Privatizzazione Mps: anche Salvini dice no, con alert svendita. Ma Draghi e Franco tirano dritto con opzione UniCredit
Il leader della Lega Matteo Salvini dice no alla vendita di Mps a UniCredit, in generale alla privatizzazione del Monte di Stato, in un momento in cui il vecchio piano del Mef di Roberto Gualtieri sembra affossarsi ogni giorno di più. Il premier Mario Draghi e il Tesoro guidato da Daniele Franco sarebbero gli unici, apparentemente, a voler rispettare gli accordi con Bruxelles e a voler privatizzare la banca senese.
Un no a un deal Mp-UniCredit è arrivato praticamente da tutta la maggioranza che sostiene il governo Draghi: dal M5S sicuramente, che ha sempre detto che il matrimonio non s’ha da fare, dal PD con le sue varie fratture interne, che sembrava inizialmente disposto nei confronti dell’operazione di M&A e che ora avrebbe cambiato idea, da Forza Italia, che si è messa in evidenza con le recenti dichiarazioni del capogruppo di partito al Consiglio regionale della Toscana Marco Stella, e del commissario di Forza Italia Toscana, sen. Massimo Mallegni, secondo cui “se Mps finisce in mani straniere, anche aziende e asset italiani finiranno in mani straniere“.
Matteo Salvini su Mps: ‘venderla ora folle, momento peggiore’
Ieri il dossier, eterno protagonista dell’informazione finanziaria ma anche politica italiana, è stato ripreso dal leader del Carroccio nel corso di una intervista rilasciata a Bloomberg:
Matteo Salvini ha parlato della necessità di rimandare la vendita dell’istituto senese, sottolineando come una sua privatizzazione, ora, equivarrebbe praticamente a una svendita.
“Venderla ora sarebbe folle, si venderebbe a poco. Questo è assolutamente il momento peggiore”, ha detto.
Bloomberg ricorda che lo Stato detiene una quota del 64% circa nel capitale della banca: quota che ha pagato 6,49 per azione nel luglio del 2017, durante l’operazione di ricapitalizzazione precauzionale della banca.
Da allora, il titolo ha perso l’80% del suo valore, capitolando fino a 1,21 euro (dati relativi alle ore 14.30 delle contrattazioni della borsa di Milano nella giornata di ieri). Risultato: la banca ha un valore di mercato pari a 1,2 miliardi di euro.
Salvini ha detto che, a un certo punto, una opzione da considerare sarà quella di creare “una partnership con una banca più solida”. Ma per ora, ha auspicato, tutti fermi.
Eppure, riporta oggi La Stampa, la linea del Tesoro non sarebbe cambiata. “A quanto risulta da fonti accreditate – si legge nel quotidiano – l’intenzione del Tesoro sarebbe quella di sempre, ovvero favorire l’acquisizione di Siena da parte di UniCredit. E su quello si lavora. Un terreno già preparato a colpi di incentivi durante il Conte bis”.
Ma Salvini dice no, per l’appunto, in un momento tra l’altro in cui l’opposizione al deal arriva anche dal fondo Bluebell, azionista di Mps, e dagli stessi azionisti di UniCredit, come il patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio – che secondo recenti rumor vorrebbe salire ulteriormente nel capitale di Piazza Gae Aulenti. Lo stesso ceo designato di UniCredit Andrea Orcel sarebbe perplesso riguardo all’operazione, preferendo secondo alcune indiscrezioni un deal con il ben più solido Banco BPM.
Dal mondo politico il Consiglio regionale della Toscana, giorni fa, è stato compatto nel chiedere al governo Draghi che lo Stato resti più tempo nel Monte, valutando il rinvio della privatizzazione e l’ulteriore proroga della norma sul golden power.
M5S sogna MPs con Mediocredito centrale e Popolare Bari
La richiesta “lo Stato resti più tempo in Mps” è stata appoggiata da tutti i partiti rappresentati in Consiglio regionale della Toscana.
La risoluzione è stata firmata dal capigruppo Vincenzo Ceccarelli (Pd), da Stefano Scaramelli (Iv), Irene Galletti (Movimento 5 Stelle), Elisa Montemagni (Lega) e Marco Stella (Forza Italia).
Il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani si è detto “estremamente perplesso per l’operazione che potrebbe portare a fusione per incorporazione” e ha auspicato una ricapitalizzazione da parte dello Stato.
Per i 5Stelle, come emerge dall’interpellanza al ministro Daniele Franco da parte di Elio Lannutti & Co, l’ideale sarebbe “onorare la promessa di istituire una banca pubblica di investimenti, mettendo in campo il rilevante patrimonio di ramificazione territoriale ed il necessario fattore dimensionale, diventando così un’importante BPI (banca pubblica italiana), congiuntamente al Mediocredito centrale e alla sua partecipata Banca Popolare di Bari“, invece di procedere con la cessione-regalo di MPS alla UniCredit dell’ex ministro Padoan. Ex ministro Pier Carlo Padoan presidente designato di UniCredit che è stato attaccato anche da Giuseppe Bivona del fondo Bluebell.
Salasso di Stato: salvare Mps potrebbe costare 717 euro a famiglia
Lo Stato dunque rimarrà ostaggio di Mps? L’ultima parola spetta a Mario Draghi.
Vale la pena ricordare intanto quanto è emerso dai calcoli di Consumerismo No Profit, associazione dei consumatori che ricorda i numerosi interventi pubblici per salvare Mps e quelli che lo Stato si appresterebbe a mettere in atto. L’associazione scrive che “il salvataggio di Monte dei Paschi di Siena potrebbe costare in totale 717 euro ad ogni singola famiglia italiana“, ricordando quanto è stato speso dallo Stato per Mps negli ultimi anni:
“Nel 2017 lo Stato italiano ha salvato la banca spendendo 5,4 miliardi: 3,85 miliardi per iniettare mezzi freschi nella banca tramite la ricapitalizzazione precauzionale e 1,5 miliardi per comprare le azioni della banca che erano state assegnate ai titolari di obbligazioni subordinate della banca senese. Oggi il Tesoro è il primo azionista di MPS di cui detiene il 68,24% del capitale: nel 2017 ha pagato 7 euro in media per azione (6,49 euro per l’aumento di capitale e 8,65 euro per i possessori dei bond) quando oggi le azioni valgono 1,25 euro. Lo Stato su queste azioni ha perso 4,4 miliardi di euro ovvero l’82% di quanto investito“.
Facendo ulteriori calcoli, Consumerismo arriva alla cifra di 717 euro che verrebbe pagata da ogni famiglia italiana, considerando diversi fattori, tra cui sia quanto perso finora dallo Stato, che il rischio che sempre lo Stato debba accollarsi i 10 miliardi di cause legali, oltre ad altri “2,4 miliardi di crediti fiscali che lo stato regalerà a Banca MPS per invogliare un’altra banca a comprarla”.
“Bisogna iniziare a chiedersi su cosa vuole investire questo Paese, se sul passato o sul futuro – ha detto Roberta Rossi Gaziano, contributor in Investimenti Finanziari e Analisi Prodotti per Consumerismo No Profit – Salvare una banca tradizionale, i posti di lavoro, gli sportelli, tutte cose legate a un modo ‘vecchio’ di fare banca in un mondo che va verso il fintech o puntare sul futuro lasciando che sia il mercato e non lo Stato a decretare vincitori e vinti?”