È italiano il primo produttore di armi dell’Unione europea
Complessivamente, in Italia, il settore della difesa porta a ricavi per 15 miliardi di euro. La prima azienda nell’Unione europea per vendita di armi è Leonardo. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge da uno studio effettuato dallo Stockholm international peace research institute (Sipri), che si è concentrato sulla vendita delle armi e gli introiti che ne derivano. Al centro dell’analisi vi sono anche i servizi militari messi a disposizione dalla contro principali aziende del mondo che operano nel settore.
Mercato delle armi: un giro d’affari realmente enorme
Stando ai calcoli effettuati dal Sipri, nel 2022 il mercato delle armi è riuscito a generare un giro fari pari a 548 miliardi di euro. Soffermandosi, invece, sui ricavi, si nota un calo del 3,5% rispetto al 2021. A pesare sul calo degli incassi sono l’inflazione e le interruzioni nella catena di approvvigionamento: nonostante ciò, la domanda continua ad aumentare notevolmente, beneficiando della spinta che arriva dall’Ucraina. Secondo le stime del Sipri il boom del mercato delle armi è semplicemente rinviato. A determinare questa aspettativa sono gli ordini in sospeso e l’impennata dei nuovi contratti, i quali fanno ritenere che nel corso dei prossimi anni i ricavi generali degli armamenti potrebbero aumentare.
Sono gli Stati Uniti a guidare la classifica dei produttori di armi: nei primi cinque posti ci sono unicamente delle aziende a stelle e strisce, tra le quali svetta Lockheed Martin, con i suoi 59 miliardi di ricavi. È britannica, invece, quella che occupa il sesto posto: BAE Systems, i cui ricavi ammontano a 24,8 miliardi. Nella top ten ci sono tre aziende cinesi – Norinco, Avic e Casc – e la russa Rostec.
L’Unione europea è solo al tredicesimo posto: con i suoi 12,4 miliardi di ricavi troviamo Leonardo, azienda tutta italiana. Il nostro paese è poi presente al 46esimo posto, dove troviamo Fincantieri, che ha registrato ricavi per 2,5 miliardi di euro, numeri in aumento rispetto al 2021. Quest’ultima azienda è in controtendenza rispetto alla maggior parte dei concorrenti: benché abbiano ricevuto molti ordini, i principali produttori di armi negli Usa ed in Europa non sono riusciti ad aumentare la capacità produttiva per la mancanza di manodopera, per l’interruzione delle catene di approvvigionamento e per l’aumento dei costi.
Molte aziende produttrici di armi hanno incontrato ostacoli nell’adattarsi alla produzione per la guerra ad alta intensità -, ha affermato Lucie Béraud Sudreau, direttrice del programma su spesa militare e produzione di armi del Sipri -. Tuttavia, sono stati firmati nuovi contratti, in particolare per le munizioni, che potrebbero tradursi in maggiori entrate nel 2023 e oltre.
I ricavi generati
Complessivamente, in Europa, le aziende che operano nel settore delle armi hanno raggiunto qualcosa come 111 miliardi di ricavi. L’Italia copre il 2,6% del totale globale, arrivando a coprire 15 miliardi di euro.
Le vendite, a livello mondiale sono state suddivise in questo modo:
- Usa: 51%;
- Cina: 18%;
- Regno Unito: 7%;
- Francia: 4,4%;
- Russia: 3,5%;
- Italia: 2,6%.
Gli incassi effettuati dalle imprese italiane, in realtà dovrebbero essere superiori rispetto a quelle citate dalla ricerca Sipri. Nei dati, infatti, sono state considerate a parte le società trans-europee come la Mbda, che, almeno nel corso del 2022, ha registrato introiti per 4 miliardi di euro. Mbda è un consorzio il cui obiettivo è produrre missili e tecnologie per la difesa del quale Leonardo detiene il 25% del capitale.