Crisi gas ed eventuale stop forniture Russia, ecco i vari scenari di razionamento dei consumi
Dovrebbe tornare in funzione sabato il gasdotto Nord Stream chiuso per manutenzione straordinaria. Come accaduto con la manutenzione annuale di luglio, crescono però i timori che Mosca possa utilizzare il pretesto per chiuderlo definitivamente.
Nel frattempo, l’Europa è alla spasmodica ricerca di una soluzione. Tra una settimana un Consiglio europeo straordinario deciderà se imporre o meno un tetto al prezzo del gas utilizzato per produrre elettricità.
La chiusura di Nord Stream significa che all’Europa verrebbe a mancare un ulteriore 5% di gas russo che, equivalente a 8-10 miliardi di metri cubi di gas l’anno (Gmc/a). Volumi importanti, se si considera che l’UE ha quasi esaurito modi semplici per procurarsene di alternativi. Ma da confrontare con i 105 Gmc/a già persi con i precedenti tagli russi.
Delinea un quadro in chiaroscuro Algebris, secondo cui l’Italia parte da una posizione più favorevole in termini di dipendenza dalla Russia riguardo al gas.
uttavia, il consumo di gas è diminuito di appena il 2% nei primi 6 mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021. A questo ritmo di consumi, l’Italia resterebbe senza gas entro la primavera 2023, perfino se la Russia continuasse a inviare il 10% dei flussi. Ma sebbene i dati di fine estate non ancora disponibili possano delineare un quadro più rassicurante, sulla base dei dati osservati finora l’Italia necessiterebbe di un significativo aumento dei risparmi energetici per far fronte a uno scenario di taglio totale dei flussi di gas russo.
La correzione della domanda richiesta per l’Italia sarebbe molto più contenuta rispetto ad esempio a quella necessaria in Germania in termini assoluti, ma ammonterebbe comunque a più del doppio di quanto osservato finora il consumo di gas da parte della Germania è già diminuito in media del 15% nei primi 6 mesi dell’anno rispetto al 2021. Se continuerà a risparmiare energia a questo ritmo, la Germania disporrà di gas a sufficienza per sopportare un eventuale scenario di taglio completo dei flussi di gas russo e lo stoccaggio rimarrebbe in territorio positivo nell’ipotesi che la Russia continui a inviare circa il 10% dei flussi.
Come mai queste differenze di risparmio energetico? Un chiaro motivo risiede nella percentuale di gas utilizzato per la produzione di energia elettrica rispetto al consumo totale di gas, che risulta più elevata in Italia (circa 35%) rispetto alla Germania (circa 15%) e che costituisce un’area in cui la sostituzione può rivelarsi particolarmente problematica nel breve periodo. Tuttavia, spiega Algebris, il consumo di gas per la produzione di energia elettrica è diminuito del 3% in Germania nei primi 6 mesi dell’anno rispetto alla media per lo stesso periodo del 2019-21. In Italia, la stessa misura è aumentata del 9%.
Escludendo la componente della produzione di energia elettrica, la discrepanza è ancora notevole: il consumo di gas è diminuito del 10% in Germania durante i primi 6 mesi dell’anno rispetto alla media dello stesso periodo del 2019-21, mentre in Italia la stessa misura è diminuita solo del 3%. “Se da un lato questo dato rispecchia indubbiamente una crescita economica più sostenuta in Italia rispetto alla Germania nello stesso periodo, dall’altro anche la politica conta. Finora il governo italiano si è concentrato maggiormente sul proteggere i consumatori dall’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia piuttosto che sull’incentivare il risparmio energetico a livello sistemico”, argomenta Algebris. L’Italia ha speso il 2,8% del PIL in poco meno di un anno (uno dei tre maggiori interventi nell’UE) per misure finalizzate a ridurre l’impatto dei prezzi sui consumatori. Sebbene alcune agevolazioni siano necessarie per proteggere i più bisognosi, gli interventi non mirati hanno il rovescio della medaglia di ridurre gli incentivi al risparmio energetico o alla sostituzione del gas.
In Germania invece risparmi e sostituzioni sono all’ordine del giorno. La casa automobilistica Audi, per esempio, ha dichiarato di poter sostituire il 20% del suo consumo di gas a breve termine, e che solamente il 10% del gas che utilizza non è sostituibile. Il gigante del settore chimico BASF ha indicato che può sostituire il 15% del gas usato per riscaldamento e vapore con l’uso del petrolio, e può rimpiazzare il gas utilizzato per la produzione di ammoniaca importandola. L’acciaieria Arcelor Mittal inoltre ha detto di poter ridurre il consumo di gas passando all’importazione di pezzi di metallo.