Lavoratori con competenze AI difficili da trovare: i numeri di Confartigianato
La domanda di lavoratori sta sostenendo i processi di crescita, anche se è inserita in un ciclo economico caratterizzato da una spiccata debolezza. Le imprese, ad ogni modo, sono sempre più alla ricerca di figure professionali specializzate, che siano in grado di affrontare la transizione digitale e quella green. Ma reperire del personale con le competenze adeguate è sempre più difficile. Le imprese, per riuscire ad attrarre i giovani, stanno reagendo in maniera diversa e cercano di trattenere i lavoratori con le skills più elevate e l’esperienza necessaria.
A scattare una fotografia del mondo del lavoro e dell’impatto dell’intelligenza artificiale ci ha pensato Confartigianato, che ha messo in evidenza che l’impatto dell’IA sia rilevante sul mercato del lavoro. E che, soprattutto, determini una serie di opportunità importanti e varie forme di collaborazione nella gestione delle piccole imprese. I vari processi di transizione digitale e di diffusione dei sistemi di intelligenza artificiale possono essere ostacolati dall’assenza di lavoratori qualificati.
Intelligenza artificiale: lavoro e imprese
L’analisi effettuata da Confartigianato mostra come in Italia il 36,2% degli occupati svolga delle professioni che sono particolarmente esposte all’intelligenza artificiale. Le micro e piccole imprese pioniere nell’IA sono 125 mila: stiamo parlando del 12,6% delle imprese che hanno tra 3 e 49 addetti, le quali, nel biennio 2021-2022, hanno utilizzato una o più soluzioni di intelligenza artificiale.
I dati Eurostat mettono in evidenza che l’Italia è al quarto posto nell’Ue a 27 per quota di piccole imprese che impiegano dei robot. La percentuale è pari al 6,9%, che supera quella media europea al 4,6% e il 6% della Francia. Ed è quasi il doppio di quella della Germania (3,5%).
Lo sviluppo dei vari sistemi di intelligenza artificiale ha fatto in modo che si sviluppassero dei fenomeni di polarizzazione del lavoro e di disparità del reddito. Si è andata a costruire, inoltre, una collaborazione tra lavoratori e sistemi di intelligenza artificiale rispetto alla sostituzione degli input di lavoro. Per il futuro è atteso un riequilibrio del portafoglio delle competenze imprenditoriali: il fenomeno sarà più marcato nelle piccole imprese, dove l’imprenditore accentra su di sé le attività caratteristiche di professioni che risultano essere maggiormente orientate a collaborare con l’intelligenza artificiale.
I rischi della mancanza dei lavoratori qualificati
Le imprese prevedono l’ingresso di 699 mila lavoratori con un’elevata richiesta di competenze digitali avanzate. Più della metà di questi addetti (51,8%) risulta di difficile reperimento: si tratta di qualcosa come 362 mila lavoratori con competenze in grado di gestire le varie tecnologie connesse con l’intelligenza artificiale, il cloud computing, l’Industrial Internet of Things (IoT), il data analytics e big data, la realtà virtuale e aumentata e la blockchain.
La percentuale sale al 54,9% per le micro e piccole imprese che richiedono le stesse competenze.
Dove mancano i lavoratori
La mancanza di lavoratori in grado di lavorare con l’intelligenza artificiale è più forte soprattutto nel Trentino Alto Adige, con il 65,8% delle entrate con elevata richiesta di competenze digitali avanzate 4.0 che risultano difficili da reperire. Seguono:
- Friuli-Venezia Giulia con 62,6%;
- Umbria con 60,3%;
- Marche con 57,1%;
- Veneto con 56,3%;
- Emilia-Romagna con 55,8%.
La quota è superiore al 50% anche in:
- Toscana: 54%;
- Liguria: 53,1%;
- Piemonte: 53%;
- Lombardia: 52,3%;
- Abruzzo: 52%.
Tra le province il mismatch tra domanda e offerta di personale con elevate competenze per applicare le tecnologie più innovative troviamo:
- Bolzano con 69,2% delle entrate difficili da reperire;
- Trieste con 68,3%;
- Terni con 67,5%;
- Udine con 66,5%;
- Cuneo con 66%;
- Lucca con 64,2%;
- Lodi con 63,6%;
- Gorizia: 61,9%;
- Biella: 61,4%;
- Trento: 61,4%;
- Lecco: 60,7%;
- Belluno: 60,5%;
- Macerata: 60,4%.