Bond At-1: ecco perché sono finiti nella bufera
Fino a qualche giorno fa i bond At-1 erano dei perfetti sconosciuti. Nell’arco di poche ore sono diventati dei protagonisti assoluti nella scena finanziaria internazionale.
I bond At-1, nelle operazioni di salvataggio di Credit Suisse, sono stati completamente azzerati per un valore di 16 miliardi di franchi svizzeri.
Il nome Bond At-1 è l’acronimo di bond additional tier 1. Questi bond costituiscono, a tutti gli effetti, una garanzia del capitale utilizzato principalmente dalle banche.
In altre parole costituiscono delle somme, che possono essere utilizzate ed attinte nel caso in cui ci sia una risoluzione dell’istituto.
Cosa sono i bond At-1
In estrema sintesi, cosa sono i bond At-1? Sono dei bond subordinati a carattere perpetuo.
Questo significa, in estrema sintesi, che non hanno una vera e propria scadenza, anche se, nella maggior parte dei casi, l’ente emittente si riserva la possibilità di poterli rimborsare.
Il prestatore, in altre parole, non potrà mai riceve indietro il proprio capitale, ma, in cambio, è ricompensato grazie a delle cedole invitanti.
Giusto per fare un esempio, un bond perpetuo emesso da Intesa Sanpaolo il 30 marzo 2022, permette di ottenere un rendimento annuo pari al 7%.
Dobbiamo mettere in evidenza, in questa sede, che il rendimento alto dei bond At-1 va ad incorporare il rischio che è intrinseco a questo tipo di titoli.
Le norme europee relative al bail in, infatti, prevedono che, nel caso in cui ci sia una risoluzione della banca, i primi ad essere intaccati siano gli azionisti.
Subito dopo arrivano i subordinati: a partire proprio da quanti detengono dei bond At-1.
Nel caso di Credit Suisse, il fatto che, per tutelare gli azionisti, siano stati azzerati prima gli obbligazionisti, ha spaventato sicuramente i mercati.
Una delle prime conseguenze di questa decisione è il fatto che è stata provocata una vera e propria sfiducia verso tutti i titoli di questo genere.
Ma soprattutto è stata innescata una certa diffidenza verso le società che potrebbero averli all’interno dei propri portafogli.
Davide Serra, fondatore e ceo di Algebris Investmens, ritiene che, sicuramente, Ubs ha fatto l’affare della propria vita.
Ma la Finma – che corrisponde alla Consob svizzera – ha certamente sorpreso con la propria decisione: ha, infatti, capovolto interamente le gerarchie nell’assorbimento del capitale.
Questa situazione non si è mai verificata in precedenza e risulta essere, a tutti gli effetti, un vero e proprio errore politico.
Giusto per avere un’idea di cosa stia accadendo in questo comparto, basti pensare che i bond perpetual di Intesa Sanpaolo sono passati da 81 a 73 centesimi, mentre quelli di Unicredit sono scesi da 90 a 87 centesimi.
In estrema sintesi, tutti hanno perso valore. Questo significa che se i detentori di questi titoli li dovessero vendere propria ora, dovrebbero mettere in conto una perdita maggiore del capitale investito.
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La situazione in Italia
Bankitalia ha riferito che, nel nostro paese, alla fine del 2021 circolavano qualcosa come 17,7 miliardi di euro in bond At-1.
Antonio Tognoli, responsabile delle analisi macro di Cfm Sim, ha spiegato che, nella maggior parte dei casi, si tratta di prodotti riservati ad investitori professionali ed istituzionali.
Secondo Tognoli siamo davanti a fondi di investimento o gestione, che, almeno in Europa, risultano essere soggetti a regole di sana e prudente gestione, che limitano gli investimenti in questi prodotti a percentuali basse.
I 16 miliardi di Credit Suisse, quindi, potrebbero essere finiti tuttavia nel portafoglio di un fondo in cui un risparmiatore ha investito. E non è certo una bella notizia, alla luce di quanto accaduto.