Avere una “pensione di scorta”: un pensiero per nove italiani su dieci
I lavoratori italiani hanno una consapevolezza ben precisa: devono integrare la pensione pubblica. Ma sul lato pratico si trovano in difficoltà a costruirne una. Impasse determinata, in molti casi, da una carenza di informazioni sui benefici che possono derivare dai fondi di pensione privati.
Questi sostanzialmente sono alcuni dei focus messi in risalto da una ricerca effettuata da Anima Sgr sulla consapevolezza previdenziale dei lavoratori italiani. Tra gli obiettivi di questo studio vi è, infatti, quello di individuare le possibili cause e le potenziali soluzioni che potrebbero contribuire ad aumentare l’accesso alle soluzioni di previdenza complementare.
Pensione integrativa: la consapevolezza
La maggior parte degli italiani sa bene che la pensione che verrà erogata dalla previdenza pubblica non sarà sufficiente per continuare a mantenere lo stesso tenore di vita. Almeno quello maturato nel corso degli ultimi anni di lavoro. Nove persone intervistate su dieci hanno affermato di aver riflettuto su questo problema. E, soprattutto, di ritenerlo molto o abbastanza rilevante. Il 60% degli intervistati ritiene che questa sfida debba essere affrontata nelle giuste tempistiche, partendo prima dei 35 anni.
Una consapevolezza che, però, non sempre si tramuta in azione. La quota di italiani che hanno dichiarato di avere attivato una qualsiasi soluzione di previdenza integrativa si ferma al 54%. Tra l’altro, quanti risultano essere titolari di un prodotto di risparmio previdenziale non provvedono ad alimentarlo con sufficienza. O non lo fanno in maniera sistematica. Andando a rapportare il numero complessivo degli aderenti alle varie forme di previdenza complementare al totale delle masse amministrate, si scopre che per ogni singolo aderente corrisponde, mediamente, una posizione pari a 22.180 euro. Un valore sostanzialmente insufficiente per poter integrare in qualche modo la pensione pubblica per molti anni.
Le cause dell’inerzia
Ma quali sono le cause che portano a questa inerzia delle famiglie nei confronti della pensione integrativa? Tra i motivi vi rientra la scarsa conoscenza dei vantaggi che ne possono derivare: solo il 39% dichiara di conoscerli adeguatamente. Ma non solo: vi è l’inclinazione ad indirizzare il capitale verso altre destinazioni. Il 50% dei lavoratori che dispone di un TFR dichiara di lasciarlo in azienda: scelta presa per una mancata conoscenza delle alternative o perché convinto che optare per una soluzione più liquida risulti essere una mossa più sicura.
Alla domanda su cosa sia più utile sapere prima di sottoscrivere un prodotto di risparmio previdenziale, gli intervistati mettono in evidenza la necessità di sottolineare i vantaggi concreti della pensione integrativa. La maggior parte dei lavoratori chiede più informazioni sulla flessibilità di poter disporre del capitale accumulato prima del pensionamento – informazione che interessa almeno l’83% degli intervistati – sulla deducibilità fiscale dei versamenti (76%) e sulla possibilità che l’azienda versi un contributo aggiuntivo (75%).
Pensione integrativa: la prudenza non è mai troppa
L’indagine sulla pensione integrativa mette in evidenza un atteggiamento improntato alla prudenza da parte dei lavoratori. Almeno quattro italiani su dieci – con delle percentuali più rilevanti tra i giovani – sceglierebbero una linea di investimento garantita o la più conservativa in assoluto. Solo il 15% potrebbe optare per una linea prevalentemente azionaria o solo azionaria, anche se l’orizzonte temporale di lungo periodo potrebbe suggerire delle asset allocation che comprendano anche delle azioni.
La cautela risulta essere significativa nel momento in cui si va ad analizzare il dato di genere: solo il 9% delle donne si dichiara disposto a sottoscrivere un piano previdenziale nel quale la componente azionaria sia prevalente.
Tra le priorità più importanti tra quanti hanno intenzione di aderire alla previdenza integrativa c’è una maggiore flessibilità nell’accedere al capitale prima del pensionamento. Al secondo posto c’è una riduzione della tassazione dei rendimento e, infine, un aggiustamento dei benefici fiscali all’inflazione. Due terzi dei dipendenti, inoltre, sarebbe disponibile a chiedere alla propria azienda di aprire una convenzione con un fondo pensione aperto e oltre otto su dieci ritengono che un’azienda impegnata su questo fronte sia ben posizionata per fidelizzare i dipendenti.
Assicurarsi un futuro previdenziale sereno è una priorità per la maggioranza degli italiani, che però spesso non riescono, per diversi motivi, a porne le basi – spiega Pierluigi Giverso, condirettore generale di Anima –. Per superare questa impasse è necessario rendere tangibili, con un linguaggio semplice e argomenti concreti, i vantaggi immediati e futuri dell’accesso a un fondo pensione e diffondere così l’adozione di buone pratiche di investimento previdenziale.