UK: il neo ministro Jeremy Hunt suona il requiem per misure spendi e spandi di Liz Truss. Gilt e sterlina brindano all’annuncio
Realtà dei fatti, confermata per l’ennesima volta dal Regno Unito di Liz Truss, dove tutti i riflettori sono puntati sul discorso del neo ministro delle Finanze, Cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt: i mercati bocciano senza pietà gli annunci dei maxi tagli alle tasse, mentre brindano alla disciplina fiscale. Subentrato a Kwasi Kwarteng – licenziato dalla prima ministra Liz Truss lo scorso venerdì dopo l’imbarazzante piano di tagli alle tasse annunciato settimane fa -, Jeremy Hunt ha optato per un annuncio brusco di una misura altrettanto drastica: quella volta ad azzerare praticamente quasi tutte le misure che il governo di Liz Truss aveva sbandierato con grande orgoglio nei giorni successivi al suo insediamento.
Il debito si paga, e quando i mercati fiutano misure che rischiano di creare più deficit e debito in modo insostenibile, non ci mettono molto a punire i diretti interessati.
Hunt ha reso nota l’intenzione di ritirare quasi tutti quei provvedimenti: a essere salvate, saranno l’abolizione pianificata dell’imposta sull’assistenza sanitaria e sociale e la modifica dell’imposta di bollo.
Ma molte promesse spendi e spandi del governo Truss, annunciate tre settimane fa, sono state cancellate.
E’ stata dunque ritirata la proposta di tagliare l’aliquota più bassa dell’imposta sul reddito che, secondo i piani iniziali di Truss e dell’ormai ex ministro Kwarteng, sarebbe stata abbassata dal 20% al 19% a partire dall’aprile del 2023; così come è stata cancellata la proposta di tagliare le tasse sui dividendi.
Tra le altre misure, ritirate anche quella volta a introdurre uno schema per permettere ai turisti non britannici di fare shopping tax free, e l’altra che puntava a eliminare il tetto fissato nel 2008 sui bonus di banchieri e top manager.
Non si procederà più, inoltre, al congelamento delle accise sull’alcol, altra promessa che il governo Truss avrebbe voluto concretizzare per un anno, a partire dal primo febbraio del 2023. E invece no. In queste ultime settimane, diversi sono stati i parallelismi tra il governo di Liz Truss e quello nascente di Giorgia Meloni.
Il paragone si è accentuato soprattutto dopo gli alert lanciati dai cosiddetti guardiani dello spread: le agenzie di rating, che non hanno certo risparmiato moniti e avvertimenti vari al Regno Unito e all’Italia post elezioni politiche. Sbanderiando sempre il solito diktat: quello, appunto, della disciplina fiscale.
Immediata la reazione dei mercati al discorso virtuoso, così come potrebbe essere definito, di Jeremy Hunt:
la sterlina ha brindato all’annuncio schizzando di oltre l’1% nei confronti del dollaro, balzando a $1,1288 circa.
I buy scatenati sui titoli di stato UK – Gilts – hanno fatto scivolare i tassi trentennali di quasi 40 punti base: un tonfo tra i più sostenuti della storia del Regno Unito.
Jeremy Hunt ha annunciato anche un altro dietrofront: quello sulle misure a sostegno delle famiglie e delle imprese che fanno fronte al dramma del caro energia e del caro bollette. Quelle misure di aiuto, ha precisato il neo Ministro delle Finanze, avranno una durata di appena sei mesi, e non di due anni, così come aveva annunciato Kwarteng. Hunt ha spiegato quest’ultima decisione con il principio secondo cui non sarebbe responsabile da parte del governo esporre le finanze pubbliche alla volatilità illimitata dei prezzi del gas.
L’abolizione di tutte queste misure, ha precisato il nuovo cancelliere dello Scacchiere UK, unita alla già annunciata cancellazione della misura pro-ricchi – quella iniziale che aveva fatto gridare allo scandalo, ovvero l’abolizione dell’aliquota più alta dell’imposta sul reddito dal 45% al 40% per chi percepisce più di 150.000 sterline – permetterà al governo di risparmiare 32 miliardi di sterline l’anno.
Il ministro ha iniziato il suo discorso affermando che è responsabilità di ogni governo fare tutto quello che è necessario per garantire la stabilità economica.
E di stabilità economica e finanziaria di certo non ce n’è stata, nell’arco di queste ultime tre settimane convulse, nel Regno Unito, e proprio a causa dell’annuncio shock sulla sforbiciata alle tasse più imponente degli ultimi decenni in UK, che aveva scatenato l’ira dei sindacati UK: “un regalo ai ricchi e alle grandi imprese”, avevano tuonato. L’effetto dell’annuncio di Kwasi Kwarteng, sui mercati finanziari, e non solo UK, era stato immediato:
il mini-budget aveva provocato subito il crollo della sterlina e dei Gilt.
Imponente il fuggi fuggi degli investitori globali dai bond UK, a conferma di come l’ansia di fare deficit e debito si traduca in un crollo della fiducia verso i titoli di stato, stracciandone il valore, a fronte di una impennata dei tassi (che rende per il governo di riferimento più onerosa la spesa per gli interessi).
A cadere era stato anche l’euro, allontanandosi ulteriormente dalla parità sul dollaro.
Il panico tassi aveva finito per contagiare anche Wall Street e i Treasuries: un vero e proprio disastro, che la banca centrale del Regno Unito era riuscita dopo qualche giorno a tamponare con un intervento sui mercati, fermando così il massacro sui bond gilt .
Ma non tutto il lavoro poteva ricadere sulle spalle della banca centrale: di conseguenza, nei giorni successivi il governo di Liz Truss è stato costretto a fare marcia indietro, chiedendo alla fine la testa di Kwasi Kwarteng, a cui, alla fine è stato dato un imbarazzante benservito.
D’altronde, è tutta una questione di fiducia, come ha commentato al Guardian Dermot O’Leary, chief economist della banca di investimenti Goodbody:
“L’annuncio di emergenza del cancelliere dovrebbe aiutare a ripristinare quella fiducia nei mercati (UK) di cui c’è così tanto bisogno, dopo la volatilità straordinaria delle ultime due settimane. Queste misure sono state concepite per fronteggiare qualsiasi turbolenza dovesse manifestarsi sui mercati e, anche, per rimarcare la credibilità verso la competenza economica e la responsabilità fiscale del governo”.
O’Leary ha fatto notare che “avevamo già assistito (prima del discorso di Jeremy Hunt) al rafforzamento della sterlina e al rialzo della borsa di Londra, visto che i mercati avevano anticipato ulteriori dietrofront” rispetto al piano originale di Liz Truss”.
Indicativo il commento di Ryan Shorthouse, numero uno del think tank conservatore Bright Blue che, stando a quanto reso noto dal Guardian, ha ricordato che “la disciplina fiscale non è più secondaria alla crescita”. Aggiungendo che “il governo conservatore sta prendendo le distanze dal breve flirt con i principi di Keynes”.
E sentenziando che “il Trussonomics è stato soppresso. Torna il Cameronism”.