Janet Yellen e la ‘gaffe’ sui tassi: l’ex Fed riporta sui mercati il taper tantrum, poi fa errata corrige
Janet Yellen confonde i mercati di tutto il mondo, scatenando il taper tantrum, con una frase che gela il sentiment degli operatori di mercato: “I tassi di interesse Usa potrebbero dover salire un po’, per impedire che l’economia si surriscaldi”.
Wall Street scivola ai minimi intraday trascinandosi dietro Piazza Affari e altri indici azionari.
Trader e investitori paventano il peggio, ovvero l’imminente annuncio da parte della Federal Reserve di Jerome Powell di un piano di tapering del QE, ovvero di ritiri graduali degli acquisti di asset: ritiro graduale, per semplificare, di quella linfa monetaria che ha tenuto per ora in vita la borsa Usa, facendo balzare alcuni titoli anche a valori stratosferici.
E’ la cronaca della giornata di ieri, che ha visto protagoniste le dichiarazioni del segretario al Tesoro Usa Janet Yellen, seguite da un pronto dietrofront.
Dopo un po’ è stata infatti la stessa Yellen, ex presidente della Fed scelta alla guida del Tesoro dal presidente americano Joe Biden, a correggersi. Rispondendo a una domanda su cosa intendesse dire con la sua frase sui tassi, l’economista ha detto:
“Non credo che ci sarà un problema legato all’inflazione. Ma se ci sarà, possiamo contare sul fatto che la Fed lo affronterà”.
Il Dow Jones ha limitato i danni chiudendo poco al di sopra della parità, mentre il Nasdaq, già affossato dagli smobilizzi sui tecnologici, ha concluso la sessione in calo dell’1,88%.
Troppo tardi per il danno, che ormai c’era già stato.
Yellen ha lanciato l’alert sul rischio di surriscaldamento dell’economia durante il forum economico lanciato da The Atlantic, precisando che, “anche se la spesa (federale) aggiuntiva è relativamente contenuta rispetto alla dimensione dell’economia, potrebbe comunque provocare un aumento dei tassi di interesse molto modesto”, dopo la frase cruciale, in originale, “It may be that interest rates will have to rise somewhat to make sure that our economy doesn’t overheat”, dal significato inequivocabile, in un momento tra l’altro in cui non si fa altro che parlare del rischio di inflazione in Usa.
Il segretario al Tesoro Usa ha successivamente corretto il tiro, precisando il senso delle sue parole in occasione del CEO Council Summit del Wall Street Journal:
“Non è qualcosa che sto prevedendo o raccomandando – ha precisato – Se c’è qualcuno che apprezza l’indipendenza della Fed, quella sono io, e faccio notare che si può contare sulla Fed per qualsiasi cosa sia necessaria, al fine di centrare gli obiettivi”.
Certo, il dubbio che il passo indietro sia stato fatto al solo scopo di placare le vendite su Wall Street e non tanto per rassicurare sul non problema dell’inflazione, c’è. Che l’economia Usa si stia surriscaldando è un dato di fatto: lo dimostra il dato relativo al Pil del primo trimestre, balzato del 6,4%.
Per il secondo trimestre, inoltre, gli analisti di Goldman Sachs prevedono una crescita del 10,5% circa.
Come potrebbe essere diversamente, con tutti quei bazooka fiscali anti-Covid arrivati da Washington, e i bazooka monetari firmati dalla Fed lanciati negli ultimi mesi, al fine di proteggere l’economia dagli effetti della pandemia Covid-19?
Da quando è esploso in Usa l’alert coronavirus, nel marzo del 2020, il Congresso ha lanciato spese per un valore di $5,3 trilioni circa, fattore che ha fatto salire il deficit dell’anno fiscale 2020 a più di $3 trilioni, creando un buco di $1,7 trilioni nel primo semestre dell’anno fiscale 2021.
Inoltre, dopo il bazooka anti Covid-19 da $1,9 trilioni, Biden sta spingendo per un piano di rilancio infrastrutture, che potrebbe far lievitare le spese di altri $4 trilioni, per finanziare diversi progetti di lungo termine. E che, facendo balzare la crescita del Pil Usa, inevitabilmente dovrebbe dare una spinta anche all’inflazione.
Inflazione e tassi, Buffett: l’economia è rovente
E’ naturale che il mercato tema l’inflazione. D’altronde, è più di un anno che i tassi sui fed funds sono ancorati a un valore vicino allo zero da più di un anno, nonostante l’economia si stia espandendo al ritmo più forte in quasi 40 anni.
A lanciare l’alert inflazione è stato, in occasione dell’assemblea annuale degli azionisti della sua holding Berkshire Hathaway, anche l’oracolo di Omaha Warren Buffett, che non per niente ha parlato di economia rovente.
Mohamed El-Erian, responsabile consulente di Allianz, il colosso di cui fa parte Pimco, ha lanciato inoltre un monito alla Fed di Powell affermando che, a suo avviso, il rialzo dei prezzi non è affatto un fenomeno transitorio. Un avvertimento era arrivato anche da Moody’s, che teme un tapering e un primo rialzo dei tassi molto prima di quanto Jerome Powell & Co dicono di prevedere.
Oggi i tassi sui Treasuries decennali sono in rialzo all’1,60%, decisamente al di sotto dei massimi in più di un anno testati alla fine di marzo all’1,77%. Tanto che, nel mese di aprile, i titoli di Stato Usa hanno invertito il trend dopo quattro mesi consecutivi di ribassi, e proprio grazie alle rassicurazioni della Fed, che tra l’altro è disposta ad accettare anche che l’inflazione Usa salga momentamente oltre il target fissato al 2%.
Ma che dire del boom delle commodities: dei prezzi del rame, del petrolio, e anche dei prodotti agricoli?
Che dire in particolare del boom del Bloomberg Agriculture Spot Index, indice volato ad aprile del 72,3% su base annua e che ha riportato il rialzo, su base annua, più forte in quasi un decennio?
E’ vero che il dato sull’inflazione che la Fed tiene in considerazione per dare una direzione alle proprie decisioni di politica monetaria è l’inflazione core.
Ma qualcuno ha da ridire anche su questo: nella vita pratica delle persone e sullo status dei loro portafogli le componenti no-core, come i prezzi dei beni energetici per esempio (vedi benzina) e dei beni alimentari (vedi boom zucchero, mais & Co ) contano eccome. E la Fed dovrà dimostrare di riuscire a destreggiarsi tra ripresa del Pil e ripresa, anche, delle pressioni inflazionistiche. Entrambe chiaramente già in atto.