Mercati assediati da ansia tassi. Wall Street crolla post Fed-Bce, borsa Tokyo -1,9%. Occhio ai futures Usa
La determinazione delle banche centrali ad andare avanti nella loro lotta contro l’inflazione No Matter What, come hanno confermato di voler fare la Fed, la Bce e la Bank of England, riporta sui mercati il timore di una recessione globale.
Il mix Fed-Bce-BoE più hawkish e il dato deludente relativo alle vendite al dettaglio degli Stati Uniti, comunicato nella sessione di ieri, ha affossato Wall Street.
Il Dow Jone è crollato di 764,13 punti, -2,25%, riportando la peggiore performance in un giorno dal mese di settembre.
Lo S&P 500 e il Nasdaq Composite sono scesi rispettivamente del 2,49% e del 3,23%.
Ieri la Bce ha annunciato l’atteso aumento di 50 punti base dei tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, dei tassi sulle operazioni di rifinanziamento marginale e dei tassi sui depositi presso la banca centrale, portandoli rispettivamente al 2,50%, al 2,75% e al 2,00%, con effetto dal 21 dicembre 2022.
La mossa era ampiamente attesa. I fattori che hanno innescato le vendite sono stati l’annuncio del QT-Quantitative Tightening, che avrà inizio nel marzo del 2023, e la determinazione della Bce a continuare ad alzare i tassi “in modo significativo”, a fronte di una inflazione dell’area euro che rimane per Christine Lagarde ancora “troppo alta”.
Poche ore prima, la Fed di Jerome Powell aveva annunciato anch’essa una stretta di 50 punti base, al nuovo range tra il 4,25% e il 4,5%, record degli ultimi 15 anni: anche questo era stato prezzato dai mercati.
Ciò che i mercati non avevano messo in conto era il fatto che il dot-plot avrebbe indicato l’intenzione della banca centrale Usa di non tagliare i tassi almeno fino al 2024.
Non solo: sempre dal dot plot della Fed è emerso che le stime sul tasso terminale Usa sono state riviste al rialzo al 5,1%.
Dal canto suo, anche la Bank of England BOE ha alzato i tassi UK di 50 punti base, portandoli a salire al 3,5%. La stretta monetaria è stata inferiore a quella di 75 punti base varata a novembre.
Così come hanno fatto la Fed e la Bce, la Bank of England ha alzato i tassi in modo meno aggressivo rispetto alle riunioni precedenti, confermando tuttavia la propria determinazione ad andare avanti nella lotta contro la fiammata dei prezzi, indicando l’intenzione di continuare a procedere “con forza, se necessario”, per far rientrare l’inflazione del Regno Unito.
Anche a costo di una recessione. Alla carrellata di annunci da parte delle banche centrali si è affiancata la pubblicazione, negli Stati Uniti, delle vendite al dettaglio di novembre, scese dello 0,6%, il doppio rispetto alla flessione dello 0,3% stimata dal consensus degli analisti intervistati da Dow Jones.
Su base annua, le vendite al dettaglio sono aumentate del 6,5%, a fronte di un tasso di inflazione che, come emerso qualche giorno fa, è pari su base annua al 7,1%.
I sell off si abbattono anche sulle borse asiatiche, anche se nel finale si assiste a un tentativo di ripresa.
La borsa di Hong Kong sale dello 0,35%. Giù invece Sidney -0,78%, Seoul -0,37%, Shanghai -0,23%, mentre l’indice azionario peggiore è il Nikkei 225 della borsa di Tokyo, che capitola dell’1,87%.
In premercato, dopo i forti smobilizzi della vigilia i futures Usa viaggiano poco al di sotto della parità.
Dal fronte macro del Giappone, è stato diramato l’indice Pmi manifatturiero stilato congiuntamente da Jibun Markit e S&P Global, sceso a 48,8 punti, rispetto ai 49 del dato finale di novembre, al minimo dall’ottobre del 2020, e in evidente fase di contrazione. E’ quanto emerge dalla lettura preliminare del dato.
La fase di contrazione è confermata dal fatto che il Pmi manifatturiero si è attestato (accelerando anche al ribasso) a un livello inferiore ai 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione – valori al di sotto – e di espansione – valori al di sopra.
“Le aziende manifatturiere hanno continuato ad arrancare, in un contesto di condizioni deboli della domanda e a fronte di forti pressioni inflazionistiche”, ha commentato S&P Global, nel commentare il dato.
Migliore il trend dell’indice Pmi servizi del Giappone, che ha accelerato la fase di espansione, salendo a 51,7 punti, rispetto ai 50,3 di novembre.