Gen Z promuove lo smart working: più relazioni e maggior apprendimento lavorando a casa
Esploso con la pandemia, lo smart working divide oggi il mondo del lavoro tra chi è favorevole e chi è contrario. Tante le indagini svolte e una recente, elaborata dal King’s College di Londra ha dimostrato che il 40% dei giovani di età compresa tra i 16 e i 24 anni con un posto di lavoro nella capitale britannica trova più facile offrirsi come volontario per compiti chiave e fare domande quando si lavora a distanza. Al contrario, i loro colleghi più grandi sono più propensi a considerare lo smart working come un ostacolo all’apprendimento e al networking.
Il sondaggio ha rivelato un divario generazionale al centro del dibattito sul lavoro ibrido nel Regno Unito. Per sostenere il ritorno in ufficio i manager hanno regolarmente sostenuto che il lavoro di persona è fondamentale per imparare sul posto di lavoro, creare legami occasionali e fare carriera in ufficio. Ma i lavoratori più giovani, che dovrebbero essere i più interessati a sfruttare questi vantaggi, vedono le cose in modo diverso. Circa il 20% dei giovani lavoratori afferma che il lavoro a distanza aiuta effettivamente a creare legami con i colleghi.
Lo stato dell’arte in Italia
E in Italia? Nel 2022 il lavoro da remoto nel nostro paese continua a essere utilizzato in modo consistente, sebbene in misura minore rispetto allo scorso anno.
Questi sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano secondo cui i lavoratori da remoto oggi sono circa 3,6 milioni, quasi 500 mila in meno rispetto al 2021, con un calo in particolare nella PA e nelle PMI, mentre si rileva una leggera ma costante crescita nelle grandi imprese che, con 1,84 milioni di lavoratori, contano circa metà degli smart worker complessivi. Per il prossimo anno si prevede un lieve aumento fino a 3,63 milioni, grazie al consolidamento dei modelli di Smart Working nelle grandi imprese e a un’ipotesi di incremento nel settore pubblico. L’applicazione dello Smart Working permette anche di ottenere benefici a livello ambientale riducendo le emissioni di CO2 di circa 450 Kg annui per persona. Questo è il risultato di tre componenti su base annua: la riduzione degli spostamenti, che permette il risparmio di 350 Kg di CO2, le emissioni risparmiate nelle sedi delle organizzazioni che hanno introdotto lo Smart Working (pari a circa 400 Kg di CO2) al netto delle emissioni addizionali dovute al lavoro dalla propria abitazione (in media circa 300 Kg di CO2). Considerando il numero degli smart worker attuali pari a 3.570.000 di lavoratori, l’impatto a livello di sistema Paese calcolate sarebbe pari a 1.500.000 Ton annue di CO2. Tale quantità è pari a quella assorbita da una superficie boschiva di estensione pari a circa 8 volte quella del comune di Milano.