Italia e tasse: le piccole imprese pagano molto di più dei colossi del web
Paradosso tasse: le piccole imprese versano molto di più dei colossi del web
In uno degli anni più pesanti e terribili per l’economia italiana (il 2020), le piccole imprese – quelle per intenderci che hanno meno di 5 milioni di euro di fatturato – sono arrivate a versare qualcosa come 19,3 miliardi di euro di imposte.
Andando, invece, a vedere quanto hanno versato nelle casse dello stato italiano nel 2021 le 25 filiali italiane dei gruppi più importanti al mondo che operano nel web e nel software, ci fermiamo solo a 186 milioni di euro.
Abbiamo davanti due annualità diverse, ma da questo confronto emerge una realtà chiara ed evidente:
i piccoli imprenditori italiani hanno versato qualcosa come 19,1 miliardi di euro in più rispetto alle multinazionali del web che operano in Italia.
Senza dubbio, l’importo versato dai colossi mondiali risulta essere sottodimensionato.
Nel momento in cui dovessero essere disponibili i dati relativi al 2021 delle piccole imprese italiane è probabile che la variazione possa risultare addirittura superiore.
A mettere in evidenza questi dati è stata la Cgia di Mestre.
Imposte e tasse, chi paga di più
Le piccole imprese italiane pagano di più dei grandi colossi del web. Questo è, in estrema sintesi, il risultato della comparazione effettuata dalla Cgia di Mestre.
Viene messo in evidenza anche un altro fattore: il popolo delle partite Iva, anche se additato come il principale responsabile dell’evasione nel nostro paese, in realtà versa tasse per un importo superiore di 104 volte rispetto ai giganti del web, che, almeno nell’immaginario collettivo, rappresentano il successo e l’innovazione.
Lo studio della Cgia mette in evidenza che l’aggregato delle varie controllate italiane, che appartengono al settore web e software, hanno registrato in Italia nel 2021 un giro d’affari pari a 8,3 miliardi di euro.
Il numero di addetti che operano in questo segmento sono pari a 23 mila unità: al fisco italiano hanno versato solo 186 milioni di euro.
Nel 2020 le piccole imprese italiane – sono tre milioni quelle che hanno meno di cinque milioni di fatturato operato in questo segmento -, benché abbiano dovuto rimane in molti casi chiuse per via del Covid, hanno generato un fatturato pari a 735,8 miliardi di euro. Il contributo di tassazione è stato pari a 19,3 miliardi di euro.
Se il livello medio di tassazione delle big tech è, secondo l’Area studi di Mediobanca, pari al 33,5%, nelle nostre piccolissime realtà si aggira attorno al 50%: praticamente quasi il doppio.
Il carico fiscale è troppo alto
A questo punto quali soluzioni è necessario adottare?
La Cgia sottolinea che nessuno, ovviamente, chiede che sia introdotto un inasprimento del carico fiscale nei confronti delle grandi imprese del web.
Al contrario: sarebbe necessario abbassare drasticamente il peso delle tasse nei confronti delle piccole aziende, per le quali il carico fiscale è a dir poco insopportabile.
Quali sono le ragioni per cui le controllate presenti in Italia delle principali multinazionali del web possono beneficiare di un tax rate del 33,5%?
A spiegarlo ci pensa la Cgia, che sottolinea che il motivo è molto semplice:
“Il 30% circa dell’utile ante imposte è tassato nei Paesi a fiscalità agevolata che ha dato luogo a un risparmio fiscale cumulato che, nel periodo 2019-2021, è stato di oltre 36 miliardi di euro. È comunque evidente che la mancata trasparenza fiscale di queste società tecnologiche costituisce un problema. Una prima soluzione potrebbe giungere dall’applicazione di una minimum tax con aliquota al 15% in capo alle multinazionali che realizzano fatturati oltre i 750 milioni di euro. La misura, introdotta da una direttiva europea del dicembre scorso, entrerà in vigore a partire dal 2024 per garantire che i grandi gruppi versino un carico fiscale effettivo minimo, limitando il trasferimento dei profitti e la concorrenza fra paesi per applicare aliquote inferiori”.