Riforma pensioni, si fa largo l’ipotesi Quota 41
Il Governo sta lavorando sulle pensioni, tanto che, adesso come adesso, è possibile affermare che la riforma previdenziale sta prendendo una propria fisionomia. A tratteggiare quello che potrebbe avvenire nel corso dei prossimi mesi ci ha pensato Marina Calderone, Ministro del Lavoro, la quale ritiene che 41 anni di contribuzioni possa essere considerato un criterio di riferimento per andare in quiescenza. Anche se, per il momento, è ancora troppo presto per poter anticipare con quali condizionalità.
A questo punto sembra delineata la strada per la riforma delle pensioni, che potrebbe virare decisamente verso Quota 41. Anche se questa potrebbe non essere l’unica soluzione allo studio.
Riforma delle pensioni: si parte da Quota 41
La proposta lanciata da Marina Calderone prevede l’uscita dal mondo del lavoro una volta maturati 41 anni di contributi. Per il momento deve ancora essere decisa l’età esatta. Tra le ipotesi che stanno circolando ci sarebbe l’idea di permettere di andare in pensione a 61 o 62 anni: a caldeggiare per questa soluzione sarebbe la Lega guidata da Matteo Salvini, che punterebbe ad introdurre una sorta di Quota 102 bis. Che diventerebbe Quota 103 se la soluzione fosse di andare in pensione a 62 anni con 41 di contributi.
Sostanzialmente, comunque, questa non sarebbe l’unica opzione allo studio del Governo. La Calderone ha rilevato che alcune misure, che sono in vigore quest’anno, verranno mantenute anche nel 2023: tra queste ci sarà anche Opzione Donna e l’Ape Sociale.
Altre soluzioni allo studio
Destinato alle lavoratrici, Opzione Donna permette di andare in pensione al raggiungimento dei 58 anni per le dipendenti e dei 59 anni per le autonome. Possono sfruttare questa possibilità le lavoratrici iscritte all’Inps, ma non quelle che fanno capo alla Gestione Separata. Su questa misura una domanda rimane aperta: al momento ci si interroga se la norma rimarrà completamente immutata, o se saranno aumentati i requisiti di età di un anno (portando l’età per andare in pensione a 59 e 60 anni).
Grazie all’Ape Sociale potranno andare in pensione i lavoratori dipendenti – sia del pubblico che del privato – e i lavoratori autonomi. Per poter accedere a questa misura i diretti interessati devono aver compiuto almeno 63 anni e aver maturato 30 o 36 anni di contributi. Possono accedere all’Ape Sociale quanti stanno svolgendo dei lavori considerati gravosi, siano invalidi civili per almeno il 75%. Possono andare in pensione sfruttando questa misura anche i caregiver (le persone che si prendono cura di disabili o anziani) e i disoccupati.
Pensioni, quali sono i costi di queste misure
Quando si parla di riforma delle pensioni, non si può non parlare di costi. La riforma previdenziale dipenderà in gran parte delle risorse disponibili: più è bassa l’età per andare in quiescenza, maggiori saranno le spese a carico dello Stato. Tra le ipotesi che stanno circolando vi è quella di una spesa complessiva di almeno 5 miliardi di euro, ma per il momento su questo argomento c’è il massimo riserbo.
Nella nuova manovra, tra l’altro, è previsto un vero e proprio bonus per quanti decidano di andare in pensione dopo i 63 anni. Questa misura è rivolta principalmente agli impiegati pubblici.
Particolarmente soddisfatte da queste ipotesi sono le parti sociali.
Nel primo incontro con il ministro abbiamo presentato alcune priorità che coincidono con quelle che abbiamo individuato noi dell’Ugl – ha spiegato Francesco Paolo Capone, presidente Ugl -. Sono necessari interventi sulla parte previdenziale abbiamo proposto quota 41, chiesto il rinnovo di opzione donna e di ape social. Abbiamo individuato la necessità di adeguare le retribuzioni dei lavoratori attraverso il taglio del cuneo fiscale.