Lavoro: occupazione vicina a livelli pre-crisi, in miglioramento anche per i giovani
Negli ultimi due anni il mercato del lavoro in Italia recupera, in buona parte, i livelli occupazionali precedenti la crisi. Nel primo semestre del 2017 il numero di occupati si attesta a poco meno di 23 milioni, avvicinandosi ai livelli del 2008. Tuttavia il tasso di disoccupazione, pari all’11,2%, rimane su livelli ancora elevati, con fattori di debolezza nel settore delle costruzioni e nel Mezzogiorno. Questa la fotografia scattata da Ministero del lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal.
La crescita dell’occupazione ha riguardato soltanto i dipendenti mentre è continuato il declino del lavoro indipendente. In particolare, dal 2014 è cresciuta l’occupazione a termine, con un rallentamento nei due anni successivi, e una nuova intensificazione nel 2017, quando ha toccato il massimo storico nel secondo trimestre 2017 (2,7 milioni di unità). I contratti di lavoro dipendente a termine ha coinvolto tra il 2012 e il 2016 un numero crescente di lavoratori: da 1,5 a 1,8 milioni di lavoratori. Il 44% di questi lavoratori nel 2016 è transitato verso forme di lavoro più strutturate. Tra il 2015 e il 2016, infatti, è cresciuta significativamente anche l’occupazione a tempo indeterminato che nel secondo trimestre 2017, nonostante il recente rallentamento, ha raggiunto un livello molto vicino al massimo della serie storica (14 milioni 966 mila unità).
Il consolidamento del recupero di posti di lavoro è stato diffuso, interessando quasi tutti i settori e tutte le classi dimensionali d’impresa: nella manifattura, 14 settori su 23 hanno registrato un aumento delle posizioni lavorative fra il 2015 e il 2017; nei servizi di mercato la crescita delle posizioni lavorative è stata più diffusa, oltre che intensa, interessando 26 settori su 29. Tuttavia l’occupazione nelle costruzioni ha continuato invece a ridursi in modo ininterrotto dal 2009.
Riguardo alle dimensioni delle impresa, i tassi di crescita più elevati si sono evidenziati nelle aziende di piccole dimensioni, attive da almeno sei anni, operanti soprattutto nei servizi di mercato (ristorazione, commercio al dettaglio, attività informatiche, legali e contabili).
Le differenze intergenerazionali si sono acuite durante la crisi con un più forte calo del tasso di occupazione e un maggior aumento di quello di disoccupazione per i giovani dovuto anche a mutamenti demografici e culturali, come l’allungamento della speranza di vita e lo slittamento dell’età pensionabile. Non solo. La crescente scolarizzazione e l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro nelle fasce di età più adulte hanno prodotto un innalzamento dell’età media della forza lavoro. A questi si aggiunge la crisi economica, iniziata nel 2008, che ha colpito più duramente i giovani. Mentre per gli under25 il prolungamento degli studi ha in una certa misura attenuato gli effetti della congiuntura negativa, per i 25-34enni la crisi ha ridotto le possibilità di inserimento e permanenza nel mercato del lavoro. Negli ultimi due anni, tuttavia, la condizione dei giovani ha mostrato segnali di miglioramento: dopo otto anni di calo, il tasso di occupazione dei 15-34enni è tornato a crescere nel 2015 e soprattutto nel 2016 (+0,1 e +0,7 punti), in particolare per 25-29enni.