Twitter: Elon Musk molla l’osso, ora rischia guai seri. Il social ricorre al giudice, vuole due cose
Elon Musk pronto a mollare Twitter, il deal più chiacchierato degli ultimi mesi, non per niente bollato anche come soap opera, visto che i problemi si sono presentati fin da subito, rendendo il destino dell’accordo progressivamente incerto.
Dopo le indiscrezioni degli ultimi giorni, il numero uno e fondatore di Tesla ha ammesso l’intenzione di gettare la spugna e di ritirarsi dall’intesa: ma mollare l’osso, a questo punto, non sarà affatto semplice e, a dirlo, sono gli esperti.
Venerdì scorso. tramite l’avvocato Mike Ringler della società newyorchese Skadden Arps, Musk ha fatto recapitare una lettera alla divisione legale di Twitter, scrivendo nero su bianco di voler rinunciare all’acquisizione del gruppo di microblogging.
Motivo: “violazione significativa di molteplici disposizioni” dell’accordo originale.
Pronta la reazione del presidente del board di Twitter, Bret Taylor, che ha twittato che “Twitter è ancora impegnata a far sì che l’accordo vada a buon fine al prezzo concordato e che intende ricorrere alle vie legali per costringere Musk a portare a compimento quanto stabilito nel deal”.
Twitter è passata dalle parole ai fatti, adendo le vie legali: “Siamo fiduciosi nel fatto che vinceremo presso la Delaware Court of Chancery (la Corte di Cancelleria del Delaware, una delle tre corti costituzionali del Delaware, insieme alla Corte Suprema e alla Corte Superiore)”.
La soap opera del mondo della finanza finisce così in tribunale e sembrano decisamente lontani i toni a dir poco trionfalistici con cui Musk annunciava, alla fine di aprile, di essere riuscito a mettere le mani sul social dei cinguettii, anche se fin da allora si metteva in evidenza la presenza delle questioni irrisolte.
“Twitter ha annunciato di avere stretto un accordo definitivo per l’acquisizione da parte di un’entità interamente controllata da Elon Musk, per 54,20 dollari per azione in contanti in una transazione del valore di circa 44 miliardi. Al completamento della transazione, Twitter diventerà una società privata”, si apprendeva il 25 aprile scorso.
Tra le questioni che venivano sollevate in tutto il mondo, la possibile riabilitazione e riattivamente dell’account dell’ presidente americano Donald Trump, che era stato ‘bandito’ da Twitter nel 2021, e il principio di libertà di parola che di colpo trovava il suo paladino nella figura controversa di Elon Musk. Un altro problema cruciale che si era presentato fin da subito era rappresentato dal modo con cui Musk avrebbe finanziato l’acquisizione.
Diverse volte era stato fatto notare che, a fronte dell’interesse degli stessi investitori che avevano deciso di scommettere sulle sue precedenti creazioni, come Tesla e SpaceX, diversi gruppi di private equity preferivano rimanere lontani da eventuali controversie politiche che avrebbero potuto scatenarsi con Musk proprietario di Twitter.
Veniva rilevato il dubbio sull’entità stessa dell’offerta: “Molti gruppi di private equity stanno facendo fatica con la valutazione (da assegnare al gruppo) – riferiva una fonte al New York Post – E questo perchè (Twitter) non sta crescendo allo stesso ritmo di Instagram (che fa capo così come Facebook a Meta) o di TikTok”.
Intanto il titolo Tesla, colosso produttore di auto elettriche fondato e gestito da Musk, soffriva l’effetto Twitter continuando a scontare il rischio di un ceo sempre più latitante a causa del suo nuovo capriccio Twitter, così capitolando fino a oltre il 42%, con una capitalizzazione quasi dimezzata rispetto a quella di novembre, quando le quotazioni avevano testato il valore record.
Non per niente oggi, dopo la lettera con cui Musk ha fatto saltare l’accordo, il titolo Tesla riporta una performance al rialzo a Wall Street, mentre in premercato Twitter affonda fino a -9%.
Il rischio nozze mancate tra Twitter e Musk è iniziato a diventare concreto nel mese di maggio, quando Elon ha deciso di sospendere l’accordo, a causa, così ha detto, della necessità di valutare il numero e l’incidenza degli account fake e spam sulla piattaforma del social:
“La mia offerta – informava Musk con un tweet – si basava sul presupposto che le documentazioni depositate presso la Sec fossero accurate. Ieri, il ceo di Twitter ha rifiutato pubblicamente di di fornire la prova < del 5% (ovvero che gli account falsi o spam siano inferiori alla soglia del 5%). Questo accordo non può andare avanti fino a qundo questa prova non venga fornita”.
A giugno Musk rincarava la dose, accusando Twitter di violare i termini dell’accordo con il suo rifiuto a fornire i dati richiesti. Nella lettera inviata dall’avvocato di Musk a Twitter, si legge che, “per quasi due mesi, il signor Musk ha cercato dati e informazioni necessari per ‘fare una valutazione indipendente della prevalenza di account fake o spam sulla piattaforma di Twitter. Questa informazione è fondamentale per il business e la performance finanziaria di Twitter ed è necessaria affinché si consumino le transazioni contemplate nell’accordo di fusione”.
In tutto questo, il titolo Twitter è scambiato a 36 dollari circa, in calo di quasi il 30% rispetto al prezzo che ha presentato quando Twitter ha annunciato la sua acquisizione, e ben al di sotto dei $54,20 per azione offerti da Musk:
il trend mette in evidenza il profondo scetticismo tra gli investitori verso la possibilità che l’accordo si concluda al prezzo stabilito.
A questo punto, la domanda è: cosa può succedere? Intervistato dalla CNN Brian Quinn, docente di legge presso il Boston College, ha riferito che Twitter punta a una doppio risultato: ovvero, che il giudice stabilisca che il gruppo non ha violato alcun contratto con Musk e, anche, che venga emesso un ordine giudiziale che costringa Musk a rispettare attentamente l’accordo siglato.
E’ anche possibile che le controparti trovino un accordo per rinegoziare il prezzo, visto il continuo calo del titolo.
Quinn riferisce anche che, così come stipulato nel contratto, Musk potrebbe trovarsi costretto a pagare 1 miliardo di dollari come penale, per non aver concluso l’intesa.
Diversi sono gli esperti che vedono il ceo di Tesla in una posizione più vulnerabile, dal momento che il board di Twitter avrebbe fatto il possibile per mostrargli finora tutta la documentazione richiesta.
Intanto, l’attenzione è alta su quello che sarebbe ipoteticamente il prezzo giusto di Twitter. Intervistato dalla Cnbc Richard Windsor, fondatore della società di ricerca Radio Free Mobile, ha detto di non essere un azionista di Twitter aggiungendo contestualmente che, se lo fosse, venderebbe le azioni ora.
In un intervento alla trasmissione’Squawk Box Europe’, Windsor ha commentato, di fatto, che “esiste ancora una disconnessione tra i fondamentali (del social) e i prezzi delle azioni”. Aggiungendo che, se si guarda poi a dove è andato il settore tecnologico negli ultimi due mesi, allora si dovrebbe ritenere che la valutazione di Twitter fosse compresa tra 13 e 15 miliardi, inferiore del 50% rispetto a quello attuale”.