Mattarella scioglie le Camere, italiani al voto il 4 marzo. I sondaggi. E l’analista: maggioranza di governo complicata, se non impossibile
Il 28 dicembre del 2017 sarà ricordato come la fine ufficiale della XVII legislatura. Dopo aver sentito i presidenti della Camera e del Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto di scioglimento dei due rami del Parlamento: decreto che è stato poi controfirmato dal premier Paolo Gentiloni.
La data dell’Election Day in Italia è stata decisa dal Consiglio dei ministri, che ha approvato il decreto di indizione fissandola al prossimo 4 marzo del 2018. Sarà quello il giorno in cui gli italiani torneranno alle urne.
La prima convocazione delle Camere successiva alle elezioni politiche avverrà il 23 marzo; in quell’occasione, saranno scelti i prossimi presidenti di Camera e Senato.
Alta è l’attenzione su come reagiranno i mercati nei prossimi mesi, sia in vista del voto, che dopo il voto: sono sempre più forti i timori di una situazione di “Hung Parliament” in Italia, visto ch né il M5S, né il PD guidato dall’ex premier Matteo Renzi, e neanche il blocco di centro-destra riuscirebbe ad aggiudicarsi la maggioranza in Parlamento.
Una situazione di stallo si verrebbe a creare anche in caso di “una grande coalizione” che venisse eventualmente formata attraverso un’alleanza tra il Pd di Renzi e Forza Italia di Silvio Berlusconi: anche in questo caso, non ci sarebbe infatti una maggioranza.
Così ha commentato Wolfango Piccoli, analista di politica presso Teneo Intelligence, in un’intervista rilasciata ad Alliance News.
“Lo scenario di base per il risultato delle elezioni è quello di un Parlamento appeso. Ciò significa che probabilmente l’Italia entrerà in una fase difficile dopo il voto, visto che riuscire a formare una maggioranza di governo sarà complicato, se non impossibile“.
Dai sondaggi, intanto, emerge il crollo del Pd. Dall’analisi che YouTrend fa per l’agenzia di stampa AGI comparando la popolarità attuale dei partiti con quella che avevano a inizio 2017, facendo dunque “un bilancio ‘secco’ di vincitori e sconfitti del 2017”, emerge che il Partito Democratico ha perso “quasi 7 punti (per la precisione 6,8) rispetto a inizio gennaio.
Un vero e proprio crollo, che si è accompagnato a quello degli alleati di governo di Alternativa Popolare (recentemente dissoltasi dopo il ritiro di Alfano) ridotti a un terzo del loro consenso iniziale (da 3,6 per cento a 1,2). Non sorprende quindi che l’area di governo (corrispondente all’odierna coalizione di centrosinistra) si sia sensibilmente ridotta, passando dal 34,5 al 27,9 per cento.
“Forza Italia chiude il 2017 con il miglior dato annuale, un 15,8% che vuol dire oltre 3 punti in più rispetto a inizio anno, un aumento avvenuto non a scapito degli alleati di centrodestra (Lega e Fratelli d’Italia) bensì contestualmente a una loro crescita, seppur più contenuta; dall’altro verso sinistra, con la scissione dei bersaniani che prima hanno formato Articolo 1 – MDP e poi si sono uniti a Sinistra Italiana e ad altre formazioni nel nuovo soggetto guidato da Pietro Grasso, Liberi e Uguali: se a inizio anno SI stentava a raggiungere il 3 per cento, oggi LeU vale quasi il 7, più del doppio. Sostanzialmente fermo è rimasto invece il Movimento 5 stelle, partito intorno al 28,2% e arrivato a fine anno con un saldo leggermente negativo (meno 0,7 per cento)”.