Mutuo, il variabile sorpassa il fisso. Cosa sta accadendo
Il 2023 si prospetta, senza dubbio, come un anno particolarmente complicato per le famiglie che hanno contratto un mutuo.
La Bce, nel corso del meeting di febbraio, ha deciso di alzare di altri 50 punti base i tassi ed ha annunciato che una misura simile sarà presa anche nel corso del mese di marzo.
Le aspettative sono che l’Euribor 3 mesi raggiunga la soglia del 3%, mentre oggi sono intorno al 2,57%, andandosi ad adeguare, in questo modo, al valore del tasso dei depositi della Bce dopo il meeting di marzo.
Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, però, quanti hanno sottoscritto un mutuo a tasso variabile possono sorridere, perché gli Euribor sono direttamente collegati al tasso sui depositi, che risulta essere di 50 punti percentuali più basso rispetto al tasso di rifinanziamento principale della Banca Centrale Europea, che è fermo al 3,5%.
Mutuo, le prossime mosse della Bce
Prima di decidere su ulteriori strette, la Banca Centrale Europea procederà con il valutare l’inflazione.
Secondo alcuni analisti, è previsto un aumento dei tassi fino al 3,4% entro la fine del 2023.
Le buone notizie, comunque, potrebbero arrivare già tra il prossimo anno ed il 2025, quando è prevista una discesa dell’inflazione sotto il 2,5%.
Sono ben 14 anni che gli Euribor non raggiungevano il 3%.
Da qualche settimana, inoltre, risultano essere più alti rispetto all’Eurirs 30 anni, che si sono attestati sul 2,37%.
Volendo fare il confronto tra un mutuo a tasso variabile ed un a tasso fisso, a parità di spread, il variabile può costare, in partenza, di più rispetto al fisso.
L’ultima volta che si è verificata questa situazione era il 2008.
Andando a dare un’occhiata a cosa accadde proprio nel 2008, è pensabile che anche nel 2023 i mutuatari possano scegliere il tasso variabile, sposando la logica mean reverting, che è molto in voga all’interno degli ambienti finanziari, secondo la quale prima poi i prezzi ed i tassi ritornano alla media.
Questa teoria, infatti, prevede, che se il variabile costa più del fisso, andando contro le regole del rapporto rischio/rendimento, il mercato inizia ad essere condizionato da chi gli va contro.
La maggior parte dei mutuatari sceglierà un tasso fisso al 4%, mentre altri continueranno a puntare sulla volatilità degli Euribor.
Le scelte delle famiglie
Cosa scelgono le famiglie: un mutuo a tasso fisso o uno a tasso variabile? A rispondere a questa domanda ci ha pensato Alessio Santarelli, amministratore delegato MutuiOnline, il quale ha spiegato che
“l’impennata dei tassi e la convergenza tra fisso e variabile ha compresso nel 2023 le richieste di mutui a tasso variabile che a gennaio rappresentavano solo il 13% del totale, un crollo rispetto al 60-70% del totale che vedevamo l’estate scorsa, sommando variabile puro e variabile con cap. Alcuni clienti, tuttavia, continuano a preferire il variabile, una scelta che a prima vista è più coraggiosa, ma che dal punto di vista finanziario nel lungo periodo può essere la più vincente, soprattutto se si guarda ai forward sull’euribor, alla curva dei tassi, alla retorica più morbida della Bce che potrebbe sembra segnalare la voglia di tornare al più presto ad essere più colomba che falco. Ovviamente i mutuatari variabili devono essere consapevoli della sostenibilità dei mutui che sottoscrivono e quindi ai rischi a cui si espongono se i tassi andassero a convergere verso i livelli americani rispetto alla certezza dello sposare un tasso fisso“.
Sicuramente una terza possibilità, più prudente, è rappresentata dal sottoscrivere, almeno inizialmente, un mutuo a tasso fisso e poi, nel caso in cui la situazione dovesse migliorare, effettuare una surroga e passare ad un mutuo a tasso variabile.