Il Benessere degli italiani: peggiorano salute, istruzione e lavoro. Ecco la fotografia dell’Istat
La pandemia ha provocato danni enormi sul benessere degli italiani, colpendolo su diversi fronti, dalla salute all’struzione, dal lavoro al reddito. E’ ciò che si vede dalla fotografia scattata dall’Istat nell’ottava edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes), diffuso oggi. Analizzando diversi parametri diversi dal Pil, emergono le profonde trasformazioni che hanno caratterizzato la società italiana nell’ultimo decennio, incluse quelle più recenti determinate dal Covid-19.
Ebbene, cominciando dalla salute, ecco che l’evoluzione positiva della speranza di vita alla nascita tra il 2010 e il 2019, pur con evidenti disuguaglianze geografiche e di genere, è stata duramente frenata dal coronavirus che ha annullato, completamente nel Nord e parzialmente nelle altre aree del paese, i guadagni in anni di vita attesi maturati nel decennio. Nel Nord la speranza di vita passa da 82,1 anni nel 2010 a 83,6 nel 2019, per scendere nuovamente a 82 anni nel 2020.
C’è poi il capitolo scuola, dove l’Italia di certo non brilla rispetto agli paesi europei e la pandemia non ha fatto altro che ampliare il divario istruzione. Nonostante i miglioramenti conseguiti nell’ultimo decennio, non si è ancora in grado di offrire a tutti i giovani le stesse opportunità per un’educazione adeguata. Il livello di istruzione e di competenze che i giovani riescono a raggiungere dipende ancora in larga misura dall’estrazione sociale, dal contesto socio-economico e dal territorio in cui si vive. La pandemia, con la conseguente chiusura degli istituti scolastici e universitari e lo spostamento verso la didattica a distanza, o integrata, ha acuito le disuguaglianze. Il divario con l’Europa sull’istruzione continua ad ampliarsi: nel secondo trimestre 2020 il 62,6% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore (54,8% nel 2010); tale quota è inferiore alla media europea di 16 punti percentuali. Tra i giovani di 30-34 anni il 27,9% ha un titolo universitario o terziario (19,8% nel 2010) contro il 42,1% della media europea.
Nel 2020 il percorso scolastico dei ragazzi ha subito una delle più profonde e improvvise trasformazioni, passando da una didattica totalmente in presenza a una a distanza. Nonostante gli sforzi di dirigenti, docenti e famiglie, l’8% dei bambini e ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado è rimasto escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza e non ha preso parte alle video-lezioni con il gruppo classe. Tale quota sale al 23% tra gli alunni con disabilità. La didattica a distanza si è scontrata con le difficoltà nelle competenze digitali della popolazione italiana, che presenta una delle situazioni peggiori in Europa. Nel 2020 un terzo delle famiglie italiane non dispone di computer e accesso a Internet da casa.
Non va certo meglio per il lavoro. Nel secondo trimestre 2020, l’emergenza sanitaria ha comportato in Italia un forte calo del numero di occupati: sono 788mila in meno (tra i 20-64 anni) rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Il tasso di occupazione (sempre 20-64 anni) scende al 62%, in diminuzione di 2 punti percentuali. In dieci anni i divari con l’Europa per i tassi di occupazione si sono ulteriormente allargati e sono particolarmente evidenti per le donne. Nel 2010, il tasso di occupazione delle donne di 20-64 anni in Italia era di 11,5 punti più basso rispetto alla media europea, e nel 2020 il distacco arriva a circa 14 punti in meno.
In termini di retribuzione, dopo anni di sostanziale stabilità, nel secondo trimestre 2020 sale al 12,1% l’incidenza dei lavoratori dipendenti con bassa paga. Il crollo dei livelli di attività economica ha avuto effetti negativi sul reddito, sul potere d’acquisto e soprattutto sulla spesa per consumo. L’aumento della povertà si è concentrato su alcuni segmenti di popolazione e su alcuni territori. La stima preliminare per il 2020 identifica oltre 5,6 milioni di individui in condizione di povertà assoluta in Italia, con un’incidenza media pari al 9,4%, dal 7,7% del 2019: si tratta dei valori più elevati dal 2005. La povertà cresce soprattutto al Nord, area particolarmente colpita dalla pandemia, dove la percentuale di poveri assoluti passa dal 6,8% al 9,4% degli individui.