Finanza Pensione: Istat stima che si andrà a quasi 70 anni nel 2051. Squilibri tra nuove e vecchie generazioni

Pensione: Istat stima che si andrà a quasi 70 anni nel 2051. Squilibri tra nuove e vecchie generazioni

9 Ottobre 2024 12:53

Gli italiani potranno andare in pensione nel 2051 a quasi 70 anni.  Stime che sono state fornite dall’Istat, e in particolare dal presidente Francesco Maria Chelli in audizione davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato sul Piano strutturale di bilancio (Psb).

Rispetto agli attuali 67 anni per la pensione di vecchiaia, “si passerebbe a 67 anni e 3 mesi dal 2027, a 67 anni e 6 mesi dal 2029 e a 67 anni e 9 mesi a decorrere dal 2031, per arrivare a 69 anni e 6 mesi dal 2051”, ha chiarito Chelli. II progressivo innalzamento dell’età pensionabile a 70 anni, delineato dall’Istat, è uno scenario che riflette la crisi demografica in corso in Italia.

Indicazioni che arrivano dopo che l’Inps ha pubblicato il “XXIII Rapporto annuale sulle pensioni” con cui l’istituto nazionale di previdenza sociale aveva lanciato un allarme, ossia che la possibilità di lasciare il lavoro anticipatamente rispetto all’età richiesta, unita ai trattamenti più favorevoli per chi è andato in pensione prima dell’introduzione del sistema contributivo, potrebbe generare squilibri nel sistema previdenziale.

Declino nascite e popolazione più vecchia: la fotografia dell’Istat

C’è uno squilibrio tra nuove e vecchie generazioni, come ha rimarcato il numero uno dell’Istat.  “Le prospettive future comportano un’amplificazione dello squilibrio tra nuove e vecchie generazioni che appare guidato più dall’attuale articolazione per età della popolazione che dai cambiamenti demografici ipotizzati (evoluzione di fecondità, mortalità e dinamiche migratorie): la proporzione è, all’incirca, di due terzi e un terzo rispettivamente“, ha precisato Chelli.

L’aumento dell’età pensionabile, dice il numero uno dell’Istituto nazionale di statistica, è il risultato dell’aumento della speranza di vita e della necessità di garantire la sostenibilità del sistema pensionistico, che sta affrontando però un forte squilibrio intergenerazionale, accelerato dal declino delle nascite e dall’invecchiamento della popolazione.

Numeri alla mano, nei primi sette mesi del 2024, l’Istat certifica che le nascite sono calate ulteriormente, raggiungendo circa 210mila, con un saldo naturale negativo aggravato dalla crescita del numero di anziani. E se nel 2024 le nascite sono state circa 210 mila, oltre 4 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2023, scendono anche i decessi che nei primi sette mesi dell’anno in corso sono stati 372mila contro i 389 mila dell’anno precedente. A ciò si aggiunge il fatto che secondo l’Istat nel 2031, il 27,7% della popolazione italiana sarà costituito da persone di 65 anni e più, e questa percentuale potrebbe salire al 34,5% entro il 2050.

Alla luce di tutto questo, “l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà quindi importante, dovendo fronteggiare i fabbisogni di una quota crescente (e più longeva) di anziani» sottolinea Chelli. E anche in uno scenario di natalità più favorevole, ci sarà comunque “un’amplificazione dello squilibrio tra nuove e vecchie generazioni”.

Come saranno le famiglie italiane nel futuro

L’Istat rivela inoltre come aumentano le coppie senza figli, i genitori single, e tutto ciò ha un peso sul futuro della nostra nazione.

Chelli ha parlato anche di quella etichetta come “instabilità coniugale” che comporterà, infine, anche un aumento più contenuto di famiglie composte da un genitore solo, che passeranno da 2,8 milioni (il 10,6% del totale) a 2,9 milioni (10,8%). “In futuro si prevedono famiglie sempre più piccole e caratterizzate da una maggiore frammentazione, il cui numero medio di componenti scenderà dalle attuali 2,25 persone per famiglia a 2,18 nel 2031” dice l’Istat.

Ultima nota il peso dei flussi migratori sul futuro della demografia nazionale. Il presidente dell’Istat ha chiarito che crescono sia gli ingressi sia le uscite, per la precisione, ossia 253mila ingressi (+10mila rispetto ai primi sette mesi 2023) e 106mila uscite (+16mila) il che significa che per il momento, un saldo migratorio con l’estero ampiamente positivo (+147mila) e di 6mila unità inferiore a quello registrato nello stesso periodo del 2023.