Tari: scadenza a breve. Come ottenere le agevolazioni
Tra gli appuntamenti fiscali previsti per fine anno c’è quello consueto con la Tari.
I contribuenti, nel proprio calendario tributario, devono inserire anche questo importante promemoria.
A questo punto riuscire a capire se sia possibile risparmiare qualche soldo nel pagamento della tassa sui rifiuti può diventare realmente importante.
Ma soprattutto è importante cercare di comprendere quali siano i casi nei quali si possa essere esonerati dal pagamento di questo obolo.
Esistono, infatti, alcuni modi per riuscire a versare in forma ridotta questa imposta. Ma per poter accedere a queste particolari agevolazioni è necessario presentare un’apposita istanza.
Vediamo chi lo può fare e quali sono i casi nei quali si può risparmiare qualcosa.
A quanto ammonta la Tari
Sono diversi i fattori che concorrono a determinare il costo della Tari che, ovviamente, non è uguale per tutti i consumatori.
Nello stabilire gli importi da versare ampio margine discrezionale lo hanno gli enti locali, che determinano quanto debbano pagare i contribuenti e in quante rate è possibile suddividere l’onere.
L’ultima rata, ad ogni modo deve essere obbligatoriamente versata entro la fine dell’anno.
Abbiamo voluto sottolineare l’ampia facoltà dei comuni nel determinare l’importo della Tari, perché sono molte le amministrazioni locali che sono propense ad applicare sconti e riduzioni.
Soffermandosi proprio su queste ultime, le riduzione possono essere facoltative od obbligatorie.
Prima di addentrarci su come siano composti eventuali riduzioni e sconti, è necessario capire su cosa si basi la Tari.
La tassa sui rifiuti è composta come segue:
- è presente una parte fissa, che parte dal presupposto che il servizio ha un costo fisso. Il suo ammontare è determinato dal numero dei componenti che fanno parte del nucleo familiare e dalla metratura dell’immobile;
- una seconda parte, invece, è variabile ed è determinata dai rifiuti prodotti.
Le eventuali riduzioni sull’ammontare della tassa da pagare devono essere calcolate sulla parte variabile.
È proprio su questa parte che, in alcuni casi, è possibile riuscire a risparmiare qualcosa.
Come abbiamo anticipato in precedenza, ogni singolo Comune adotta criteri differenti per il calcolo della Tari.
Alcune amministrazioni possono arrivare a dare una maggiore importanza al numero dei componenti del nucleo familiare.
In altri casi, invece, può essere preso in considerazione il coefficiente di produttività.
Le riduzioni previste
Le riduzioni che vengono applicate sulla tassa rifiuti possono essere obbligatorie o facoltative.
L’eventuale adozione di queste ultime è una scelta che spetta unicamente al Comune.
Partiamo dall’analisi delle riduzioni obbligatorie.
Queste vengono applicate:
- nel caso in cui il servizio di raccolta rifiuti, nelle zone interessate, non sia stato effettuato. Questa spiacevole situazione permette di ottenere una riduzione del 40% della Tari;
- quando il servizio di raccolta rifiuti è stato interrotto o non è stato svolto per un determinato periodo. Questo può succedere a causa, ad esempio, di uno sciopero. I contribuenti, nel momento in cui si verifica questa situazione, hanno diritto ad ottenere una riduzione del 20%;
- nel caso in cui l’amministrazione comunale dovesse chiedere ai cittadini di effettuare la raccolta differenziata, possono essere previste delle riduzioni, ma la loro percentuale dipende dall’ente locale;
- quando il proprietario dell’immobile non è residente ed è titolare di una pensione estera, si ha diritto ad una riduzione fino a due terzi della tariffa.
Riduzioni facoltative
Discorso diverso per le riduzioni facoltative, che possono essere decise a completa e totale discrezione dei Comuni, i quali hanno la possibilità di applicarle o meno.
La legge non le definisce quantitativamente e si riferiscono generalmente ai seguenti casi:
- ad immobili che vengono utilizzati in maniera discontinua, solo stagionalmente ed in modo limitato;
- immobili nei quali sia presente un solo residente;
- i fabbricati rurali ad uso abitativo;
- gli immobili i cui il proprietario dimora all’estero per più di sei mesi ogni anno;
- i locali che non sono ad uso abitativo e che si utilizzano in maniera ricorrente, ma non continuativa. Come succede per quelli utilizzati stagionalmente.