Report occupazionale Usa: mercato del lavoro si rafforza, ma non troppo. Si smorza ansia tapering Fed
Gli economisti di Goldman Sachs avevano previsto una creazione, negli Stati Uniti, di 750.000 nuovi posti di lavoro, a maggio, a fronte di un tasso di disoccupazione in calo al 5,8%. Gli economisti intervistati da Dow Jones avevano mostrato una cautela maggiore, stimando 671.000 nuovi posti di lavoro, rispetto agli appena 266.000 posti che erano stati creati ad aprile. Citi aveva stimato dal canto suo un’occupazione in crescita di 760.000 unità, mettendo però le mani avanti, e affermando che numeri particolarmente bassi dell’occupazione che avessero deluso l’outlook avrebbero potrebbero indicare che la Fed non avrebbe proceduto al tapering del Quantitative easing almeno fino al prossimo anno.
Il report occupazionale Usa è stato finalmente diramato, e il numero sui nuovi occupati è stato deludente: nel mese di maggio sono stati creati 559.000 nuovi posti di lavoro.
Migliore delle attese è stato invece il tasso di disoccupazione, sceso dal 6,1% al 5,8%, rispetto al 5,9% del consensus generale.
In generale il rapporto indica un dato di fatto, che viene ripetuto da una parte del pianeta all’altra: l’economia americana non è ancora guarita dalla profonda ferita inferta dalla pandemia Covid-19 e dalle relative misure di lockdown.
Certo, come ha scritto su Twitter Zach Moller di Third Way Economic il miglioramento del mercato del lavoro Usa è stato solido, grazie alla velocità delle vaccinazioni negli Stati Uniti. Ma sempre Moller ha sottolineato che “la partecipazione alla forza lavoro è cambiata poco a maggio, confermandosi inferiore di 1,7 punti percentuali al livello del febbraio del 2020″, precedente la pandemia.
Di fatto, c’è da considerare il numero di quelle persone che non hanno cercato attivamente un posto di lavoro nelle ultime quattro settimane o che sempre nello stesso arco temporale non sono state disponibili a lavorare immediatamente: gli inattivi. Il numero di queste persone è rimasto praticamente invariato a 6,6 milioni a maggio, confermandosi superiore di 1,6 milioni di unità rispetto al febbraio del 2020.
Questo fattore porta a spiegare il tasso di partecipazione alla forza lavoro, che a maggio è stato pari al 61,6%, rispetto al 61,8% atteso, al 62,8% precedente la pandemia e al 61,7% di aprile.
Altro fattore non trascurabile, tutt’altro: nel mese, sono state 7,9 milioni le persone che hanno dichiarato di non essere state messe nella condizione di lavorare in quanto i datori di lavoro avevano fermato le attività imprenditoriali, anche causa fallimento delle aziende.
Il Bureau of Labor Statistics ha inoltre scritto nel rapporto che i salari orari, in media, e per tutti i dipendenti dei settori non agricoli, sono aumentati di 15 centesimi a $30,33, dopo il rialzo di 21 centesimi ad aprile. Il trend degli ultimi due mesi – si legge nel comunicato – suggerisce che “è possibile che l’aumento della domanda di lavoro associata alla ripresa dalla pandemia abbia esercitato una pressione rialzista sui salari.Tuttavia, visto che i salari medi variano in modo ampio a seconda dei sttori, le forti fluttuazioni dell’occupazione a partire dal febbraio del 2020 complicano l’analisi dei trend recenti dei salari medi orari”.
A proposito di settori, la creazione di nuovi posti di lavoro è stata registrata soprattutto nel comparto alberghiero e tempo libero, visto che i consumatori, con la riapertura delle economie, sono tornati di corsa nei bar e nei ristoranti.
In questo settore – -leisure and hospitality – le buste paga sono balzate di ben 292.000 unità. Il comparto dell’edilizia ha assistito invece a una contrazione dell’occupazione, pari a 20.000 unità, a causa principalmente delle perdite accusate dalle aziende attive nel settore non residenziale: è possibile che il trend sia stato provocato soprattutto dalla carenza dei materiali da costruzione che ha colpito i costruttori.
Buste paga in aumento anche nel settore health care e assistenza sociale (+46.000), così come nel comparto manifatturiero (+23.000), trasporti e magazzini (+23.000), commercio all’ingrosso (+20.000) e servizi professionali e aziendali (+35.000).
Dato positivo, ma non troppo: l’ideale per i mercati drogati dalla Fed
La notizia non eccessivamente positiva arrivata con il report occupazionale – ma neanche negativa – per ora calma i nervi dei trader, che erano stati scossi nelle ultime ore soprattutto dall’ansia di un tapering più o meno imminente da parte della Fed del suo piano di Quantitative easing.
L’ansia era stata rinfocolata da alcune indiscrezioni del Wall Street Journal, secondo cui il tapering sarebbe di fatto già qui. Jerome Powell & Co sarebbero pronti infatti a iniziare a ritirare gradualmente almeno i bazooka anti-Covid lanciati l’anno scorso, in primis il piano ad hoc con cui la Fed ha iniziato a fare incetta di corporate bond ed ETF.
A dispetto del rialzo dei salari, la paura dell’inflazione sembra così rientrare: i tassi sui Treasuries Usa a 10 anni sono infatti in ribasso, e scendono anche sotto la soglia dell’1,60%, all’1,587%.
Anche il calo del dollaro lascia pensare che il tapering sia per ora ancora lontano: l‘euro si rafforza dello 0,43% a $1,2177, il dollaro scende anche nei confronti della sterlina, con il cambio GBP/USD in crescita dello 0,62% attorno a $1,42.