Banche, Fabi lancia alert: “meno credito e più prodotti finanziari”. Consulenza giocherà ruolo sempre più chiave
All’indomani degli annunci della Banca centrale europea (Bce) che dopo oltre 10 anni si prepara a porre definitivamente fine alla lunga era di politica monetaria non convenzionale restano in primissimo piano le banche, tra cui quelle italiane, che hanno dovuto fare i conti con un nuovo contesto per il quale hanno rivisto i modelli di business e hanno di fatto cambiato pelle. In che direzione? Una risposta arriva dalla recente analisi condotta dalla Fabi, il sindacato dei bancari italiani, che si è concentrata sui ricavi del settore bancario.
Meno credito, più prodotti finanziari venduti alla clientela: la fotografia della Fabi
Una evidente ritirata dal credito alle famiglie e alle imprese, con un radar puntato più sui prodotti finanziari: si allarga e vistosamente la forbice tra i due principali ambiti di attività del settore bancario italiano, con le agenzie che Fabi paragona “a negozi finanziari”. Ma cosa raccontano i ricavi del settore bancario italiano nel 2021? La Fabi sottolinea che si tratta di “un bilancio complessivo a due facce che dimostra il cambio di pelle già avviato negli ultimi anni: più utili dalla vendita prodotti e servizi finanziari e assicurativi, sempre meno proventi derivanti da attività di intermediazione creditizia a famiglie e imprese”.
Nel 2021, sul totale di 82 miliardi di euro di ricavi, quelli legati alle commissioni hanno raggiunto il 53,6% (pari a 44 miliardi) del totale, rispetto al 46,4% (pari a 38 miliardi) dei proventi riconducibili ai finanziamenti concessi a imprese e famiglie. L’evoluzione delle banche italiane emerge dalla fotografia che la Fabi scatta, con una dettagliata ricerca sui ricavi del settore. In particolare, nel 2020, il distacco era stato inferiore a un punto percentuale (50,4% contro 49,6%): 39,5 miliardi contro 38,7 miliardi. Il divario tra commissioni e prestiti è passato, in soli 12 mesi, da 688 milioni a 5,8 miliardi. In termini percentuali, il distacco è passato da meno di un punto a oltre sette punti percentuali.
Sileoni e la concorrenza delle big del web
“I nostri dati ci consentono di fare diverse considerazioni. La prima è che le banche, ormai, stanno rinunciando a fare credito e questo dipende principalmente dal fatto che i prestiti rappresentano un’attività poco profittevole e sempre più complessa, soprattutto a causa delle stringenti regole della Banca centrale europea che non vuole i bilanci appesantiti da nuove sofferenze; insomma, molti costi e tanti rischi, ma poca redditività. Di qui la scelta di spostare l’attenzione, progressivamente, sulla vendita di prodotti finanziari e assicurativi, ambito nel quale i rischi sono di fatto ridotti a zero, ma i ritorni economici, invece, sono assai importanti. La seconda considerazione deriva dagli effetti, a mio avviso pericolosi, derivanti dall’ingresso di grandi operatori di internet nel mercato e nel business delle stesse banche”, ha commentato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, che chiude con un affondo: “Se i giganti del web eroderanno quote di mercato alle banche, quest’ultime punteranno sempre di più sulla vendita di prodotti finanziari. Il rischio è che le banche non svolgeranno più quell’importante ruolo sociale di un tempo e i danni li toccheremo con mano sui territori”.
Secondo Fabi, la possibile ricetta futura sul fronte dei ricavi potrebbe passare per la risalita attesa dei tassi e per un sempre imponente ruolo del wealth e asset management, ambito nel quale la consulenza richiederà competenze ampie, diversificate e valorizzate perché l’obiettivo non sarà la sola gestione del risparmio bensì l’impiego delle masse liquide accumulate sui conti correnti, in investimenti sempre più redditizi e durevoli nel tempo.