Pensioni: a cosa serve il coefficiente di trasformazione
Pensioni e coefficiente di trasformazione: cos’è, come si calcola e la novità per i prossimi due anni
L’assegno previdenziale che spetta ai lavoratori che vanno in pensione è calcolato attraverso il sistema contributivo.
Il Ministero del Lavoro, ogni due anni, provvede a calcolare e ad aggiornare i coefficienti di trasformazione, che servono per determinare gli importi che spettano a quanti vanno in quiescenza.
Fortunatamente, per il prossimo biennio i numeri sono molto più favorevoli rispetto a quelli del periodo precedente.
L’aggiornamento previsto per il 2023-24 risulta essere migliore rispetto a quanto visto nel 2021-22.
Questo è il motivo per il quale è necessario essere informati e conoscere quale sia la percentuale che determinerà in maniera diretta l’importo dell’assegno previdenziale una volta andati in pensione.
Coefficienti di trasformazione, a cosa servono
Volendo sintetizzare al massimo, a definire l’importo delle pensioni, che i diretti interessati riceveranno, sono i coefficienti di trasformazione, che vengono applicati direttamente alla quota contributiva in base all’età e vengono periodicamente rivisti e rivalutati, in base ai dati più recenti sulle aspettative di vita.
Generalmente, maggiore è l’età in cui si decide di andare in pensione, più alta è la percentuale che viene applicata.
Per il 2023 il tasso di sconto che viene applicato risulta essere pari all’1,5%:
questo, in estrema sintesi, l’indicatore di previsione del Pil – il prodotto interno lordo – che si riferisce direttamente al lungo periodo.
Quanti volessero andare a verificare quali siano i vari coefficienti di trasformazione, possono effettuare una verifica direttamente sul portale del Ministero del Lavoro.
Ma come si fa a conoscere la cifra definitiva dell‘assegno previdenziale che si percepirà, nel momento in cui si andrà in pensione?
Per conoscerne l’ammontare è necessario andare a verificare il montante contributivo complessivo – che corrisponde al capitale che il singolo lavoratore ha maturato nel corso degli anni nei quali ha svolto la propria professione – e moltiplicarlo con il coefficiente di trasformazione che è legato direttamente all’età anagrafica nella quale si decide di andare in pensione.
Il risultato che si otterrà in questo modo dovrà essere diviso per le tredici mensilità annue:
l’importo ottenuto in questo modo corrisponde all’assegno previdenziale mensile.
Proviamo a fare un esempio specifico.
Nel caso in cui una persona stia lavorando dal 1996 e abbia versato contributi per 7.000 euro all’anno per un periodo pari a 20 anni, raggiungerà un montante rivalutato complessivo pari a 170.000 euro.
Nel caso in cui il soggetto in questione dovesse decidere di andare in pensione a 62 anni il calcolo da effettuare è il seguente:
170.000 x 4,770%. Il risultato è pari a 8.109 euro lordi, che devono essere divisi per le tredici mensilità.
Pensioni, numeri più brillanti
Quest’anno i coefficienti di trasformazioni sono più favorevoli per i lavoratori che decidono di andare in pensione.
L’incremento parte dai 57 anni e la percentuale di calcolo è passata dal 4,186% del biennio 2021-2022 al 4,270% del periodo 2023-2024.
L’aumento più cospicuo ha sfiorato quanti hanno deciso di andare vanno in quiescenza al compimento dei 70 anni (in questo caso è pari allo 0,45%): il coefficiente di trasformazione è passato dal 6,215% del biennio precedente all’attuale 6,665%.
Come i nostri lettori avranno ben capito, il coefficiente di trasformazione viene applicato alle quote di pensione che sono erogate attraverso il sistema contributivo.
Gli assegni previdenziali, in questo caso, risulteranno essere più sostanziosi rispetto al biennio passato.
Uno degli esempi tipici in questo senso riguarda quanti abbiano maturato un montante contributivo pari a 150.000 euro e sono andati in pensione a 67 anni.
Lo scorso anno avrebbero percepito una pensione mensile pari a 643 euro, mentre quest’anno percepiscono 660 euro: 17 euro in più.