Wall Street rivaluta rimonta storica, occhio a dati macro. Rally JP Morgan, Citi e Wells Fargo post trimestrali
Wall Street incerta dopo la rimonta storica della vigilia, quando ha chiuso in forte rally dopo il tonfo successivo alla pubblicazione del dato sull’inflazione Usa relativo all’indice dei prezzi al consumo. L’indice S&P 500 ha oscillato in particolare durante la sessione di ieri all’interno della forchetta di trading più ampia dal marzo del 2020, mentre il Dow Jones è rimbalzato di oltre 1.300 punti dai minimi intraday testati nelle ore precedenti.
L’incredibile recupero di Wall Street è stato il quinto più forte della storia dello S&P 500 e il quarto più sostenuto per il Nasdaq, secondo i dati di SentimenTrader riportati dalla Cnbc.
Il Dow Jones ha chiuso così in rally di 827,87 punti (+2,83%), a 30.038,72 punti, dopo essere scivolato di più di 500 punti durante le contrattazioni; lo S&P 500 è balzato del 2,60% a 3.669,91, interrompendo una scia negativa che durava da sei sedute, mentre il Nasdaq Composite ha guadagnato il 2,23% a quota 10.649,15.
Oggi, dopo un avvio al rialzo, alle 16 circa ora italiana il Dow Jones sale dello 0,10% circa; lo S&P 500 accelera al ribasso perdendo lo 0,52% circa mentre il Nasdaq Composite cede lo 0,90%.
Oggi appuntamento cruciale con la stagione delle trimestrali Usa.
Hanno diffuso i conti relativi al terzo trimestre dell’anno i colossi bancari JPMorgan Chase, Wells Fargo, Morgan Stanley e Citigroup.
Dai risultati, è emerso il doppio effetto sui bilanci delle banche Usa delle strette monetarie che la Fed sta varando per affossare l’inflazione galoppante.
Da un lato, le banche hanno assistito in generale a un miglioramento della redditività, confermato da corposi rialzi del margine netto di interesse.
Dall’altro lato, la paura di una recessione e dunque della maggiore difficoltà di famiglie e imprese a onorare il rimborso dei crediti ricevuti, si è tradotta in un aumento degli accantonamenti, per far fronte al rischio di una crescita dei crediti deteriorati-NPL.
I titoli delle banche reagiscono comunque per ora in modo positivo alla pubblicazione delle trimestrali: JP Morgan balza di oltre il 4% dopo aver battuto le attese sul fronte degli utili e del fatturato; molto bene anche Wells Fargo, con un rally del 5%; Citigroup avanza di oltre il 3%. Eccezione negativa Morgan Stanley, che cede quasi il 3%, dopo aver concluso il terzo trimestre con utili e un fatturato peggiori delle attese.
Dal fronte macroeconomico, diffuso il dato relativo alle vendite al dettaglio Usa di settembre, che si è confermato piatto, su base mensile, dopo essere salito dello 0,4% ad agosto, e rispetto al +0,2% atteso dal consensus. Escluse le vendite di auto, il dato è salito dello 0,1%, meglio del -0,1% stimato. Solido il trend su base annua, pari a un balzo dell’8,2%, comunque in rallentamento rispetto al balzo +9,4%.
Reso noto anche l’indice della fiducia dei consumatori stilato dall’Università di Michigan, migliorato da 58,6 a 59,8, meglio dei 59 punti attesi.
Tornando alla rimonta storica di Wall Street Adam Sarhan, fondatore e ceo di 50 Park Investments, ha spiegato l’incredibile recupero di ieri con il fatto che Wall Street versava in una condizione di ipervenduto.
“Dopo il forte ribasso (delle sedute precedenti), ha spiegato, è normale che il mercato vada giù, si muova al rialzo, testi un nuovo massimo, e poi scenda di nuovo”.
A suo avviso, il trend della borsa Usa è stato il risultato di una combinazione di operazioni di short-covering e di ingresso di investitori value.
Detto questo, secondo Sarhan, il recupero storico di Wall Street non cambia il fatto che la borsa Usa stia attraversando una fase di mercato orso.
“Sembra che gli investitori che puntano sull’azionario abbiano deciso che il dato sull’inflazione Usa non neghi le aspettative di forti cali dei prezzi, andando in avanti”, ha commentato in una nota riportata dalla Cnbc Rodrigo Catril, strategist del mercato del forex presso National Australia Bank. Anche Catril ha spiegato il rally con le operazioni di short-covering.
Gli iniziali sell off che si sono abbattuti sugli indici sono stati scatenati dalla pubblicazione, prima dell’inizio della sessione, dell’indice dei prezzi al consumo CPI, relativo al mese di settembre.
L’accelerazione dell’inflazione core su base annua, in particolare, ha portato i mercati a paventare nuovi rialzi dei tassi anti-inflazione da parte della Federal Reserve di Jerome Powell.
Dopo la diffusione del dato relativo all’inflazione i mercati hanno prezzato di fatto l’arrivo di una quarta stretta monetaria da parte della Fed di 75 punti base, nel prossimo meeting del 1-2 novembre, con una probabilità del 98%. Aumentata al 62% la probabilità anche di un quinto rialzo dei tassi consecutivo di 75 punti base.
I trader ora stanno scommettendo su una carrellata di strette monetarie da parte di Powell & Co che porterà i tassi ad avvicinarsi al 5%, prima che la banca centrale ponga fine ai rialzi, nella primavera del 2023. Le aspettative sono su tassi sui fed funds in crescita fino al 4,9% entro il prossimo aprile, rispetto al 4,65% prezzato l’altroieri.
Tornando al dato, nel mese di settembre l’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti è salito su base mensile dello 0,4%, il doppio rispetto alle attese, accelerando il passo rispetto al +0,1% precedente. La componente core – depurata dai prezzi dei beni energetici ed alimentari – è balzata dello 0,6% su base mensile, oltre il +0,5% stimato e come nel mese di settembre.
Su base annua l’inflazione misurata dall’indice CPI è balzata dell’8,2%, rallentando il passo rispetto alla crescita dell’8,5% del mese precedente, ma salendo a un ritmo superiore al +8,1% atteso.
L’inflazione core ha accelerato inoltre il passo, dal +6,3% di agosto al +6,5%, in linea con le attese. E’ il 28esimo mese consecutivo che l’indice CPI core sale, approdando ora al record dall’agosto del 1982.
Le aspettative di una Fed più hawkish mettono sotto pressione ancora l’euro, che sul dollaro Usa scende dello 0,47%, attorno a $0,9727.
Rallentano la corsa i tassi dei Treasuries Usa, dopo l’impennata di ieri, che ha riportato i tassi a 10 anni oltre la soglia del 4% e i rendimenti dei titoli di stato Usa a due anni al 4,5% per la prima volta dal 2007. Oggi i tassi decennali sono in lieve rialzo al 3,963% e i tassi a due anni in calo al 4,426%.