Boom di buy su Mps, titolo scatta del 13%: Monte di Stato fino al 2023. E il Tesoro valuta ancora la carta UniCredit
Mps vola fin oltre il 13% finendo anche in asta di volatilità: a Piazza Affari si torna a sperare in una soluzione che possa salvare la banca senese, che nelle ultime sessioni si è messa in evidenza con l’ennesima notizia negativa, relativa stavolta al suo valore di mercato: le brusche vendite che si sono accanite sul titolo nel mese di novembre, scatenando un tonfo del -20% circa, hanno fatto scendere la capitalizzazione del gruppo, qualche giorno fa, anche sotto la soglia di 1 miliardo di euro.
Oggi le quotazioni scattano al rialzo dopo la nota della banca e sulla scia di alcune indiscrezioni di mercato, relative a quelli che sarebbero i piani del Mef, maggiore azionista dell’istituto con una quota del 64%, ora che l’opzione UniCredit è ormai naufragata.
Ma è naufragata davvero?
Non proprio, in realtà, secondo il Messaggero che, sulla base di alcuni rumor, riporta che il Tesoro avrebbe intenzione, Bruxelles permettendo, di completare la privatizzazione della banca senese entro l’autunno del 2023, “con una operazione in due tempi: prima la pulizia degli attivi poi la vendita dell’azienda risanata e dimagrita a un partner bancario che potrebbe essere nuovamente UniCredit“.
Occhio intanto al report mensile di Equita SIM, che si mette in evidenza con un consiglio proprio sul titolo della banca guidata da Andrea Orcel.
Il Messaggero riporta anche l’indiscrezione su quello che potrebbe essere il nuovo numero uno del Monte: Victor Massiah, ex ceo di Ubi Banca, “ora dedito all’insegnamento alla Cattolica”.
Per quanto riguarda l’aumento di capitale necessario per rimettere in piedi Monte dei Paschi, si parla di una cifra attorno ai 3 miliardi.
A tal proposito il Sole 24 Ore ha riportato la nota degli analisti di Bestinver, che hanno reiterato il rating «sell» sul titolo “anche in virtù del fatto che una ricapitalizzazione da 3 miliardi, come ipotizzata, finirebbe per cancellare in pratica gli azionisti di minoranza”.
Dall’articolo del quotidiano romano emerge ancora che, inizialmente, il Tesoro aveva richiesto una ulteriore proroga per continuare a rimanere nel capitale dell’istituto – ironicamente battezzato, spesso e più volte, Alitalia del credito – di ben due anni.
Tale richiesta “sarebbe stata respinta da Bruxelles e adesso si auspica che un punto mediano sia 18 mesi (fino aall’autunno 2023)”.
In questo lasso di tempo dovrebbero essere avviate quelle operazioni di risanamento che si sperava fossero ormai in dirittura d’arrivo. E invece no, visto che va ancora disinnescata la bomba dei rischi legali, che ammontano a 6,2 miliardi di euro, una “massa di passivo – scrive ancora il Messaaggero – che dovrebbe essere trasferita mediante cessione a Fintecna”, che è una società di CdP, Cassa Depositi e Prestiti.
C’è da risolvere anche la questione delle esposizioni non performanti (NPE), del valore di 4 miliardi, che dovrebbero andare a confluire in Amco, controllata del Tesoro.
Certo, Bruxelles non concederà più tempo senza chiedere in cambio nuovi sacrifici: il quotidiano MF riporta che il DG Comp avrebbe chiesto al Monte di Stato di far scendere il rapporto cost-income dal 70% riportato alla fine del terzo trimestre di quest’anno al 55%, ed è possibile che alla fine le controparti trovino un accordo per una riduzione fino al 62-63%. Un target che verrebbe raggiunto principalmente attraverso il taglio dei costi del lavoro: dunque, ancora meno filiali e meno dipendenti.