Istat, sommerso e illegale valgono 203 miliardi. UNC: dati non degni di un paese civile
Nel 2019 l’economia non osservata vale 203 miliardi di euro, pari all’11,3% del Pil e rispetto al 2018 si riduce di oltre 5 miliardi (-2,6%) confermando la tendenza in atto dal 2014. Così l’Istat che ricorda che l’economia non osservata è costituita dalle attività produttive di mercato che, per motivi diversi, sfuggono all’osservazione diretta ponendo particolari problemi di misurazione e comprende, essenzialmente, l’economia sommersa e quella illegale.
L’economia illegale include sia le attività di produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibite dalla legge, sia quelle che, pur essendo legali, sono svolte da operatori non autorizzati. Le attività illegali incluse nel Pil dei Paesi dell’Unione europea sono la produzione e il commercio di stupefacenti, i servizi di prostituzione e il contrabbando di sigarette. Nel 2019 il valore aggiunto generato dall’economia non osservata, ovvero dalla somma di economia sommersa e attività illegali, si è attestato a 202,9 miliardi di euro, con una flessione del 2,6% rispetto all’anno precedente (quando era di 208,2 miliardi di euro) in controtendenza rispetto all’andamento del valore aggiunto, cresciuto dell’1,3%. L’incidenza dell’economia non osservata sul Pil si è di conseguenza ridotta di 0,5 punti percentuali, portandosi all’11,3% dall’11,8% del 2018. Nel 2019, il complesso dell’economia sommersa vale 183,4 miliardi di euro, l’11,4% del valore aggiunto prodotto dal sistema economico, in calo di 5,5 miliardi rispetto all’anno precedente.
Il commento dell’Unc
Dati demoralizzanti, non degni di un Paese civile afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. Nel dettaglio, i progressi ottenuti contro l’evasione sono a dir poco deludenti. Quanto al lavoro nero, temiamo che le mille assunzione all’Ispettorato nazionale del lavoro previste nel Dl Fisco siano del tutto insufficienti sia a contrastare gli incidenti sul lavoro, una vergogna nazionale, sia la piaga sociale del lavoro nero”. “Bisogna cambiare le regole, creando un contrasto di interessi tra datore di lavoro e lavoratore. Fino a che il dipendente che denuncia di aver lavorato in nero rischia di essere perseguito come evasore e di dover pagare le tasse arretrate, non si andrà da nessuna parte e la battaglia sarà persa” prosegue Dona. “Anche i termini per contestare il licenziamento illegittimo, pari ad appena 60 giorni, sono assurdi per un lavoratore in nero che deve trovare le prove di essere stato un lavoratore di quell’azienda e di certo non facilitano l’emersione del fenomeno” aggiunge Dona.
Secondo i dati resi noti oggi, nel 2019 sono ancora 3 milioni e 586 mila le unità di lavoro irregolari, in calo di appena 57.000 rispetto all’anno precedente, -1,6%. Il valore aggiunto generato dal lavoro irregolare nel 2018 è pari a 78 mld e 34 mln, contro i 76 mld e 817 mln del 2019, ossia appena 1 mld e 217 mln in meno, con una flessione dell’1,56%. “Si tratta di un miglioramento sconfortante” conclude Dona.