Lo yuan prenderà il posto del dollaro? Il fattore Brasile di Lula
Yuan al posto del dollaro? La domanda dopo le parole di Lula
Lo yuan potrebbe diventare la nuova moneta attraverso la quale effettuare gli scambi internazionali.
Se per il momento questa non è una certezza, l’appello lanciato da Luiz Inácio Lula da Silva, presidente brasiliano, da Shanghai lo scorso 13 aprile, inizia ad aprire qualche porta. Ed è, sicuramente, un vero e proprio affondo alla supremazia monetaria del dollaro.
Il leader basiliano, tornato alla guida del proprio paese, ha intenzione di scrollarsi di dosso la politica isolazionista del predecessore Jair Bolsonaro.
La partita, che sta giocando, risulta essere dura, perché deve districarsi tra due superpotenze in rotta di collisione: Stati Uniti e Cina.
Lo yuan al posto del dollaro
Lula si è posto un obiettivo molto chiaro: riattivare la cooperazione politica ed economica con la Cina.
Non ha, però, intenzione di rinunciare al proprio rapporto con gli Stati Uniti.
Prima di sbarcare a Shanghai, Lula è stato a Washington, dove è riuscito ad ottenere da Joe Biden un pacchetto di investimenti nella catena di semiconduttori brasiliana.
L’assegno staccato dal presidente statunitense, però, non è stato in bianco: il provvedimento Usa, che porta in dote qualcosa come 52 miliardi di dollari per ridurre la dipendenza americana dai chip cinesi, impone una serie di restrizioni all’esportazione di chip ed apparecchiature per la loro produzione in Cina.
Questo significa, in estrema sintesi, che le imprese brasiliane, che beneficeranno del fondo statunitense, non avranno la possibilità di siglare degli accordi commerciali con Pechino, nel corso dei prossimi dieci anni.
Al Brasile, che in questa guerra fredda tecnologica non propende per nessuno dei due schieramenti, interessa rimanere al centro della competizione tra le due diverse potenze.
Se da un lato, infatti, ha necessità della spinta statunitense per sviluppare la propria produzione di semiconduttori, dall’altra parte non può fare a meno del gigante asiatico.
I Brics senza il dollaro
Lula ha acceso nuovamente i riflettori sui Brics – che sono costituiti da Brasile, India, Cina, Russia e Sudafrica – dopo una parentesi nella quale sembrava tramontato il progetto di un nuovo sistema globale multipolare.
È proprio in questo contesto che si spiega la trasferta del presidente brasiliano a Shanghai, dove ha incontrato il suo omologo cinese il 14 aprile, con il quale ha siglato 15 accordi bilaterali.
I rapporti tra Cina e Brasile sono forti:
il commercio bilaterale è cresciuto a dismisura nel corso dell’ultimo decennio, fino ad arrivare a 150,4 miliardi di dollari nel 2022.
La Cina acquista materie prime agricole e minerarie del Brasile e ha investito nel mercato di consumo e nel settore delle infrastrutture del paese sudamericano.
La domanda di Lula è molto chiara:
Ogni sera mi chiedo perché tutti i paesi debbano basare il loro commercio sul dollaro. Perché non possiamo commerciare in base alle nostre valute? Chi è stato a decidere che il dollaro fosse la valuta dopo la scomparsa dello standard aureo?
Da parte sua la Cina ha già iniziato a pagare in yuan ed in rubli, e non più in dollari le forniture che arrivano proprio da Mosca.
Ma non ci sono solo in ballo gli affari con la Russia.
Lo scorso mese Pechino ha finalizzato l’acquisto di 65mila tonnellate di gas dagli Emirati Arabi Uniti, che sono state pagate in yuan.
Brasile e Cina hanno raggiunto un accordo per effettuare gli acquisti con le rispettive monete nazionali.
Nel corso del mese di febbraio i pagamenti in yuan hanno rappresentato il 2,19% delle transazioni globali, registrando un aumento rispetto all’1,91% del mese di gennaio.
Attualmente, lo yuan è al quinto posto tra le principali valute in termini di accordi internazionali.
L’internazionalizzazione dello yuan è partita e continuerà man mano che la Cina intensificherà la propria diplomazia, soprattutto con i paesi del Sud globale.
Adesso bisogna capire se riuscirà realmente a diventare una moneta internazionale in grado di competere con il dollaro.