Mutui reduci da un anno di lotta Bce all’inflazione: chi perde e chi guadagna
Boom rate mutui con strette monetarie della Bce di Lagarde. Cosa è accaduto in un anno di rialzi dei tassi
Rispetto al 2022 i mutui sono arrivati a costare il doppio, almeno in termini di rata.
Questa è, sostanzialmente, una delle conseguenze più pesanti della lotta all’inflazione avviata circa un anno fa dalla Banca Centrale europea, la Bce guidata da Christine Lagarde.
A luglio 2022, infatti, la Bce ha dato il via alla cosiddetta stretta monetaria, continuando ad alzare i tassi.
La scelta effettuata da Christine Lagarde ha avuto un riflesso diretto sui mutui delle famiglie italiane:
le rate sono iniziate ad aumentare e i rincari non sembrano destinati a terminare velocemente. Anche perché la Bce sembra intenzionata a proseguire nella propria lotta all’inflazione: la stretta potrebbe continuare fino al prossimo autunno.
La scelta è stata duramente contestata dal governo Meloni nel corso delle ultime settimane:
oltre alla premier sono intervenuti direttamente sull’argomento Giancarlo Giorgetti ed Antonio Tajani.
Sicuramente dopo anni caratterizzati dal quantitative easing, era difficile prevedere un cambio di rotta così radicale.
È anche vero che è impensabile ritenere che i tassi potessero rimanere sullo zero, mentre l’inflazione iniziava a crescere.
Il rigore imposto da Christine Lagarde, però, ha condizionato notevolmente il mercato dei mutui in Italia, dove la fase distensiva che era stata inaugurata nel 2015 da Mario Draghi aveva sostanzialmente favorito il mercato immobiliare, l’acquisto delle case e la solvibilità degli acquirenti.
Mutui, dal 2017 cresciuti di 50 miliardi
A fare il punto della situazione sull’evoluzione del mercato dei mutui dalla stretta della Bce in poi ci ha pensato la Fabi, la Federazione Autonoma Bancari Italiani.
Partiamo da dati concreti: oggi come oggi 3 milioni e mezzo di famiglie hanno un mutuo.
Questo significa che, oltre la metà dei 6,8 milioni di nuclei familiari presenti nel nostro paese, ha un debito da saldare.
Alla fine del mese di marzo 2023, la somma dei mutui accumulata dalle famiglie ammontava, complessivamente, a 425,5 miliardi di euro.
Rispetto al 2017, la quota che abbiamo appena analizzato è cresciuta di oltre 50 miliardi di euro, ossia del 13,4%.
A costituire un vero e proprio spartiacque è il mese di luglio 2022, quando il tasso fisso è schizzato dall’1% fino ad una quota compresa tra il 3,4% ed il 3,8%.
Nella rivista Banche e Moneta, la Banca d’Italia ha rilevato che nel corso del mese di maggio i tassi d’interesse sui prestiti erogati alle famiglie per acquistare un immobile – comprensivi delle spese accessorie – si sono collocati intorno al 4,58%, mentre erano stati al 4,53% nel corso del mese di aprile.
Ricordiamo che prima della svolta decisa dalla Bce oscillavano tra l’1 e l’1,5%.
Le rate sono letteralmente decollate
Cosa ha comportato tutto questo? I mutuatari, che avevano optato per un mutuo a tasso variabile, hanno dovuto affrontare un vero e proprio salasso.
Una stima sempre della Fabi valuta i rincari intorno al 60-70% per le rate dei mutui a tasso variabile. L’associazione, nel proprio report, mette in evidenza che
i nuovi mutui a tasso variabile potrebbero arrivare, a breve, in media, verso il 6,5% dallo 0,6% di fine 2021: vuol dire che per un prestito da 150.000 euro della durata di 20 anni la rata mensile sarà di 1.134 euro, ben 469 euro in più (+70,5%) rispetto a quella che si sarebbe ottenuta un anno fa ovvero 665 euro.
Da non sottovalutare anche cosa accade ai nuovi mutui a tasso fisso rispetto ai prodotti pre-rincari.
Il tasso medio per un mutuo a tasso fisso potrebbe essere anche superiore al 6%: la rata mensile per un mutuo da 200.000 euro da rimborsare in 25 anni, potrebbe portare ad un esborso di 1.341 euro al mese.
Nel caso in cui si chieda un prestito da 100.000 euro, da rimborsare sempre in 25 anni, con un tasso al 5,6% la rata mensile sarà pari a 627 euro.
Significa, in estrema sintesi, pagare il 100% in più rispetto ad un caso analogo di un anno fa.