Confindustria: Irpef da Frankenstein, stop a Irap e basta giungla bonus. Patrimoniale? Ce ne sono già 17
Patrimoniale? Ce ne sono già 17. Riforma Irpef? Sicuramente la sua progressività va ridisegnata, è una imposta che “sembra uscita dal bisturi del Dr. Frankenstein. Detto questo, bisogna riformare tutto il fisco. Irap? Occasione storica per abolirla. E basta con la giungla dei bonus, a questo punto meglio una tassazione bassa. Nel suo intervento presso le Commissioni riunite Finanze di Camera e Senato Emanuele Orsini, vicepresidente di Confindustria per il Credito, la Finanza e il Fisco ha presentato la posizione dell’associazione degli industriali sulla questione del fisco italiano, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla riforma dell’Irpef. Indagine che “la VI Commissione Finanze della Camera e la VI Commissione Finanze e Tesoro del Senato” stanno portando avanti, come ha annunciato stamattina, in una nota, il Presidente della Commissione Finanze della Camera e Deputato di Italia Viva, Luigi Marattin.
Orsini ha precisato come, secondo Confindustria, l’Italia abbia bisogno di una riforma che riguardi il fisco nella sua totalità, non solo di una riforma dell’Irpef.
“E’ l’intero sistema fiscale, e non solo l’Irpef, che ha bisogno di una riforma”, ha sottolineato, avvertendo allo stesso tempo che “ci vuole tempo, le riforme non si fanno con la decretazione d’urgenza”.
Irpef, Confindustria: ‘sembra uscita da bisturi Frankestein’
Partendo dall’Irpef, il giudizio è stato a dir poco da bocciatura. Orsini ha fatto notare che l’imposta, per l’appunto, “sembra uscita dal bisturi del Dr. Frankenstein”, con le sue “parti estranee e incoerenti, tenute l’una all’altra solo dal filo ideale di tassare il reddito personale“.
L’ imposta coinvolge soprattutto dipendenti e pensionati, come emerge anche dai “dati del Mef”, secondo cui, insieme, le due categorie “fanno l’87% dei contribuenti Irpef e versano circa l’81% dell’imposta totale”.
Va ridisegnata la progressività dell’imposta.Con l’Irpef attuale “un dipendente che cerca di guadagnare un euro in più finisce col trovarsi in tasca pochi centesimi o, al limite, col peggiorare la propria situazione complessiva, perdendo bonus e detrazioni”.
Ancora, per un lavoratore dipendente “l’aliquota marginale effettiva sopra i 28 mila euro è di oltre il 31% (quella legale è del 27%). Tra i 35 mila ed i 45 mila euro il prelievo effettivo arriva al 61% (a fronte di un’aliquota legale del 38%)”.
Nello snocciolare i dati, il dirigente di Confindustria lo ha detto chiaro e tondo: “Questo sistema è un disincentivo al lavoro e alla produttività“.
Di conseguenza, la priorità è “regolarizzare l’andamento delle aliquote effettive dell’Irpef, va alleggerita la pressione sui redditi medi, eliminando i disincentivi ad aumentare il reddito, in particolare sopra i 28mila euro, soglia oltre la quale l’attuale modello produce le distorsioni più ampie”.
La soluzione proposta da Confindustria “è ridisegnare i parametri dell’imposta esistente, mantenendo un sistema ad aliquote e scaglioni, ma riducendo l’ampiezza dei ‘salti’ di aliquota, in particolare tra secondo terzo scaglione, e applicando le detrazioni decrescenti in maniera più lineare rispetto al reddito, a partire da 28 mila euro”.
Tra l’altro, sono “troppe le eccezioni all’Irpef”, il che significa che “i regimi sostitutivi vanno valutati uno ad uno e quelli che intendiamo mantenere vanno almeno coordinati col regime normale”.
Patrimoniale, Confindustria: ce ne sono già 17
“Riguardo l’imposta patrimoniale il tema non è ‘se’ introdurne una, ma come riorganizzare le 17 che abbiamo già”. Orsini ha precisato che “gran parte del dibattito sull’imposta patrimoniale in Italia si concentra intorno agli immobili residenziali e alla prima casa. Un catasto obsoleto, la cui riforma è lunga e costosa, la congiuntura e le esperienze del passato invitano alla cautela”.
Irap, Confindustria: ha fatto il suo tempo. Basta giungla bonus
L’Irap, ha osservato Emanuele Orsini, “è un’imposta che ha fatto il suo tempo”. Ciò significa che, a seguito della cancellazione temporanea dei versamenti nel 2020, “il legislatore ha un’occasione storica per eliminarla del tutto. Si avrebbero enormi benefici in termini di semplificazione e attrazione di nuovi investimenti”.
In ogni caso, non bisogna “introdurre nuove imposte o oneri sulle imprese in questa congiuntura drammatica, in cui molte lottano per la sopravvivenza”.
Bocciatura in toto degli strumenti dei bonus fiscali:
“Meglio pochi grandi incentivi e una tassazione bassa, che una giungla di bonus minuscoli o per pochi eletti”. Orsini ha sottolineato che, in base all’ultimo rapporto, ci sono ben “602 agevolazioni a disposizione”, con la maggior parte che opera esclusivamente sull’Irpef: 196 misure, il 36,7% del totale. La conseguenza sulle entrate fiscali è “il mancato gettito è circa 40 miliardi di euro l’anno”. Ciò rende cruciale “una revisione coraggiosa e puntuale sulla base di dati ed evidenze oggettive”. Per esempio, “per ragioni di semplificazione ed equità potrebbe essere eliminata la galassia di ‘microagevolazioni’, con importi risibili o manciate di beneficiari e mantenuto un ristretto nucleo di spese fiscali, da classificare in ambiti (casa, famiglia, salute, etc.)”.
Immediata la nota dell’Unione nazionale dei Consumatori a seguito dell’intervento di Orsini:
“Per Confindustria, la progressività dell’Irpef va ridisegnata, eliminando i disincentivi ad aumentare il reddito, in particolare sopra i 28 mila euro, ma anche tra 35 mila ed i 45 mila euro dove il prelievo effettivo arriva al 61% a fronte di un’aliquota legale del 38%”.
E invece no, ha detto l’UNC: “No, il Fisco come ha detto Draghi deve essere, e soprattutto restare, progressivo. Se, con la scusa del disincentivo ad aumentare il reddito, come se qualcuno rinunciasse a dei soldi perché poi ci deve pagare anche le tasse, tocchiamo l’unica imposta progressiva rimasta, ossia l’Irpef, e non la prima aliquota del 23% ma la terza del 38%, è evidente che, in un momento già grave dove il Paese si sta indebitando fino al collo, finiremmo per fare l’opposto di quello che serve, ossia chiedere di pagare questi debiti ai ceti meno abbienti invece di domandare un contributo aggiuntivo ai più benestanti per uscire dall’emergenza Covid”, ha commentato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“L’art. 53 della Costituzione – ha continuato Dona – dice che il nostro sistema tributario dovrebbe essere informato a criteri di progressività, ossia la maggior parte delle imposte dovrebbero essere progressive. Invece solo l’Irpef è tale. In questi anni, poi, abbiamo già aumentato imposte proporzionali come l’Iva, prima dal 20 al 21 poi dal 21 al 22, gli oneri di sistema delle bollette di luce e gas, le accise sui carburanti, le tariffe di acqua e rifiuti. Se, come dice Draghi e come noi condividiamo, il Fisco deve essere progressivo, sono queste ultime a dover essere ridotte, non certo l’Irpef”.