Forfettari, dalla fatturazione elettronica allo stop semplificazioni: cosa cambia nel 2024
I titolari di partita IVA che hanno scelto il regime forfettario dovranno affrontare importanti cambiamenti in seguito alle recenti modifiche normative. A partire dal 1° gennaio 2024, entrerà in vigore la nuova normativa sull’obbligo di fatturazione elettronica per tutti i forfettari, ovvero imprese e professionisti che beneficiano di un regime fiscale semplificato. Anche le Partite IVA che nel 2021 hanno registrato un valore di ricavi e compensi inferiore a 25.000 euro dovranno conformarsi a questa novità per emettere fatture elettroniche. Nel 2022 era già stata chiesta una proroga, poi accolta ma non rinnovata per quest’anno.
Il 31 dicembre prossimo segna la scadenza dell’ultima delle esenzioni previste in materia di fatturazione elettronica per i forfettari, che consentiva l’uso di fatture cartacee. Da gennaio 2024, anche per loro sarà obbligatorio adottare la fatturazione elettronica per certificare le transazioni.
Arriva la fatturazione elettronica
Per adempiere a questo obbligo, i forfettari dovranno avere un software di fatturazione elettronica compatibile con le specifiche richieste. Questo software dovrà essere in grado di generare e inviare le fatture elettroniche nei formati XML al Sistema di Interscambio (SdI), la piattaforma dell’Agenzia delle Entrate attraverso cui avviene la trasmissione dei documenti fiscali.
Nonostante l’introduzione di questo nuovo obbligo, le regole fiscali sull’IVA per i forfettari rimangono invariate. Questi contribuenti, applicando il regime forfettario, non addebitano l’IVA in fattura ai clienti, non la detraggono sugli acquisti, non liquidano l’imposta e non la versano. In pratica, per emettere fatture elettroniche, i forfettari dovranno semplicemente dotarsi di un’applicazione che consenta di emettere, consegnare e conservare le fatture elettroniche.
Addio definitivo alle semplificazioni contabili, arriva il concordato preventivo
Altra novità introdotta dalla riforma fiscale è rappresentata dal concordato preventivo biennale (CPB). Tale provvedimento consente ai contribuenti di stabilire un accordo con l’Agenzia delle Entrate, in virtù del quale viene definita in anticipo la base imponibile per il biennio successivo. Purtroppo, la sottoscrizione di questo accordo comporta una conseguenza immediata: i contribuenti che hanno scelto il regime forfettario perdono le semplificazioni attualmente in vigore. Tuttavia, ciò si verifica solo per coloro che decidono di aderire al concordato preventivo.
In conformità con l’articolo 8 del decreto legislativo che regola il concordato preventivo biennale, l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione entro il 15 marzo di ogni anno (con proroga al mese di aprile solo per il 2024) specifici programmi informatici per acquisire i dati necessari all’elaborazione della proposta.
Il pacchetto informativo probabilmente seguirà completamente o parzialmente quello previsto per il calcolo degli indici sintetici di affidabilità fiscale. Ciò implicherà inevitabilmente che anche i forfettari dovranno tenere una registrazione contabile dei costi di esercizio al fine di fornire i dati necessari durante la presentazione della richiesta di adesione al CPB.
I rischi per i forfettari
La mancata quantificazione e indicazione delle spese sostenute in fase di accesso al CPB potrebbe esporre il forfettario a due rischi significativi.
Il primo è la possibilità di ricevere una proposta di reddito troppo elevata, poiché calcolata senza considerare l’incidenza dei costi necessari per lo svolgimento dell’attività. Questo è particolarmente rilevante considerando che, per determinare il reddito imponibile nel regime forfettario, i costi vengono considerati in modo indiretto attraverso l’abbattimento del reddito prodotto dai coefficienti di redditività. L’omissione dei costi reali potrebbe portare a una valutazione inaccurata della situazione finanziaria reale.
Il secondo è la preclusione all’utilizzo del CPB nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate, durante la quantificazione della proposta, rilevi incongruenze tra i dati in suo possesso e quelli forniti dal contribuente. Questo rischio si basa sull’incrocio delle banche dati in possesso dell’amministrazione finanziaria.
In base all’articolo 9 del decreto legislativo, la proposta di concordato è elaborata dall’Agenzia delle Entrate, tenendo conto dei dati dichiarati dal contribuente sulla base di una metodologia che valorizza le informazioni già nella disponibilità dell’amministrazione finanziaria. Tuttavia, la struttura esatta del pacchetto informativo richiesto per la presentazione dell’istanza di accesso al concordato non è ancora nota e sarà definita con un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, che stabilirà modalità e dati da comunicare telematicamente.