Smart working: lavoratori vs imprese, ecco chi ci guadagna di più
Lo smart working permette alle aziende di risparmiare fino a 500 euro a postazione. A fronte di questo beneficio diretto, sono pochi i datori di lavoro che offrono delle forme di compensazione ai propri dipendenti per le spese sostenute in casa. Solo il 13% delle aziende prevede dei benefit per i propri lavoratori. La Pubblica Amministrazione, invece, avrebbe allo studio una sorta di indennità forfettaria, che andrà a sostituire i buoni pasto e gli straordinari.
In questo momento in cui i costi energetici stanno aumentando, il lavoro agile è diventato sinonimo di risparmio. Stando ad un’analisi condotta dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, una qualsiasi azienda che preveda almeno due giorni della settimana di lavoro remoto, può arrivare a risparmiare fino a 500 euro a postazione. Un obiettivo di risparmio raggiungibile nel momento in cui si potesse prevedere di isolare le aree inutilizzate e tagliare, in questo modo, i consumi.
Ben diversa sarebbe la situazione, nel caso in cui si dovesse optare per una totale e completa riorganizzazione degli spazi. Secondo Matilde Marandola, presidente dell’Aidp, Associazione dei direttori del personale, si potrebbe arrivare a tagliare fino al 30% dei costi, grazie alla rotazione dei colleghi in presenza. In questo caso il risparmio potrebbe arrivare a 2.500 euro ogni anno.
Smart working, dalla parte dei lavoratori
Più complessa la situazione se la si guarda dal punto di vista del lavoratore. Lo smart working potrebbe anche essere visto come una soluzione per scaricare sulle spalle del dipendente i costi dell’energia elettrica. Il lavoro agile continua, però, a riscuotere un buon successo anche tra i lavoratori italiani. E permette loro di risparmiare qualcosa come 600 euro l’anno.
L’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ha messo in evidenza che, per i dipendenti, i vantaggi economici del lavoro agile continuano a rimanere, anche se il costo dell’energia ne ha limitato in parte i vantaggi economici. La ricerca aveva stimato in 1.000 euro i risparmi medi in un anno per il lavoratore che svolge da casa la propria attività per due giorni a settimana. Questo risparmio, però, viene ridotto drasticamente (di 400 euro circa) se si considerano i maggiori costi delle bollette.
Un aiuto dalle imprese
Per il momento sono ancora poche le imprese che partecipano, almeno in parte, ai costi aggiuntivi che i lavoratori devono sostenere con le bollette. Solo il 13% ha adottato qualche forma di supporto. Il buono pasto continua ad essere il benefit più diffuso, ma mancano altri tipi di incentivi. Il rimborso Internet è stato adottato solo e soltanto dal 4% delle imprese. Il bonus sulle utenze o la fornitura di polizze integrative si sono fermati al 2%.
Le aziende hanno degli strumenti, per andare incontro ai propri dipendenti in smart working. Il Governo Draghi, attraverso il Decreto Aiuti bis, aveva portato a 600 euro la soglia di fringe benefit esentasse. Ma soprattutto aveva allargato la platea di quanti potessero beneficiare del rimborso delle utenze. Palazzo Chigi sembrerebbe intenzionato a confermare queste misure: il premier Giorgia Meloni si è impegnata ad innalzare la soglia dell’esenzione e a potenziare il welfare aziendale.
Nel complesso lo Smart Working comporta una generale riduzione dei costi sia per i lavoratori sia per le aziende che lo adottano – spiega Fiorella Crespi, Direttrice dell’Osservatorio Smart Working -. In questo momento di grave tensione su costi energetici e inflazione, questo risparmio potrebbe essere impiegato per fronteggiare la crisi e sostenere la redditività aziendale e il potere d’acquisto dei lavoratori. Le organizzazioni potrebbero valutare di restituire ai lavoratori una parte del risparmio ottenuto, ma nella nostra rilevazione oggi solo il 13% delle aziende del campione prevede per i lavoratori che lavorano da remoto dei bonus o rimborsi che non siano buoni pasto.