Busta paga e fringe benefit, ecco cosa cambierà con la Meloni
Il progetto è molto semplice: meno tasse per le imprese ed una busta paga più corposa per i lavoratori. È questa, in estrema sintesi, la strada che vuole percorrere il governo guidato da Giorgia Meloni. Per i lavoratori italiani sono in arrivo alcune importanti novità, che andranno ad incidere direttamente sul loro stipendio.
Per riuscire a far diventare la busta paga dei lavoratori leggermente più ricca, il nuovo esecutivo ha intenzione di ricorrere a due differenti misure: i fringe benefit, che altro non sono che i benefit aziendali, e l’accrescimento dei premi di produttività.
Fringe benefit in busta paga
I fringe benefit sono dei compensi non in denaro erogati ai dipendenti. Possono essere elargiti sotto forma di servizi e beni rilevanti, che risultano essere presenti direttamente nella busta paga del lavoratore. Uno dei fringe benefit per eccellenza è il buono pasto.
Per cercare di comprendere meglio come i fringe benefit possono incidere sullo stipendio, è sufficiente ricordare che il Decreto Aiuti Bis ha previsto l’innalzamento fino a 600 euro delle esenzioni dalle tasse di questi particolari compensi. Tra i fringe benefit esentasse in busta paga ci sono anche le spese per le utenze domestiche. Questa particolare agevolazione è cumulabile al bonus carburante.
Il governo Meloni, con ogni probabilità, potrebbe confermare i fringe benefit anche per il prossimo anno. Secondo alcune indiscrezioni, sembrerebbe che possa essere aumentato il tetto esentasse da 600 a 1.000 euro. Questa misura verrebbe a costare alle casse dell’Erario qualcosa come 100 milioni di euro, se venisse confermata la soglia attuale, 150 milioni di euro se la quota esentasse fosse portata a 1.000 euro.
Un occhio di riguardo ai premi di produttività
Per quanto riguarda i premi di produttività direttamente in busta paga, è l’Agenzia delle Entrate a dettare le regole del gioco. Attualmente, questi incentivi vengono tassati attraverso una cedolare secca pari al 10% fino a 3.000 euro l’anno, nel caso in cui il reddito complessivo rimanga inferiore a 80.000 euro.
I premi di produttività vengono erogati, nella maggior parte dei casi, a quei dipendenti che hanno portato degli incrementi di produttività o di redditività. Possono anche essere convertiti in welfare aziendale: in questo caso saranno esentasse.
L’attuale governo, però, avrebbe allo studio l’ipotesi di dimezzare la tassazione: la cedolare secca potrebbe passare dal 10% al 5%. Questa misura avrà un costo particolarmente pesante per le casse dello Stato: si parla di un impegno economico che potrebbe attestarsi intorno ai 300 milioni di euro.
Tra le altre iniziative al vaglio del governo guidato da Giorgia Meloni c’è anche il taglio del cuneo fiscale. Per il momento l’ipotesi è quella di restare al 2%, ma l’obiettivo dichiarato del Presidente del Consiglio è quello di intervenire con una certa gradualità ed arrivare ad un taglio di almeno cinque punti, in modo da alleggerire il carico fiscale dei datori di lavoro e far sì che la busta paga dei dipendenti sia più alta.
Perché in Italia i salari sono così bassi? Perché la tassazione è al 46,5% e se non partiamo dal taglio del cuneo fiscale i salari saranno comunque bassi – ha affermato Giorgia Meloni -. Il nostro obiettivo è arrivare progressivamente a un taglio del cuneo fiscale di almeno 5 punti, due terzi lato lavoratore un terzo lato azienda, per i redditi più bassi fino a 35.000 euro: chiaramente è una misura che ha un costo rilevante ma ci prendiamo questo impegno che è di medio termine. Credo che quello sia l’unico modo efficace per affrontare questa materia.