Banche sotto pressione dopo Fed, troppo presto per sentenziare fine del rally reflattivo (analisti)
Le banche hanno subito un sell-off a livello globale all’indomani della riunione del FOMC di settimana scorsa Movimento sorprendente dato che la politica monetaria della Fed si avvia a essere più hawkish e questo normalmente considerato positivo per le banche. La spiegazione è da trovare nel fatto che gli investitori hanno alleggerito le posizioni sugli assets reflattivi poiché le aspettative di inflazione sono diminuite.
“In sostanza, mentre le decisioni aggressive percepite sarebbero teoricamente positive per gli utili bancari (tramite tassi a breve termine più elevati), questo vantaggio è stato più che compensato dall’impatto negativo sul multiplo degli utili (che tende a diminuire su una curva dei rendimenti appiattita)”, rimarca Mark Conrad, portfolio manager di Algebris. Tuttavia, l’esperto chiarisce un paio di punti. Primo, mentre l’ultima mossa di tapering della Fed ha causato un appiattimento della curva, l’ipotesi che una curva più piatta significhi titoli bancari a valutazioni più basse non necessariamente regge. La curva US 2/30 è crollata da 300 a 50 pb mentre la Fed ha ridotto (e successivamente aumentato) gli stimoli dal 2014 al 2018 e l’indice delle banche statunitensi è salito da 70 a 110. In secondo luogo, mentre riteniamo che sia troppo presto per concludere che il rally reflattivo sia finito, c’è molto di più da apprezzare per le azioni bancarie rispetto alla sensibilità a una curva più ripida. Significativi ritorni di capitale, un ciclo di aumento degli utili in accelerazione, un nascente ciclo di fusioni e acquisizioni e valutazioni storicamente basse sono tutti fattori chiave che forniscono un forte sfondo fondamentale per le azioni bancarie europee nei prossimi due anni.