Wall Street paga shock inflazione e prospettive Fed più hawkish. ‘Dato CPI cementa prospettiva recessione’
Un dato, quello dell’inflazione Usa misurata dall’indice dei prezzi al consumo CPI, che costringerà “la Fed a essere ancora più aggressiva nel breve periodo, al fine di affossare la domanda. Fattore che cementa ora la prospettiva di una recessione”. Così Liz Ann Sonders di Charles Schwab commenta il trauma inflazione che continua ad assediare i mercati e l’economia americana. “Credo che la recessione sia inevitabile”, aggiunge Sonders, stando a quanto riportato dalla Cnbc.
Wall Street cade, i tassi dei Treasuries a due anni si infiammano confermando il fenomeno dell’inversione della curva dei rendimenti Usa nel tratto 2-10 anni, fattore che di per sé viene considerato segnale che anticipa l’arrivo di una recessione.
Alle 16.10 ora italiana, il Dow Jones scende di quasi 350 punti (-1,08%), a 30.635,11 punti; lo S&P 500 arretra dell’1,09% a quota 3.777; il Nasdaq perde anch’esso più dell’1%, attestandosi a 11.159 circa.
I mercati globali fanno i conti con una fiammata dell’inflazione Usa ben superiore alle attese.
Nel mese di giugno, l’inflazione misurata dall’indice dei prezzi al consumo CPI è schizzata negli Stati Uniti al ritmo annuo del 9,1%, al nuovo record dal novembre del 1981, ovvero in oltre 40 anni, ben oltre il +8,6% previsto e il +8,3% precedente.
L’inflazione core è aumentata su base annua del 5,9%, a un ritmo inferiore rispetto al +6% precedente, ma anche in questo caso più delle attese di un aumento pari a +5,7%.
L’indice CPI ha stracciato le attese anche su base mensile: l’inflazione headline ha segnato infatti una crescita dell’1,3%, superiore alle attese di un rialzo mensile pari a +1,1% e oltre l’aumento precedente di maggio, pari a +1%.
La componente core, ovvero quella depurata dalle componenti più volatili rappresentata dai prezzi dei beni energetici e alimentari, è salita dello 0,7% su base mensile, più del +0,6% atteso e oltre anche il +0,6% precedente.
Altro che picco dell’inflazione: i prezzi continuano a correre, e la Fed di Jerome Powell ha le mani sempre più legate.
Tanto che ora, sul mercato dei futures sui fed funds si arriva a scommettere addirittura con una probabilità del 33% che la Fed di Jerome Powell alzi i tassi di 100 punti base tra due settimane, nella prossima riunione della banca centrale americana.
Il countdown inizia, e la paura sui mercati è palpabile, come emerge dalla reazione di Wall Street e dei tassi dei Treasuries di breve termine.
Fino a oggi, le aspettative dei mercati sono state di una stretta monetaria della Fed di Jerome Powell di 75 punti base, nella prossima riunione del 27 luglio, così come nell’ultima riunione del 15 giugno scorso, quando i tassi Usa sono stati portati al nuovo range compreso tra l’1,50% e l’1,75%.
Ma ora la prospettiva di una stretta ancora più aggressiva, anche di 100 punti base, gela i mercati.
A credere in una stretta di tale intensità è lo stesso
Michael Schumacher di Wells Fargo, che fa riferimento alla “corsa dell’inflazione core, che la Fed non può ignorare”.
Si vendono Treasuries Usa, con il risultato che i tassi salgono.
Alle 16.10 ora italiana i tassi sui Treasuries a 10 anni sono in rialzo al 3,03%, in crescita di 7 punti base – dopo il calo successivo alla pubblicazione del dato sull’inflazione -; balzano di 11 punti base i tassi dei Treasuries Usa a 2 anni, arrivando fino al 3,16%.
Lo spread dei tassi a 10-2 anni si conferma negativo, e la paura dell’avvento di una recessione si fa sempre più concreta.