Autunno sui mercati: i sei temi chiave da tenere d’occhio con la crisi energetica in atto
La crisi energetica in atto diventa minacciosa in vista dell’inverno e ci sono possibili risvolti operativi. Ad individuarli Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte che mette in evidenza 6 punti chiave a cui prestare attenzione nei mesi che verranno.
Il contesto da cui partire
In primo luogo l’analista si sofferma precisando che stiamo attraverso una fase congiunturale complessivamente stagflattiva, una fase che non sperimentavamo dagli anni ’70, ancora una volta causata da uno shock dal lato dell’offerta di commodity. In questo causa più che il petrolio, protagoniste sono le commodity energetiche utili per la produzione di energia elettrica, gas (in Europa) e carbone (in Cina), in testa.
Stan emergendo segnali di rallentamento, ultimo il Pmi cinese di settembre sotto 50. Secondo Cesarano, ciò è dovuto al fatto che si sta passando da un fattore di rallentamento all’altro. Prima la chiusura di alcuni importanti porti a causa di contagi, sebbene molto limitati. Poi ora il tema del razionamento dell’energia elettrica che sta portando diverse province in Cina a ridimensionare la produzione. Il picco di domanda post pandemico sta portando all’ampliamento di colli di bottiglia in modo sempre più evidente e lo testimonia il dato su PMI manifatturiero cinese di settembre sotto quota 50. Si preannuncia pertanto un quarto trimestre potenzialmente all’insegna di taglio delle stime di crescita 2022 e per le aziende possibile taglio delle guidance sul fatturato e margini, per l’impossibilitò di reperire le adeguate forniture di componentistica/materie prime in ogni caso a costi crescenti
Il forte rialzo delle materie prime inoltre, spiega Cesarano, ha come epicentro localizzato nelle materie prime collegate alla produzione di energia elettrica, in modo particolare il gas e il carbone. In Europa il focus è soprattutto sul gas. In prospettiva su questo punto sarà importante la “pila” idrogeno che probabilmente salirà ancor di più al top delle priorità degli investimenti previsti per la transizione energetica, probabilmente già nel 2022. Rinnovabili senza pile, è come potenza senza controllo. l rialzo delle materie prime è comunque in parte spiegato anche da considerazioni geopolitiche continua Cesarano. Tra il 2021 e il 2022 si assisterà a importanti cambiamenti politici in Europa e in questo contesto – continua l’esperto – Russia e Cina probabilmente cercano di orientare il nuovo atteggiamento geopolitico dell’area verso di loro e, per facilitare il tutto, fan pesare la loro importanza, rallentando la catena di fornitura, la Russia con il gas, la Cina con la componentistica e da ultimo i fosfati importanti per i fertilizzanti (stop all’export per il 2022) e di cui la Cina è il primo esportatore mondiale. Anche per queste ragioni i livelli di scorte di gas in Europa sono su livelli molto bassi a parità di periodo, esponendo a rischio di crisi energetica soprattutto se l’inverno non sarà mite.
I risvolti operativi per tassi, cambi ed equity
In quanto ai risvolti operativi, secondo Cearano sul fronte tassi la fase stagflattiva potrebbe progressivamente “spaccare” la curva dei tassi. Ora il focus è tutto sull’inflazione e connesso tapering in arrivo e di conseguenza potremmo assistere a una temporanea fase di rialzo dei tassi a lungo termine fino a quando il tapering non partirà davvero ossia presumibilmente il 3 novembre. In questa fase il decennale usa potrebbe arrivare a spingersi fino a eguagliare il massimo di marzo scorso in area 1,75%.
Poi, quando il focus (da novembre in poi) si posta sul rallentamento della crescita, potremmo assistere ad un andamento dicotomico: la parte dei tassi fino a 5/7 anni in rialzo per seguire le manovre delle banche centrali e la parte dal 10/15 anni in avanti in direzione opposta per seguire il rallentamento.
La curva pertanto si appiattisce che, nel gergo dei bond, equivale ad un segnale di rallentamento in arrivo, in parte già arrivato perché la curva si sta appiattendo già da aprile scorso.
Sul fronte cambio, l’eurusd ha raggiunto l’importante soglia in area 1,16, sotto la spinta principalmente del differenziale tassi Usa/Germania in allargamento ma anche di flight to quality a causa delle discussioni sul debt ceiling in usa ed aggiungo anche sulla spinta della corsa all’accaparramento di materie prime, per evitare carenze in inverno. Le materie prime si pagano in dollari e questo rafforza la domanda di biglietto verde.
Sul fronte equity, la fase (temporanea) di rialzo tassi potrebbe comportare dip più profondi e più frequenti con un occhio di riguardo intorno al 20 del mese, periodo in cui da maggio in poi si sono verificati finora i cali più importanti. Questa volta il 18 ottobre è collocato il momento in cui il tesoro US potrebbe di fatto esaurire le risorse in assenza di sospensione/incremento del tetto sul debito. Complessivamente però i dip – conclude l’esperto – potrebbero essere superati positivamente a fine anno grazie all’atteso calo dei tassi a lungo termine indotto dal citato rallentamento della crescita in ottica 2022. Il primo campanello di attenzione sul tema stag potrebbe arrivare non solo dai dati macro prospettici ma anche, e forse prima ancora, dalle trimestrali Usa della seconda parte di ottobre. In questo caso potremmo assistere a frequenti tagli della guidance sul fronte fatturato/margini. Le aziende sopportano costi crescenti e soprattutto non riescono ad avere rifornimento adeguati con il ritmo della domanda.