Piano Mps: 2.670 esuberi, maxi aumento capitale e ritorno all’utile solo nel 2023. Tesoro insiste su nozze con UniCredit
Il cda di Mps approva il piano strategico 2021-2025, mentre il Tesoro intensifica il pressing su UniCredit, con l’imminente addio dell’amministratore delegato Jean-Pierre Mustier che spiana la strada alle nozze. Bloomberg riporta in un articolo come il Mef maggiore azionista della banca punti a raggiungere un accordo con Piazza Gae Aulenti all’inizio del 2021, magari entro la fine di marzo.
Un articolo de “Il Fatto Quotidiano” dedicato a Mps fa notare che, “in caso di fusione, ai valori di Borsa attuali lo Stato si troverebbe azionista del nuovo gruppo (che nascerebbe con la fusione tra UniCredit e Mps) tra il 5 e il 10% del capitale, in grado – facendo asse con la fondazione Cariverona – di avere un nocciolo di controllo italiano”.
“Problema – fa notare il fatto – i grandi fondi azionisti di UniCredit dovrebbero diluire la loro partecipazione e non è detto che il cda attuale, in scadenza, si sentirà di dare l’ok finale. Uno degli emendamenti dei 5Stelle prevede invece di convertire le Dta del Monte prima della fusione. In quel caso, il Tesoro supererebbe il 15% del nuovo gruppo. Ma il ministero non ne vuole sapere”, mentre tra i 5Stelle continua a circolare il mantra ‘Il matrimonio con UniCredit non s’ha da fare’.
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Fonti: Vendita Mps più urgente, accordo con UniCredit entro marzo
“La vendita è diventata più urgente, dopo che è stato stabilito che Mps potrebbe dover lanciare un aumento di capitale di almeno 2,5 miliardi di euro per continuare a operare, più di quanto atteso in precedenza”, hanno riportato le fonti a Bloomberg.
Se le trattative avranno successo, hanno riportato le stesse fonti, il piano di M&A tra le due banche sponsorizzato dal Tesoro potrebbe essere sottoposto agli azionisti del Monte dei Paschi e di UniCredit in occasione delle assemblee di aprile.
Anche Bloomberg riporta a tal proposito le indiscrezioni sul regalo-dote fiscale a cui il Tesoro starebbe lavorando per rendere Mps più appetibile e, soprattutto, per rassicurare Piazza Gae Aulenti sul fatto che un matrimonio avrà un impatto neutro sul suo capitale.
“L’Italia – si legge nell’articolo che riporta sempre quanto riferito da fonti vicine al dossier – sta preparando un pacchetto di incentivi che include un piano di agevolazioni fiscali e uno spin off dei rischi legali che incombono su Mps, del valore di 10 miliardi di euro, a una entità controllata dallo stato”. Si tratterebbe di Fintecna, controllata da Cassa depositi e prestiti. In poche parole, la zavorra dei rischi legali che affossa Mps non andrebbe, in caso di un’aggregazione, a pesare sulle spalle di UniCredit: ci penserebbe lo Stato, con l’aiuto onnipresente di Cassa depositi e prestiti, e in questo caso di Fintecna.
La dote fiscale a cui sta lavorando il team del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è un fattore chiave, continuano le fonti, che potrebbe valere fino a 3 miliardi di euro. Tuttavia, ha avvertito nello specifico una fonte, “il Parlamento deve ancora esprimersi su un emendamento che potrebbe ostacolare il deal limitando quei benefici a 500 milioni di euro, o facendo in modo che queste doti fiscali vengano utilizzate solo per le società che hanno meno di 50 dipendenti” (emendamento dei 5Stelle, contrari all’operazione Mps-UniCredit).
Il Tesoro ha tra risposto a Bloomberg, segnalando che la misura riferita alle doti fiscali non ha come target specifico il Monte dei Paschi o qualsiasi altra combinazione:
“Lo scopo è, piuttosto, di fornire incentivi alle aggregazioni, per affrontare il problema di lunga data della dimensione inadeguata delle società industriali e finanziarie”.
Bloomberg si interroga infine sul ruolo di Mustier – che fin da subito aveva detto no alla mela avvelenata Mps – che “rimane un punto interrogativo, visto che il ceo uscente potrebbe non voler firmare l’accordo (eventuale di fusione con Rocca Salimbeni) poco prima della sua uscita (dalla banca)”
Il ceo rimarrà in carica fino alla fine del suo mandato, che scade ad aprile, o fino a quando non sarà nominato il suo successore, stando a quanto ha riferito la stessa banca.
Mps in utile solo nel 2023: maxi aumento capitale e 2.670 esuberi
Il piano strategico approvato ieri dal cda di Mps illustra alcuni punti cruciali, ricapitalizzazione inclusa:
- Fabbisogno di capitale stimato tra 2 e 2,5 miliardi.
- Necessità di procedere a 2.670 esuberi.
- Ritorno all’utile dal 2023, dopo un pareggio soltano nel 2020.
Dalla nota diramata dalla banca a seguito della riunione del cda di ieri sera, emerge che Mps chiuderà in perdita anche nel 2021, a causa di “oneri di ristrutturazione” e “rettifiche di valore su crediti legate alla emergenza pandemica, ma con una attività commerciale in linea con quanto osservato nella seconda metà del 2020”.
Sul fronte degli esuberi, la riduzione di 2.670 persone nel periodo 2021-2025 a cui il piano strategico si riferisce, “tiene conto delle uscite, tramite il ricorso al fondo di solidarietà e turnover naturale, e dei nuovi ingressi”.
Il piano stilato sarà trasmesso al Tesoro, principale azionista dell’istituto con una quota del 64% circa, che si confronterà con il DG Comp, ovvero con la direzione generale della Commissione europea, che è responsabile della politica dell’UE in materia di concorrenza.
Ciò significa, precisa la banca, che le scelte fondamentali operate dal Piano “potrebbero essere soggette a cambiamenti a seguito delle interlocuzioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze con DG Comp”.
Il Piano, prosegue il comunicato, “è stato sviluppato sulla base assunzioni ritenute prudenziali dello scenario macroeconomico, ipotizzando in particolare il permanere degli attuali livelli dei tassi di interesse e un PIL nazionale al di sotto del livello precedente all’attuale crisi pandemica per almeno il prossimo triennio”.
Tre i pilastri attorno a cui ruoteranno le scelte del management nei prossimi mesi:
- La focalizzazione del modello di business sulla clientela chiave, in linea con le quote di mercato storiche e la graduale uscita da segmenti ad elevato assorbimento di capitale e ridotta redditività.
- La semplificazione organizzativa e l’avvicinamento del modello operativo al business.
- Il rafforzamento del bilancio ed il continuo focus sulla gestione dei rischi.
Riguardo all’aumento di capitale, nella nota Mps scrive che la banca “è impegnata a predisporre un nuovo capital plan da sottoporre alla Banca Centrale Europea entro il 31 gennaio 2021. Il capital plan conterrà una indicazione dei fabbisogni di capitale (di medio termine e non limitati al CET1), quantificati in una misura tra 2,0 miliardi e 2,5 miliardi, e un’indicazione circa le modalità per soddisfare detti fabbisogni. Il rafforzamento patrimoniale ipotizzato è idoneo a risolvere lo scenario di shortfall di patrimonio regolamentare che al 31 marzo 2021 è quantificato in oltre 0,3 miliardi e, al 1° gennaio 2022, in circa 1,5 miliardi”.
Nel piano ipotesi M&A senza vincoli
Nella nota dell’istituto senese si legge ancora:
“Il piano affronta l’ipotesi delle nozze di Mps con un altro possibile eventuale partner, laddove si ricordano gli impegni che sono stati assunti dal Governo Italiano alla base del Piano di Ristrutturazione definito per il periodo 2017-2021 e il conseguente DPCM del 16 ottobre 2020, nel cui ambito è stato segnalato opportuno “avviare un processo di dismissione della partecipazione detenuta dal Ministero (Mef) nel capitale sociale di MPS, da realizzare con modalità di mercato e anche attraverso operazioni finalizzate al consolidamento del sistema bancario”.
Di fatto, a fronte dell’ok dell’Ue all’operazione di ricapitalizzazione precauzionale del 2017, che ha siglato l’ingresso del Tesoro come maggiore azionista nel capitale di Mps, salvando così la banca, l’Italia aveva promesso alle autorità europee che lo Stato avrebbe dismesso la partecipazione entro il 2021.
Nella nota sull’ok che il cda ha dato al piano si legge inoltre che sono state elaborate nel piano “iniziative strategiche coerenti con un sostanziale mantenimento dell’attuale modello operativo e dell’infrastruttura tecnologica della Banca, al fine di non porre vincoli ad ipotesi aggregative“.
Equita SIM su piano MPS
“Il CdA di BMPS ha approvato il piano strategico 2021-2025. Come atteso, il piano prevede un fabbisogno tra i 2-2,5 miliardi di capitale in modo da riportare il CET1 ratio phased in sopra il 12% (10,7% Fully phased). Tale livello include sia gli oneri di ristrutturazione (riduzione FTE pari a 2670 persone) che le rettifiche legate all’emergenza pandemica, per un shortfall di capitale complessivo al 2022 stimato pari a 1,5 miliardi pre-aumento di capitale. La banca prevede il pareggio di bilancio a partire dal 2022 e il ritorno all’utile a partire dal 2023, dando ‘priorità ad iniziative industriali’ in grado di creare rapidamente valore con basso rischio di esecuzione”.
Equita SIM ricorda che “il piano dovrà essere approvato da DG comp, che ci attendiamo possa esprimersi nei primi mesi del 2021”.
Guardando in avanti, “sebbene non siano ancora definite le modalità di rafforzamento patrimoniale, riteniamo uno scenario più probabile una ricapitalizzazione da 2,5 miliardi. Considerando oneri di ristrutturazione di circa 1,5 miliardi e un P/TE post aumento di capitale in area 0,35x, questo implicherebbe un valore premoney della banca sostanzialmente nullo e un contestuale downside >30% sul prezzo post aumento di capitale. L’aumento sarebbe altamente diluitivo per gli azionisti ex MEF che ci attendiamo non sottoscrivano proquota il rafforzamento patrimoniale, aprendo la strada ad un delisting dell’istituto. Il rafforzamento patrimoniale e la possibilità di conversione delle DTA in crediti fiscali in caso di aggregazione (fino a 2,5 miliardi per Mps) rappresentano le condizioni chiave per facilitare una business combination, che sulla base di questo scenario potrebbe tuttavia realizzarsi soltanto a partire dalla seconda metà del prossimo anno: il CdA di Mps dovrà infatti predisporre nel dettaglio il capital plan da inviare alla BCE entro il 31 gennaio 2021. Resta comunque da chiarire la posizione di DG Comp sul rafforzamento patrimoniale, dato che quest’ultimo potrebbe limitare l’entità dell’intervento del MEF“.