Donne e lavoro: il 43% spera in un cambiamento a seguito del lockdown
Lavorare da casa non basta. In Italia quasi una professionista su due (48%) adottava lo smart working prima del lockdown, dato che aumentava (62%) tra le intervistate con figli. Ma questa misura non basta certo a sostenere davvero la carriera professionale di una donna e ad evitare la scelta tra lavoro e figli. E’ ciò che emerge dalla ricerca di Wyser, società internazionale di Gi Group, che si occupa di ricerca e selezione di profili manageriali, condotta in occasione dell’anniversario del Soffitto di Cristallo.
Secondo l’84% delle professioniste è infatti la flessibilità oraria la chiave e queste settimane di lockdown lo hanno dimostrato. Lavorando da casa, oltre una professionista su due (59%) ha avuto la sensazione di aver avuto carichi di più pesanti rispetto alle giornate in ufficio. Il dato cresce di 7 punti, arrivando ai due terzi del campione, se si considerano le lavoratrici con figli.
“Il lavoro da casa, da remoto, e lo smart working sono due cose distinte – afferma Marinella Sartori, Direttore Commerciale di Wyser Italia –. Il telelavoro implica semplicemente il mancato spostamento dalla propria abitazione al posto di lavoro, di fatto, gestendo le attività dal proprio studio tra le mura domestiche, per chi può contare su una stanza dedicata. Si rispettano i ritmi e gli orari delle giornate in ufficio e in sostanza la differenza è data dalla location. Lo smart working invece è qualcosa di molto diverso, che implica una certa elasticità e un drastico cambiamento a livello di filosofia stessa del lavoro: le giornate non so più scandite dagli orari, ma dagli obiettivi. Pertanto, vengono date flessibilità, autonomia e responsabilità ai professionisti, che gestiscono il loro tempo in autonomia e hanno come unico vincolo il rispetto delle scadenze e delle consegne, oltre alle inevitabili teleconferenze di allineamento. Si tratta di una pratica che richiede una vera e propria rivoluzione nella cultura del lavoro e delle organizzazioni in Italia, dove una logica del controllo è ancora diffusa. Quello che la maggior parte delle italiane e degli italiani ha praticato nelle ultime settimane e sta continuando a praticare è semplice lavoro da remoto, non smart working. E le conseguenze su chi di consueto ha in mano la gestione della vita domestica e la cura dei figli sono state piuttosto evidenti e pesanti, come emerge anche dalla nostra ricerca”.
La ricerca evidenzia però anche una fiducia verso il futuro. Come per molte piccole e medie imprese il lockdown è servito a spingere sull’acceleratore della digitalizzazione, così allo stesso modo anche le professioniste e le lavoratrici nutrono la speranza che questo periodo di telelavoro sia servito per sensibilizzare il mondo del lavoro e per spingerlo ad abbracciare reali misure di supporto. Secondo il 43% delle intervistate, questo periodo potrà avere risvolti positivi in tal senso a livello nazionale, mentre per il 36% a livello della singola azienda. Si dice meno speranzosa solo una su quattro (20,5%).
Al contempo però questa emergenza sanitaria rischia di cancellare diritti e opportunità per la popolazione femminile, come riporta anche il Rapporto Onu di questi giorni. A ciò si aggiunge il famoso e non ancora abbattuto Soffitto di Cristallo che le intervistate da Wyser associano principalmente all’assenza delle donne nelle posizioni decisionali (27%), a stereotipi e pregiudizi che ancora oggi popolano i luoghi lavoro (25%), a una scarsa meritocrazia (20,5%) e al gender pay gap (13,6%).