Conti correnti, giù i depositi: 43 mld di euro in meno in dodici mesi. La remunerazione varia da regione a regione
In un solo anno sono stati prelevati 43 miliardi di euro dai conti correnti nazionali. A questa regola fanno eccezione unicamente la Sardegna e la Basilicata, dove tra il 2022 ed il 2023 sono state registrate delle variazioni positive rispettivamente per 21 milioni di euro (+0,1%) e 50 milioni di euro (+0,5%). Il saldo negativo, invece, è registrato nei conti correnti delle altre regioni. A fare il punto della situazione è Fabi, la Federazione Autonoma Bancari Italiani.
Ma entriamo nel dettaglio e scopriamo cosa sta accadendo ai risparmi degli italiani.
Conti correnti, 43 miliardi in meno in dodici mesi
Escludendo unicamente la Sardegna e la Basilicata, dove è stata registrata una variazione positiva tra il 2022 ed il 2023 rispettivamente di 21 milioni e di 50 milioni di euro, il saldo dei conti correnti su base nazionale è sceso di 43 miliardi di euro nel corso degli ultimi dodici mesi.
A registrare il buco più ampio è stata la Lombardia, dove il saldo ha registrato un -13,7 miliardi di euro. Seguono, a poca distanza, l’Emilia Romagna con un deficit pari a 5,4 miliardi di euro (-5,2%) ed il Piemonte, con meno di 4,7 miliardi di euro (ossia -5,09%). Nella classifica delle regioni nelle quali sono stati registrati i maggiori deflussi segnaliamo:
- Lazio: -3,9 miliardi, pari ad un -3,2%;
- Veneto: -3,3 miliardi, pari ad un -3,1%;
- Toscana: – 3,2 miliardi (-4,3%);
- Liguria: -1,8 miliardi (-5,4%);
- Marche: -1,4 miliardi (-4,9%);
- Campania: -1,2 miliardi (-1,4%);
- Sicilia: -1,1 miliardi (-2,0%);
- Puglia: -1 miliardo (-1,8%).
I saldi dei conti correnti calano meno del miliardo nelle seguenti regioni:
- Friuli Venezia Giulia: – 557 milioni (-2,1%);
- Abruzzo: -552 milioni (-2,3%);
- Umbria: -535 milioni (-3,6%);
- Trentino Alto Adige: -220 milioni (-0,8%);
- Valle d’Aosta: 136 milioni (-4,7%);
- Calabria: 97 milioni (-0,4%);
- Molise: 50 milioni (-0,8%).
Sileoni: “conto corrente non è solo strumento per incassi e pagamenti”
“Gli sforzi che fa un correntista a non veder remunerato il proprio risparmio sono ancora più grandi per le famiglie che vivono al Sud, già colpite dalla sperequazione lavorativa ed economica. I troppi soldi che dormono in banca rappresentano una parte importante della ricchezza del Paese e un guadagno indiretto per gli istituti di credito. Di fronte a cifre così importanti, il conto corrente ben remunerato potrebbe rappresentare un fattore di attrattività per le banche. Tuttavia, se la remunerazione continua a essere considerata solo come un costo, chi ci perde non sono solo la clientela e il fisco, ma anche la banca che rinuncia a opportunità di guadagno, a maggiore raccolta e quindi a risorse da investire nel fronte del risparmio gestito – spiega Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi -. Di là dai tassi non omogenei su base territoriale, è opportuno ribadire che il conto corrente non è solo uno strumento di servizio, per gestire incassi e pagamenti, ma rappresenta, da sempre, anche una forma di risparmio e come tale andrebbe adeguatamente remunerata da parte delle banche che, invece, hanno alzato in maniera più apprezzabile solo i tassi sui depositi vincolati o a durata prestabilita dove, però, ci sono solo circa 300 miliardi di euro, molto meno di 1.100 miliardi dei conti correnti.
La disparità territoriale nella remunerazione
Lasciare i risparmi depositati sul proprio conto corrente quanto permette di guadagnare alle famiglie? Lasciando depositati 5.000 euro, secondo i calcoli effettuati da Fabi, la remunerazione risulta essere pari a 18,2 euro a Trento e Bolzano. La cifra scende a 15 euro a Firenze, 13 euro a Roma e passa a 11 euro a Milano e Perugia. Questi sono i risultati migliori, perché dando uno sguardo alle altre città i numeri sono più deludenti:
- 6,5 euro a Napoli;
- 7 euro a Trieste;
- 8 euro a Catanzaro, Potenza, Genova e Aosta.
Le cose vanno leggermente meglio a Torino: 8,5 euro. Per Ancona e Cagliari la cifra si aggira intorno ai 10 euro; per Bari, Bologna, Campobasso e Palermo è pari a 9,5 euro; e infine per Venezia e Pescara è di 9 euro.
Nella propria analisi, Fabi spiega che:
Gli interessi praticati dalle banche sui 1.151 miliardi di euro depositati nei conti correnti – seppur particolarmente contenuti, nonostante l’aumento del costo del denaro portato dalla Banca centrale europea al 4,5% tra il 2022 e il 2023 con 10 rialzi in 14 mesi – non sono tutti uguali nel Paese. Si registrano ampie divergenze territoriali e regionali nei rendimenti che le banche riconoscono nel “salvadanaio” della loro clientela. La classifica delle remunerazioni, dunque, dimostra che, da Nord a Sud, non ci sono le stesse opportunità di guadagno per i risparmi delle famiglie italiane: la media nazionale del tasso d’interesse praticato dalle banche alla clientela per un conto corrente fino a 50.000 euro – a fine 2023 – è dello 0,21%, ma nelle 20 regioni del Paese vi sono livelli assai diversi.