Contraffazione: 5,4 milioni di posti di lavoro legittimi a rischio nel mondo dal 2022
Cresce la contraffazione in Italia, che si classifica come il quinto paese al mondo per valore del mercato nero. Lo rivela lo studio “La contraffazione in Italia. Moda e arte: due pilastri del Made in Italy minacciati dal mercato del falso” condotto da Rome Business School, facendo emergere come questa attività illecita abbia un notevole effetto negativo sull’economia dei paesi interessati e sulle imprese che ne sono colpite.
I prodotti contraffatti generano più di 250 miliardi di dollari l’anno di profitti per la criminalità organizzata a livello mondiale, in Italia i guadagni della criminalità organizzata solo nell’ultimo anno sono stati per almeno 2,5 miliardi, di cui almeno 225 milioni a carico delle aziende italiane. Già nel 2008, l’Ocse stimava una riduzione dei profitti delle imprese per 2,9 miliardi di euro all’anno e perdite di oltre 100.000 posti di lavoro solo in Italia. Sì perchè tra i danni economici c’è anche la disoccupazione: dal 2022 i posti di lavoro legittimi messi a rischio nel mondo saranno circa 5,4 milioni.
L’International AntiCounterfeiting Coalition (IACC, 2010) ha stimato la vastità del fenomeno: il mercato della contraffazione ruota intorno al 10% del commercio mondiale, i maggiori produttori sono in Asia (Hong Kong, Cina, Turchia), mentre tra i consumatori prima è l’Europa (soprattutto Italia, Spagna, Turchia).
L’Italia è tra i primi produttori e consumatori di prodotti contraffatti. Secondo la stima di Illicit Trade (2020), l’Italia risulta essere il quinto paese al mondo per il valore totale del mercato nero ed è anche uno degli stati europei maggiormente colpiti dal fenomeno della contraffazione sia come paese produttore sia come paese consumatore.
Il settore più esposto è quello dell’abbigliamento, con un valore della produzione di 2,2 miliardi di euro, pari al 32,5% del totale. Seguono il comparto degli audiovisivi, con quasi 2 miliardi di euro (28,5% del totale), il materiale elettrico e i prodotti informatici con un 1 miliardo di euro, i prodotti alimentari anch’essi con un miliardo di euro.