Crisi gas, l’inverno energetico dell’Europa. Il paese destinato a soffrire di più. Chi è più nei guai e chi vincerà
Lockdown energetico, caro bollette e conseguente inflazione, razionamento, gas russo, crisi energetica, ricatto russo: sono queste le espressioni e i vocaboli che definiscono sempre di più la crisi in atto nell’economia dell’Europa e dell’Italia. E che sempre di più la definiranno nei mesi a venire, con l’arrivo delle stagioni più fredde dell’anno: il mercato attende con trepidazione cosa deciderà di fare il colosso energetico russo Gazprom nelle prossime ore. Sta per scadere infatti lo stop alle forniture di gas che dalla Russia arrivano all’Europa attraverso il gasdotto Nord Stream 1.
Mentre l’Europa e l’Italia scalpitano per assicurarsi fonti alternative all’energia made in Russia, e in Italia nello specifico prende forma il piano Cingolani, analisti, economisti e gestori dei fondi cercano di prevedere il danno reale che sarà inflitto all’Europa tutta dal taglio delle forniture di gas russo.
Nel caso specifico di Nord Stream 1, in caso di ripresa delle attività del gasdotto dopo l’alt per lavori di manutenzione fissato dal 31 agosto al 3 settembre, comunque i flussi dovrebbero ripartire per una quantità pari al 20% della capacità, dopo i tagli alle forniture attivi dalla fine di luglio. Con la minaccia di ulteriori tagli se non di un alt totale, visto che le forniture arrivano dalla Russia colpita dalle sanzioni dell’Occidente per l’invasione dell’Ucraina. Qualcuno si sorprende anche del fatto che Vladimir Putin non abbia ancora chiuso del tutto i rubinetti. Ma è vero che in alcuni casi questo è già successo. Mosca ha infatti tagliato del tutto la propria offerta di gas alla Bulgaria, alla Danimarca, alla Finlandia, all’Olanda e alla Polonia.
Occhio all’ultima analisi dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) che evidenzia che, anche con stoccaggi quasi pieni, “il gas conservato basta solo per il 20% dei consumi tedeschi o italiani, e ancor meno per Polonia (15%) e Bulgaria (10%), Paesi che a maggio hanno deciso di fare del tutto a meno del gas russo. Al contrario, gli stoccaggi dell’Austria ammontano al 64% dei consumi annui, percentuale che passa al 36% per l’Ungheria e al 26% per la Francia”.
Crisi gas: ecco perchè preoccupa soprattutto la Germania
Un commento sulla situazione in atto nel continente arriva da Randeep Somel, gestore di M&G (Lux) Climate Solutions Fund di M&G Investments:
“Le restrizioni dei flussi di gas naturale dalla Russia ai Paesi dell’Europa continuano a rappresentare una minaccia per le economie del continente, come pure a livello globale. La situazione è più preoccupante in Germania poiché, secondo l’agenzia dell’UE per la cooperazione dei legislatori sull’energia, l’economia dipende dall’energia affidabile e a basso costo dalla Russia per circa il 49% per alimentare la sua industria manifatturiera”. Che tanto incide, vale la pena di precisare, sull’economia del paese motore di crescita numero uno dell’Europa.
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Il gestore di M&G Investments mette in evidenza che “i prezzi più alti dell’energia avranno conseguenze sui prezzi alimentari e la fiducia delle aziende”, spiegando che, “dal momento che è diventata dipendente dal gas russo via metanodotto, attualmente la Germania non possiede alcun terminal per importare gas liquefatto (LNG, Liquified Natural Gas) che possa compensare la riduzione delle importazioni attraverso il gasdotto Nord Stream 1″.
Non per niente, “l’indice tedesco IFO business climate è sceso a 88,6 punti a luglio, in calo dai 92,2 di giugno, toccando il valore minimo da giugno 2020. Ciò indica che le aziende si aspettano che il business diventi molto più difficile nei mesi a venire”. Tutto questo mentre, per fronteggiare la situazione, “nel secondo trimestre dell’anno, il gigante chimico tedesco BASF ha sborsato 800 milioni di euro in più per mantenere in funzione i suoi impianti rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’impatto dei prezzi energetici più alti ha costretto l’azienda a prendere la difficile decisione di ridurre la produzione di ammoniaca, usata come fertilizzante in agricoltura. La scelta avrà conseguenze dirette per la coltivazione e l’industria alimentare e contribuirà all’inflazione dei costi che stiamo già osservando sui prezzi alimentari”.
I mercati europei stanno già soffrendo
“I mercati europei stanno già soffrendo”, fa notare Randeep Somel. In particolare “i mercati azionari europei hanno prezzato le implicazioni negative dei disagi negli approvvigionamenti di gas. Lo S&P 500, che ha iniziato l’anno su valutazioni molto più elevate, ha visto calare il suo valore del 15% da inizio anno ma il principale indice tedesco, il DAX 40, nello stesso arco di tempo ha visto il suo valore scendere del 17%. L’S&P500 ora scambia a 20 volte gli utili, rispetto al DAX 40 ad appena 12 volte”.
“Anche l’euro è ai minimi da 20 anni contro il dollaro USA, con le valute ora vicine alla parità. Questo darà un po’ di ossigeno alla manifattura europea: mentre i costi dell’energia crescono, una valuta che si deprezza aiuterà a mantenere la loro base di costi competitiva. La Federal Reserve è stata decisamente più aggressiva nell’aumentare i tassi di interesse mentre la BCE, che si trova anch’essa ad affrontare un’elevata inflazione nell’Eurozona, è stata molto più riluttante ad attuare un rialzo, poiché la sua economia deve fronteggiare sfide ancora maggiori”.
Cosa faranno gli investitori per superare l’inverno
Cosa faranno in questo contesto gli investitori?
“Considerando l’interdipendenza delle filiere globali – spiega il gestore di M&G (Lux) Climate Solutions Fund- è complicato determinare quali saranno le aziende più colpite. A seguito della decisione dei governi di dare precedenza energetica alle famiglie e ai servizi pubblici prioritari, parte della produzione industriale potrebbe restare ferma durante il periodo invernale, tuttavia è probabile che la situazione si limiti soltanto a un inverno. Investendo in aziende coinvolte direttamente dai tagli energetici, l’aspetto cruciale è assicurarsi che abbiano bilanci solidi per superare questo periodo, in cui osserveremo probabilmente costi elevati e ricavi ridotti“.
“Il produttore europeo di velivoli, Airbus – sottolinea Somel – ne è un esempio: costruisce la fusoliera dei suoi aerei in Francia e Germania mentre produce le ali nel Regno Unito ed è un notevole utilizzatore di energia. Nonostante le interruzioni di energia possano causare dei rallentamenti di produzione all’azienda, il suo arretrato di oltre 6.200 ordini indica che gli investitori probabilmente guarderanno oltre questo periodo di incertezza. Airbus possiede anche un bilancio in salute con una posizione finanziaria netta, che le dà sufficiente liquidità”.
Detto questo, “non saranno però soltanto le aziende a percepire disagi. I consumatori di tutta Europa avvertiranno probabilmente questo peso sia sulle bollette energetiche in aumento sia sui prezzi crescenti. Nonostante alcuni consumatori saranno colpiti più duramente, anche quelli in nazioni meno dipendenti dal gas russo sentiranno queste pressioni, per via di come funziona la rete europea. Lo si può già osservare nei prezzi attuali dell’energia, ad esempio nel Regno Unito”.
Guardando alla primavera
“La Germania ha iniziato la costruzione di quattro terminal galleggianti per importare gas liquefatto e due siti permanenti su terraferma – ricorda ancora il gestore di M&G Investments – Il ministro dell’economia tedesco spera che due dei quattro siti galleggianti possano essere operativi prima della fine dell’anno. Sono stati firmati contratti con il Qatar, l’Azerbaijan, il Canada e gli USA per consegne di gas naturale liquefatto (LNG). Resta da vedere quanto rapidamente possa essere messa in opera l’infrastruttura per cominciare a ricevere le consegne. Italia, Francia, Grecia, Olanda e Polonia stanno anch’esse costruendo nuovi impianti LNG per compensare i flussi limitati di gas dalla Russia. Malgrado quest’inverno sarà probabilmente difficile per i consumatori, così come per le industrie in tutta Europa, tra un anno esatto dovremmo essere in una posizione molto migliore, poiché le importazioni di energia non saranno così concentrate da un solo produttore e l’infrastruttura che consentirà di avere una maggiore flessibilità sarà operativa”.
I vincitori di lungo termine saranno le aziende che possono beneficiare del piano della Commissione Europea RePowerEU.
“Il piano aiuterà a promuovere la sicurezza energetica e stimolerà il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione dell’Unione – conclude Somel – Nonostante l’UE avesse già in essere un piano di decarbonizzazione, questi traguardi saranno anticipati a causa dell’immediatezza creata dall’invasione russa dell’Ucraina. Come parte del piano di diversificazione delle fonti energetiche, l’UE propone di aumentare al 45% l’obiettivo di energia pulita per il 2030 dall’attuale 40%. Inoltre, metterà a disposizione un capitale fino a 210 miliardi di euro oltre a un piano per ridurre la burocrazia, in modo da portare a termine molto più rapidamente i progetti nel solare e nell’eolico. Tutto questo favorirà dunque le utility che si concentrano sull’energia rinnovabile e le aziende che forniscono strumentazione e attrezzature per le centrali solari o le pale eoliche”.