L’Ue punta il dito contro l’Italia: troppi precari nella PA
Giro di vita per i precari impiegati nella Pubblica Amministrazione (PA).
Il pressing della Commissione europea nei confronti del nostro paese si fa sempre più stringente: l’Italia deve smettere di abusare dei contratti a tempo determinato nella PA. Una situazione che va avanti da troppi anni e, nonostante i ripetuti appelli che sono arrivati da Bruxelles, Roma continua a violare le norme europee.
Questa volta l’Italia rischia di finire davanti la Corte di Giustizia europea, l’ultimo gradino prima che vengano erogate delle sanzioni.
A finire sotto la lente d’ingrandimento della Commissione europea sono i precari impiegati nella Pubblica Amministrazione.
Secondo Bruxelles, la normativa italiana non previene né sanziona in maniera sufficiente l’utilizzo abusivo di una serie di contratti a tempo determinato per i lavoratori che vengono utilizzati del settore pubblico.
L’Europa punta il dito contro i precari
L’Italia è stata presa di nuovo di mira dall’Unione europea.
Nei confronti del nostro paese una nuova raffica di procedure di infrazione e una serie di messe in mora: a finire nell’occhio del ciclone sono una serie di violazioni alle norme europee, che non sono mai state risolte.
Si parte da quelle sui lavoratori stagionali, arrivando al lavoro precario svolto dagli insegnanti e dagli operatori sanitari nel settore pubblico.
Sotto la lente d’ingrandimento sono finite anche le regole sui ritardi di pagamento della Pubblica amministrazione e la normativa antiriciclaggio.
Ora come ora, l’Italia ha due mesi di tempo per rispondere alle argomentazioni dell’esecutivo dell’Unione europea.
Uno dei temi al centro dello screening effettuato dall’Unione europea sono le condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico.
Ma soprattutto l’abuso dei contratti a tempo determinato – che genera un’infinità di precari – che, tra le altre cose, sta minando lo sviluppo e la realizzazione del Pnrr.
Bruxelles ha inviato a Roma un parere motivato, che costituisce il secondo passo di una procedura che era stata avviata nel corso del mese di luglio del 2019, a cui era seguita una lettera di costituzione in mora inviata nel dicembre 2020.
L’accusa, come si legge nell’atto di accusa europeo, è chiara:
la normativa italiana “non previene né sanziona in misura sufficiente l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico”.
L’Unione europea ritiene che in Italia non siano applicate garanzie sufficienti per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico, tra i quali rientrano:
- insegnanti;
- personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole pubbliche;
- operatori sanitari;
- lavoratori del settore dell’educazione artistica, musicale e coreutica superiore;
- personale dell’opera;
- personale degli istituti pubblici di ricerca;
- operatori forestali;
- personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
L’esecutivo comunitario ha sottolineato che “alcuni di questi lavoratori hanno anche condizioni di lavoro meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, il che costituisce una discriminazione ed è contrario al diritto dell’Ue”.
I ritardi nei pagamenti
L’Unione europea ha puntato il dito anche sui ritardi di pagamento della pubblica amministrazione.
A finire sotto la lente d’ingrandimento di Bruxelles è principalmente il settore sanitario della Regione Calabria.
La normativa italiana viola la direttiva europea sui ritardi dei pagamenti, in quanto ha prorogato oltre i termini previsti dall’Unione europea per i tempi di pagamento delle fatture inviate alla pubblica Amministrazione.
Dubbi e perplessità, inoltre, sono stati sollevati sulla mancata inclusione del noleggio di apparecchiature per le intercettazioni telefoniche nelle indagini penali.