Finanza Concordato preventivo biennale: cos’è e come funziona la nuova riforma fiscale

Concordato preventivo biennale: cos’è e come funziona la nuova riforma fiscale

22 Febbraio 2024 15:58

Con la pubblicazione di ieri nella Gazzetta Ufficiale, entra in vigore da oggi il cosiddetto concordato prevenivo biennale.

Si tratta di un accordo che coinvolge 4 milioni di lavoratori autonomi e piccole imprese, consentendo loro di sospendere il pagamento delle tasse per 2 anni, al fine di instaurare un rapporto più collaborativo con l’amministrazione finanziaria. L’adesione al concordato preventivo è aperta a tutti, indipendentemente dalla situazione fiscale. Secondo il consiglio dei Ministri, questo nuovo approccio fiscale mira a favorire la collaborazione tra fisco e contribuenti, cercando di bilanciare la necessità di raccogliere entrate fiscali con il sostegno alle imprese durante periodi economicamente difficili.

Concordato preventivo biennale, i requisiti per le partite IVA

Per essere ammessi al concordato preventivo biennale, i contribuenti soggetti agli agli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA)
(ISA)
devono soddisfare un criterio fondamentale: non devono avere debiti fiscali superiori a 5.000 euro relativi ai tributi gestiti dall’Agenzia delle Entrate, compresi interessi e sanzioni, o devono estinguere tali debiti se già presenti. I debiti inclusi in sospensione o rateazione non rientrano nel limite sopra indicato fino alla decadenza dei relativi benefici.

Gli ISA sono progettati per valutare l’affidabilità fiscale su una scala da 1 a 10 e sono finalizzati a promuovere la conformità fiscale e la collaborazione tra l’amministrazione fiscale e i contribuenti. In base al punteggio ottenuto vengono concessi specifici vantaggi, come:

  • l’esenzione dalla verifica di conformità per determinate compensazioni e rimborsi IVA;
  • l’esclusione da alcune forme di accertamento;
  • benefici in termini di scadenze per l’attività di accertamento.

I debiti presi in considerazione per valutare l’ammissibilità al concordato comprendono quelli derivanti da provvedimenti fiscali emessi a seguito di controlli o liquidazioni degli uffici, nonché debiti tributari derivanti da comunicazioni di irregolarità post controllo automatizzato o formale della dichiarazione.

Il contribuente sarà escluso dal concordato se non ha presentato la dichiarazione dei redditi in almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti o se è stato condannato per reati tributari, false comunicazioni sociali, riciclaggio, impiego di denaro o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio, commessi nei tre periodi d’imposta precedenti.

Ora la parola passa all’Agenzia delle Entrate, che entro il 15 giugno dovrà rendere disponibili agli interessati gli appositi applicativi informatici, tramite i quali potranno inserire i dati necessari per l’elaborazione della proposta di concordato. I contribuenti avranno poi la possibilità di aderire alla proposta entro il 15 ottobre.

Cessazione e decadenza del concordato

La cessazione del concordato preventivo si verifica quando il contribuente modifica l’attività svolta nel corso del biennio rispetto a quella esercitata nel periodo d’imposta precedente il biennio stesso. Tuttavia, la cessazione non si verifica se per le nuove attività è prevista l’applicazione del medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale. Altro motivo per fermare il concordato preventivo è quando l’azienda cessa la sua attività.

La decadenza del concordato preventivo, invece, avviene nei seguenti casi:

  • A seguito di accertamento, nei periodi d’imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulta l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati, o risultano commesse altre violazioni di non lieve entità.
  • A seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente determinano una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base a cui è avvenuta l’accettazione della proposta di concordato.
  • Quando sono indicati nella dichiarazione dei redditi dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di concordato.
  • Quando ricorre una delle cause di esclusione o vengono meno i requisiti relativi ai debiti tributari.
  • Quando viene omesso il versamento delle somme dovute a seguito dell’adesione al concordato, fermo restando che, anche in caso di decadenza, restano comunque dovuti gli importi oggetto degli omessi versamenti.

Cosa deve fare chi è in regime forfettario

Anche per i contribuenti che aderiscono al regime forfettario, l’accettazione della proposta di concordato impone l’obbligo di dichiarare gli importi concordati e prevede l’iscrizione a ruolo delle somme non versate relative alle imposte. I contribuenti in regime forfettario devono rispettare gli obblighi contabili e dichiarativi previsti da tale regime, compresi quelli relativi alla fatturazione elettronica.

Per i titolari di partita IVA che aderiscono al concordato preventivo biennale, l’imposizione fiscale rimarrà invariata fino al 2025, consentendo una previsione anticipata delle imposte dovute per il 2024 e il 2025. Eventuali variazioni nei redditi, sia superiori che inferiori a quelli concordati, non saranno considerate rilevanti ai fini fiscali. Tuttavia, sarà necessario rispettare gli obblighi contabili e dichiarativi.