Finanza Lavoro in Italia: Censis, per il 67,7% degli occupati italiani la priorità è lavorare meno

Lavoro in Italia: Censis, per il 67,7% degli occupati italiani la priorità è lavorare meno

22 Febbraio 2024 14:49

Lavorare meno o, forse più correttamente, ridurre il tempo dedicato al lavoro nel corso della settimana. Questo è l’obiettivo di almeno il 67,7% degli occupati italiani. In molti, poi, vedono le dimissioni come una vera e propria fuga verso un lavoro migliore: tra i dipendenti con meno di 60 anni che si sono dimessi, il 67% è riuscito a trovare un nuovo impiego nell’arco di tre mesi. Questi sono alcuni dati che emergono dal Settimo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, realizzato con il contributo di Credem, Edison, Michelin e OVS.

Ma entriamo nel dettaglio e scopriamo quali sono le reali attitudini dei lavoratori.

La priorità è lavorare meno

Una delle priorità degli occupati, almeno per il futuro, è quella di riuscire a ridurre il tempo dedicato al lavoro: a desiderarlo è il 67,7% di quanti hanno un’occupazione. Entrando maggiormente nel dettaglio, desiderano lavorare meno:

  • il 65,5% dei giovani;
  • il 66,9% degli adulti;
  • il 69,6% degli over 50.

Dichiara di impegnarsi lo stretto necessario nel lavoro, già oggi, il 30,5% degli occupati. Percentuale che sale al 34,7% tra i più giovani. Si rifiutano gli straordinari, le mail o le chiamate effettuate fuori dall’orario di lavoro. E soprattutto si esegue solo quanto compete per mansione.

Il lavoro influenza ed impatta meno sulla vita privata meno rispetto al passato per il 52,1% degli occupati. Questa condizione è condivisa dal:

  • 54,2% dei giovani;
  • 50,1% degli adulti;
  • 52,6% degli anziani.

Il 28% degli occupati ha dichiarato di avere rinunciato a un lavoro migliore rispetto a quello che avevano perché la sede era troppo distante da casa.

Madri lavoratrici: il costo professionale dei figli

Il gender gap si fa sentire se si confrontano i dati dei lavoratori con figli. Il tasso di occupazione delle mamme è pari al 58,6%, mentre quello dei papà è pari all’89,3%. In Italia il divario a discapito delle donne è di un -30,7%, peggiore rispetto a quello degli altri paesi europei, che risultano essere:

  • Germania: -17,4%;
  • Francia: -14,4%;
  • Spagna: -19%;
  • Grecia: -29,1%.

Sostanzialmente l’arrivo di un figlio sembra rilanciare, segnala il rapporto del Censis, il modello tradizionale di famiglia, con l’antica divisione per genere dei compiti. Nel corso del 2022 le dimissioni e le risoluzioni consensuali dal lavoro che hanno coinvolto genitori con figli fino ad un anno hanno riguardato 44,7 mila madri e 16,7 mila padri. Le motivazioni delle dimissioni sono da addurre – per il 41,7% delle mamme e per il 2,8% dei papà – alle difficoltà a conciliare la cura dei figli con il lavoro. Situazione che si viene a determinare per la carenza dei servizi di cura. Il 21,9% delle madri e il 4,3% dei padri si sono dimessi per delle difficoltà nel conciliare lavoro e cura dei figli a cause di problematiche legate al lavoro in azienda.

Le dimissioni di lavoratori con figli a carico erano 39.738 nel 2017: sono salite ad oltre 61.000 nel 2022.

Da segnalare, comunque, che il tasso di occupazione femminile continua a rimanere basso anche per lavoratrici senza figli: il 66,3%, che sale al 76,7% per i maschi senza figli.

L’attenzione alla vulnerabilità dei lavoratori

Le aziende prestano attenzione alle vulnerabilità specifiche dei lavoratori. Ma non prestano abbastanza attenzione al loro benessere generale. Il 61,5% degli occupati reputano adeguata l’attenzione aziendale in relazione alle esigenze dei lavoratori con figli. L’attenzione aziendale, inoltre, è reputata adeguata per:

  • il 71,0% a quelle delle donne che rientrano dalla maternità;
  • il 62,9% alle esigenze delle persone con una salute fragile;
  • il 52,3% alle condizioni basiche dei lavoratori, ad esempio la sicurezza.

Al contrario per il 61,7% degli occupati l’azienda non risulterebbe essere abbastanza attenta al benessere psicofisico generale dei lavoratori, anche di quelli che non risultano avere delle problematiche specifiche. Sottolineano di più questo deficit di attenzione aziendale gli impiegati (62,3%) e gli operai (68,4%).

Aumenta la stabilità nel lavoro

Nel 2022 gli occupati in Italia sono pari a 23,1 milioni, il dato più alto di sempre. Il lavoro è diventato più stabile: tra il 2019 ed il terzo trimestre 2023 sono cresciuti del 5% i permanenti e calati del 4,5% i contratti a termine. Per il momento non è stata registrata alcuna fuga dal lavoro, ma si sono cercati dei posti di lavoro migliori. I dati Inps, infatti, indicano che il tasso di ricollocazione a tre mesi dei dimessi volontari con meno di 60 anni è stato pari al 67,0%, quindi più alto rispetto agli anni precedenti.

Risulta essere di particolare importanza il welfare aziendale, conosciuto da sempre più lavoratori.

L’81,8% degli occupati sa cos’è il welfare aziendale (il 32,7% in modo preciso e il 49,1% a grandi linee), mentre nel 2018 era il 60,2% – si legge nell’analisi del Censis -. Il welfare aziendale è anche molto apprezzato e desiderato, poiché tra i lavoratori che ne beneficiano l’84,3% lo vorrebbe potenziato, e tra coloro che non ne beneficiano l’83,8% vorrebbe fosse introdotto nella propria azienda. Inoltre, il 79,5% degli occupati apprezzerebbe un aumento retributivo sotto forma di una o più prestazioni di welfare. Lo afferma il 94,2% dei dirigenti, il 78,2% degli impiegati e il 74,8% degli operai. Il welfare aziendale può diventare uno degli strumenti migliori per trattenere o attrarre i lavoratori.