Profumo e il marchio dei giudici ‘spiccata capacità a delinquere’ nel caso Mps (anche su Viola). Lega e Bluebell: ‘Via da Leonardo’
L’ex presidente di Mps Alessandro Profumo nell’occhio del ciclone dopo la pubblicazione delle motivazioni dei giudici di Milano sulla sentenza di condanna a sei anni dello scorso 15 ottobre, che ha colpito lui e l’ex AD di Monte dei Paschi, Fabrizio Viola.
Profumo, si sa, è al timone di Leonardo, in qualità di amministratore delegato, e in diversi chiedono la sua testa. E il titolo Leonardo di fatto soffre, scontando il rischio che Profumo sia costretto a lasciare la guida del colosso della difesa controllato dallo Stato, dopo che l’ex presidente del Monte dei Paschi, insieme a Fabrizio Viola, è stato descritto dai giudici come soggetto con “spiccata capacità a delinquere”.
Immediata la reazione del fondo Bluebell e della Lega, in prima linea nel chiedere che Leonardo nomini un nuovo ceo e che, dunque, il governo Draghi metta Alessandro Profumo da parte.
A proposito di Bluebell, proprio due giorni fa l’assemblea di Mps aveva annunciato la decisione di respingere le due azioni di responsabilità promosse dal fondo, la prima contro gli ex vertici, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, e la seconda nei confronti dell’attuale consiglio presieduto da Patrizia Grieco. Le azioni sono state respinte con il 97,5% dei voti. Ad essere determinante proprio il voto del Ministero dell’Economia, che possiede il 64% di Mps.
Alla luce della pubblicazione delle motivazioni della sentenza contro gli ex vertici di Mps, nelle ultime ore il fondo creato da Giuseppe Bivona è tornato alla carica:
“Si auspica che il governo Draghi ingiunga immediatamente al cda di Mps di promuovere l’azione di responsabilità contro Profumo e Viola e rimuova Profumo dal vertice di Leonardo“, ha dichiarato Bivona.
Lo sfogo di Viola: ‘Io e Profumo evitammo fallimento Mps’
Dal canto suo, Viola rilascia un’intervista al Sole 24 Ore, che riassume la sua posizione nel titolo dell’articolo: “Scelte condivise con la Vigilanza, trattati come chi creò il marcio”.
Così l’ex ceo del Monte dei Paschi:
“Io e Alessandro Profumo abbiamo evitato il fallimento di Mps e la crisi sistemica che avrebbe coinvolto di conseguenza milioni di depositanti. Credo che gli addetti ai lavori lo sappiano, di sicuro lo sanno le Autorità di Vigilanza a partire dalla Banca d’Italia che ci chiese di andare a Siena e che nel novembre 2011 era intervenuta con un finanziamento d’urgenza senza il quale gli sportelli non avrebbero riaperto. Non dico che ci saremmo aspettati un ringraziamento. Certo non avremmo mai pensato di essere condannati a una pena analoga a quella di chi prima di noi aveva fatto i danni e portato la banca in situazione di default“.
“La giustizia italiana ha messo di fatto sullo stesso piano noi e coloro che hanno distrutto la banca. Non siamo stati noi a creare il “marcio” nel Montepaschi. Noi quel marcio l’abbiamo tirato fuori, a partire dalla scoperta del ‘mandate agreement’ segreto che regolava i rapporti tra Mps e Nomura”.
E sulla decisione del cda di mantenere la contabilizzazione a saldi aperti, Viola ha spiegato che “il cda prese quella decisione sulla base delle istruzioni contenute in un documento congiunto di Bankitalia, Consob e Ivass. Mantenemmo in bilancio la contabilizzazione a saldi aperti ma contemporaneamente in una lunga nota integrativa si analizzavano le conseguenze della modalità alternativa di contabilizzazione, ovvero a saldi chiusi, al fine di assicurare la massima trasparenza al mercato e stante comunque l’incertezza interpretativa dei principi contabili internazionali riconosciuta anche dalle massime autorità italiane e anche europee”.
Fondo Bluebell e Lega: Profumo via da Leonardo
Si fa sempre più precaria la posizione di Alessandro Profumo alla guida di Leonardo in qualità di amministratore delegato. Ancora Bivona, creatore del fondo Bluebell, si è chiesto “quale Stato vorrebbe avere un soggetto dotato di ‘spiccata capacità a delinquere’ al vertice delle proprie aziende”. Facendo notare che, “alla luce di questo granitico compendio probatorio la sentenza rappresenta implicitamente un pesante atto d’accusa anche nei confronti di chi, nonostante l’evidenza dei fatti, ha difeso e difende a tutt’oggi Profumo e Viola“.
Chiede la testa di Profumo e la sua rimozione dallo scranno più alto di Leonardo anche la Lega. Il deputato della Lega Roberto Paolo Ferrari, capo Dipartimento Difesa e capogruppo in commissione Difesa alla Camera, si è chiaramente espresso:
“Le pesanti motivazioni della sentenza Milano sulla condanna di Alessandro Profumo a sei anni di reclusione e a una multa di 2,5 milioni per aggiotaggio e false comunicazioni sociali nella vicenda Mps rendono ancora più urgente la nomina di un nuovo amministratore delegato per Leonardo. Come più volte sottolineato in questi mesi dalla Lega, la permanenza di Profumo alla guida di Leonardo rischia di essere motivo di imbarazzo e un ostacolo per la società italiana che opera sui mercati globali nel delicato settore della Difesa e Sicurezza. Al tempo stesso la comprensibile determinazione di Profumo a proseguire la ‘battaglia giudiziaria’ dovrebbe imporre di lascare al manager la possibilità di difendersi senza che la vicenda legata a Mps si ripercuota negativamente su Leonardo in termini di opportunità di mercato e di quotazione del titolo”.
Le motivazioni dei giudici sulla condanna
“Un’intenzione d’inganno era il fine che animava il nuovo management, ossia rassicurare il mercato in vista dell’incetta di denari che si sarebbe da lì a poco perpetrata con gli aumenti di capitale“. Così nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso ottobre il tribunale di Milano ha condannato a 6 anni Alessandro Profumo e Fabrizio Viola imputati come ex presidente ed ex amministratore delegato di Mps. Le motivazioni hanno descritto gli ex dirigenti di Mps, come soggetti dotati di “spiccata capacità a delinquere”, che hanno agito – nell’interesse di Montepaschi – spinti dall’aspirazione “a vedere accresciuto (illegittimamente) il proprio personale prestigio, quali fautori della rinascita della banca”.
I giudici hanno parlato anche di un “ingiusto profitto, principalmente in favore della banca stessa, parsa navigare in migliori acque grazie al falso, che ne ha accresciuto la percezione di affidabilità”.
Ancora, “l’organismo di vigilanza ha assistito inerte agli accadimenti, limitandosi a insignificanti prese d’atto, nella vorticosa spirale degli eventi (dalle allarmanti notizie di stampa sino alla débâcle giudiziaria) che un più accorto esercizio delle funzioni di controllo avrebbe certamente scongiurato”.
“Il nuovo management” – si legge ancora nelle motivazioni – ha continuato con “la persistente rappresentazione a saldi aperti”, fino a “fornire un falso quadro informativo al mercato, in merito alla reale sostanza delle operazioni” Alexandria e Santorini. I vertici non esitarono a usare “artifizi altamente sofisticati per indurre in errore la platea degli investitori, destinatari di comunicazioni sociali che sistematicamente sovrastimavano le principali voci di bilancio”.
I giudici hanno così definito la condanna “congrua” per la “gravità degli addebiti (ostinatamente reiterati) e la spiccata capacità a delinquere” degli imputati, “ben consapevoli della vera natura delle transazioni strutturate e delle correlate immani criticità”, che con “censurabile atteggiamento attendista (agevolato da un certo assenteismo istituzionale)” hanno “riproposto al mercato la medesima soluzione contabile adottata dal precedente management, di cui era tuttavia nota l’ispirazione illecita”.
La risposta alle motivazioni di Profumo e Viola
“Non entriamo nel merito delle motivazioni della sentenza, che sono oggetto di approfondimenti da parte dei nostri legali, in vista del ricorso in Corte d’Appello, nel quale chiederemo la revisione radicale della sentenza di primo grado”. Così hanno reagito l’ex presidente di Mps Alessandro Profumo e l’ex ad Fabrizio Viola alle motivazioni della sentenza di condanna in primo grado da parte del Tribunale di Milano a sei anni di reclusione e a pagare una multa di 2,5 milioni per i reati di aggiotaggio e false comunicazioni sociali (sulla prima semestrale 2015).
“Nel 2012, su invito della Banca d’Italia, abbiamo assunto l’incarico di presidente (Profumo) e di amministratore delegato (Viola) di Mps. Il quadro macroeconomico era difficilissimo, per la crisi del rischio Italia, e la situazione della banca disperata. Quindi è stata una scelta fatta per spirito di servizio e non certo per convenienza personale. In particolare, Profumo ha rinunciato al compenso per il suo incarico di presidente”.
“In questo contesto abbiamo garantito la sopravvivenza di Montepaschi – hanno detto Profumo e Viola – Vorremmo soffermarci ora sulle famigerate Alexandria e Santorini, il cui danno prodotto alla banca abbiamo fatto venire alla luce noi, non altri. Come è noto, la condanna a 6 anni discende dalla nostra scelta di adottare, per le due operazioni, il criterio di contabilizzazione “a saldi aperti”. Ciò in continuità con le precedenti modalità di contabilizzazione e d’intesa con le autorità di vigilanza e controllo. È appena il caso di ricordare che una pena tanto severa mette di fatto sullo stesso piano noi, ovvero chi ha adottato un criterio contabile oggi in discussione ma non allora, e coloro che hanno distrutto quello che era il terzo gruppo bancario italiano, condannati a poco più di 7 anni”.
Il riferimento è ai predecessori Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, condannati in precedenza a 7 anni e mezzo.