Boom dell’e-commerce e digitale argina calo export. L’export digitale italiano vale 13,5 mld
L’e-commerce e il digitale. Questi i due argini che nel 2020 hanno saputo contenere il crollo degli scambi commerciali tradizionali, che in seguito all’emergenza Covid-19 sono calati in Italia di circa 10%, e sostenere le imprese nella gestione dei maggiori rischi di internazionalizzazione e nella ripartenza. E questo è avvenuto nonostante il peso dell’e-commerce italiano nel panorama globale sia ancora contenuto. Un’opportunità che va sfruttata. Come sottolinea Riccardo Mangiaracina, direttore dell’Osservatorio Export Digitale, “per sfruttare l’accelerazione impressa dalla pandemia e migliorare le performance di internazionalizzazione delle nostre imprese occorre una sapiente integrazione del digitale nelle modalità di export tradizionali, anche quando l’emergenza sarà superata”. Il digitale sta, infatti, diventando sempre di più un’opportunità abbordabile anche per aziende meno strutturate e con meno risorse. Certo, non è un’opportunità a costo zero, perché servono investimenti e competenze, ma il costo di non coglierla è rischiare di essere tagliati fuori dal mercato.
Alcuni numeri
Nel 2020 l’export digitale italiano di beni di consumo ha toccato un valore di 13,5 miliardi di euro, registrando una crescita del 14% e in linea con l’andamento pre-pandemia, e un’incidenza del 9% sull’export complessivo di beni di consumo (era il 7% nel 2019) e del 3% sulle esportazioni totali (2,5% nel 2019). Sebbene abbia mostrato un calo del 9% rispetto al 2019, il fashion è ancora il settore più importante, con un valore di 7,1 miliardi , pari al 53% delle esportazioni digitali di beni di consumo e al 16,5% di quelle online di settore. Segue il food, l’unico settore “favorito” dall’emergenza con una crescita del 46% e un valore di 1,9 miliardi di euro, pari al 14% dell’export digitale e al 4% di quello alimentare. Il terzo comparto è quello dell’arredamento che vale 1,1 miliardi e quasi l’8% delle esportazioni online e il 12% di quelle di mobili. Elettronica, cosmetica, cartoleria, giochi, articoli sportivi e gli altri comparti valgono complessivamente il 25% dell’export digitale B2c, ma singolarmente hanno un peso marginale. Questi alcuni numeri della ricerca dell’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata nel corso del convegno online “Export digitale, Covid ed emergenza: strategie per la ripartenza”.
Come detto l’emergenza sanitaria ha impresso una forte spinta alle esportazioni online ma ci sono ancora ampi margini di crescita in ambito eCommerce per le imprese italiane. Il 56% delle imprese usa i canali digitali per vendere prodotti all’estero – soprattutto in Germania (34,7%), Francia (26,8%), Regno Unito (26%), USA (25,4%), Spagna (18%) e Cina (11,4%) – e il 62% di queste lo fa in più di un mercato, ma quasi il 75% esporta online prodotti per meno del 20% del proprio fatturato. Un’impresa su dieci non ha né un export manager né un eCommerce manager, quasi la metà ha in organico solo il primo, il 70% ha inserito solo il secondo, mentre fra le imprese che esportano online una su due presenta entrambe le figure. Positiva la diffusione delle tecnologie digitali: l’80% ne impiega più di una in diverse funzioni aziendali, soprattutto marketing, distribuzione, vendite e produzione.
Effetto dell’Export digitale sulle performance aziendali
Nel 2020 sono state numerose le imprese che hanno deciso di aprire un canale eCommerce per vendere all’estero, con un impatto positivo sulle performance finanziarie, come rivela un sondaggio condotto dall’osservatorio su 162 aziende italiane di piccole, medie e grandi dimensioni attive in diversi settori. “L’export digitale contribuisce positivamente a diverse performance finanziarie analizzate, come il ROA, il ROE e il ROS – sottolinea l’osservatorio del PoliMi -. La profittabilità delle imprese, inoltre, aumenta al crescere dell’incidenza dell’export digitale sul fatturato complessivo”. A un maggior numero di mercati serviti, invece, può corrispondere un miglioramento all’inizio, ma una volta raggiunto un numero eccessivo di mercati le performance potrebbero anche peggiorare invece di crescere, perché aumentano i costi di coordinamento e si complica l’integrazione fra le diverse attività a livello internazionale. Infine, l’impatto dell’export digitale è positivo quando nell’organizzazione è presente un eCommerce manager oppure un export manager con competenze digitali e quando si impiegano tecnologie digitali nei diversi processi aziendali.