzato” e, dunque, permettendo che diversi lavoratori venissero sostituiti dalla tecnologia: uno scenario, tra l’altro, destinato a rafforzarsi in futuro.
“Gli americani beneficeranno in futuro di beni migliori. La sfida è cercare di garantire che una tale abbondanza migliori la vita non solo a chi ha scatenato il processo, ma anche a chi lo ha subìto”.
Riguardo a tale questione, “molti americani sono giustamente preoccupati”.
Buffett ha ricordato che, se nel lungo periodo i progressi tecnologici faranno sicuramente da assist all’economia, nel breve termine gli effetti saranno particolarmente dolorosi, in quanto provocheranno disoccupazione e ansia a chi non sarà in grado di adattarsi e di fornire una specializzazione che non possa essere delegata all’automazione.
A tal fine, secondo l’investitore, è fondamentale che l’America impari la lezione del 1776, anno in cui dichiarò l’indipendenza e in cui l’avvento della tecnologia rivoluzionò la sua economia.
“Tornare a quei giorni implicherebbe che l’80% circa della forza lavoro odierna venisse assunto nelle fattorie, per produrre semplicemente il cibo e il cotone di cui avremmo bisogno. Dunque, perchè oggi questo lavoro può essere compiuto solo dal 2% della forza lavoro? Il merito è di chi ha creato i trattori, le seminatrici, le sgranatrici di cotone, le trebbiatrici, i fertilizzanti, l’irrigazione e altri strumenti che hanno migliorato la produttività”.
Buffett riconosce tuttavia come quel meccanismo che prese piede verso la fine del 18esimo secolo, finì con il creare occupazione, nonostante diversi lavori fossero sostituiti dalle macchine.
“Ora noi sappiamo che quell’incredibile balzo della produttività del settore agricolo fu una benedizione, visto che liberò quasi l’80% della forza lavoro della nazione, ridistribuendo il lavoro in nuovi settori, che hanno cambiato la nostra vita”.
Buffett non si smentisce e rimane così ottimista:
“Nel 1776, l’America riuscì a liberare il potenziale umano combinando l’economia di mercato con la forza della legge e l’eguaglianza delle opportunità. Fu una scelta geniale che, nell’arco di soli 241 anni, trasformò i nostri villaggi e le nostre praterie in una ricchezza da $96 trilioni”.